Il disegno siciliano
Lorenzo Matteoli
31 Agosto 2012
Pubblicato su Legno Storto
Chiunque continentale parli o scriva di Sicilia e sicilitudine lo fa con grave rischio ed è bene scusarsi in anticipo per la forte probabilità di peccare di lesa sicilianità.
È interessante il serio bisticcio tra magistrati palermitani, Panorama e Presidente Napolitano: un incredibile triangolo che solo un giallista astuto e professionale avrebbe potuto inventare. Si danno varie ipotesi di interpretazione sullo schema: tutti e tre i vertici del triangolo mentono sapendo di mentire, tutti e tre dicono la verità, uno dei tre, a scelta, è bugiardo e gli altri due mentono. Ipotesi intermedie aumentano il numero delle combinazioni all’infinito: nel caso cioè che ognuno dica parziali verità o parziali bugie in varie percentuali.
Supponiamo che il Presidente dica la verità, che i palermitani dicano la verità, che Panorama si sia inventato tutto. A quale scopo? Una interpretazione contorta, ma plausibile: Panorama inventa tutto per costringere il Presidente a smentire pubblicando le telefonate e rivelando quindi cosa ha veramente detto ai suoi interlocutori. Il “ricatto” evocato da qualcuno. Ipotesi plausibile ma azzardata: il rischio che corre Panorama di venire brutalmente svergognato è forte e forse ingestibile anche dal giornalismo più brigantesco. Può quindi darsi che Panorama abbia qualche elemento di supporto sufficiente a sostenere la sparata, ma non sufficiente ad andare fino in fondo alla rivelazione. Il Presidente è nei guai perché non può far pubblicare le intercettazioni in quanto il contenuto è effettivamente imbarazzante se non pericoloso. Smentisce, ma in modo generico e si arrocca sulla difesa del principio che la sovranità del Quirinale non si tocca. Panorama guadagna qualche punto perché l’arroccamento sulla linea di principio non è una difesa molto forte nello scontro dialettico. La purezza del Quirinale viene appannata. Si consolida comunque il dubbio che le telefonate in qualche modo abbiano avuto un contenuto eccepibile sul piano della limpidezza e correttezza.
I magistrati palermitani, non possono pubblicare i testi delle intercettazioni e quindi non possono fare altro che smentire tutto, ma il modo con il quale smentiscono è significativo e devono stare attenti alle parole. Anche loro sono in qualche modo incastrati dal gioco di Panorama e hanno le mani legate. Infatti le loro affermazioni sono nel complesso poco convincenti, come ambiguo è stato tutto il loro comportamento fin dall’inizio della vicenda che proprio loro hanno innescato, certamente sapendo quale scatola di vermi stavano per scoperchiare. Le strategie dei siciliani non sono mai lineari e per noi continentali sono assolutamente imperscrutabili. Lo stesso si applica moltiplicato per 34.5 alle strategie dei magistrati siciliani: non resta che divertirsi ad arzigogolare quale contorto disegno avessero in mente all’inizio della vicenda e quali contorti disegni perseguano nel corso del suo svolgimento. Ammesso e non concesso che proprio dalla Trinacria Felix non sia arrivata la polpetta preconfezionata per Panorama. Ovviamente la storia non finisce qui: ci saranno strascichi e code a non finire, probabilmente altre rivelazioni preconfezionate, di matrice insulare o continentale, presidenziale o giornalistica. Divertimento assicurato per alcuni mesi e un po’ di sollievo dall’incubo quotidiano dello spread. Basta aspettare.
In margine al bisticcio si possono fare diversi commenti. Il Presidente della Repubblica ha tutto il diritto di esprimere, con gli interlocutori che ritiene, tutte le opinioni e tutti i giudizi che ritiene su qualunque argomento e su qualunque persona, e questo diritto deve essere protetto nei confronti di chiunque: stampa, magistratura, servizi segreti, CIA, Vaticano, mafia e giornali. Saprà lui con quali interlocutori potrà esercitare questo diritto e con quali no. In Italia tutti hanno espresso i più feroci commenti e giudizi su Berlusconi e nessuno, tranne l’interessato, si è mai permesso di obbiettare o di criticare: anzi era quasi doveroso farlo. Per quanto concerne Dipietro chiunque con un minimo di sensibilità culturale e politica ha espresso commenti e giudizi letali sul personaggio e non si vede perché questa facoltà debba essere vietata al Presidente della Repubblica nella intimità dei suoi colloqui privati. I magistrati palermitani quando hanno innescato il caso hanno commesso una grave offesa alla sovranità dell’Istituto della Presidenza della Repubblica e non è possibile pensare che non lo sapessero. Sarebbe far torto al dottor Ingroia pensare che potesse ignorare il problema: se si decise di procedere lo si decise con precisa consapevolezza e volontà. Quale fosse il contorto disegno siciliano non lo sapremo mai nel continente, ma una cosa si può escludere: che non ci fosse alcun disegno.