Commento a una dicharazione di voto per Bersani
Lorenzo Matteoli
3 Novembre 2012
Pubblicato su Legno Storto
Le primarie del PD rappresentano un problema serio per l’anima del Partito e per chi gli è stato affezionato per mezzo secolo attraverso tutte le tragedie e tutte le crisi. La candidatura di Matteo Renzi è lacerante per l’elettorato maturo e critico, non certo per “lo zoccolo duro” che, proprio perché tale, non ha dubbi.
Una mia amica da una vita (da quasi sessanta anni) voterà per Bersani e mi ha mandato una dichiarazione di voto appassionata, critica, che non sono autorizzato a pubblicare. Riporto solo la conclusione perchè credo rappresenti il sentimento di molti veri “compagni” e segue la mia risposta.
La sua conclusione:
….Anzi [Bersani] proprio perché è del ‘vecchio’ può essere l’uomo che ci aiuta a trasformarci, che può utilizzare l’esperienza del guazzabuglio per rinnovare, perché ha sensibilità al nuovo e perché, secondo me, il nuovo viene dall’interno, non dall’esterno: l’esterno è l’energia rinnovatrice ma il rinnovamento è dentro di noi. Certo, non basta che il ‘vecchio’ cambi pelle perché deve cambiare anche l’anima. Vedremo. Oggi, comunque, Bersani mi permette di votare e di non tradire.
La mia risposta:
Una dichiarazione di passione, che disconosce però alcuni elementi obbiettivi importanti. E’ molto difficile dopo 50 anni di conservazione dura e pura prima stalinista, poi togliattiana, poi berlingueriana, poi nattiana, poi occhettiana, poi dalemiana, poi veltroniana e adesso bersaniana, schiodare una dirigenza politica che si è incollata al potere occupandolo in lungo e in largo con ogni incredibile compromesso senza rompere qualche uovo. Senza rompere le uova non si fa la frittata diceva qualcuno. Questa classe politica PCI/DS/PdS/PD è riuscita a farsi estromettere dal governo per mezzo secolo perché non ha mai capito cosa voleva l’elettorato di sinistra italiano (non stalinista), perché ancorata all’analisi leninista ha disprezzato e stroncato il concetto stesso di socialdemocrazia. Non solo si è fatta tagliare fuori, ma ha impedito che altre forze di sinistra moderna e non vetero leninista potessero nascere. E ancora oggi viaggia verso una sinistra radicale alla Ingrao (il maestro di Nichi Vendola) che la condannerà, nel futuro a breve-medio termine, al 20%, massimo 25%, lasciando l’elettorato di centrosinistra socialdemocratico a disposizione delle frange grilline o del non voto (Dipietro non vedrà nemmeno un voto di questa area). Avrebbero potuto cambiare l’Italia e non l’hanno fatto e ancora oggi bloccano Renzi per la stessa sindrome perdente. La vittoria di Bersani sarà una vittoria di Pirro, al prossimo giro Renzi verrà fuori forte e chiaro. I paletti messi alle primarie sono un segno di paura e la paura è la marca della sconfitta. Voterà solo lo zoccolo duro, quello che perde da sempre, abbracciato all’utopia stalinista truccata con una gualdrappa finta moderna… e qualche appassionato compagno per affetto. Pier Luigi, il vecchio che resta, avrà il biglietto per far morire per sempre un partito logoro e stanco, impastato di compromessi e corruzione, del quale è stato ed è un perfetto interprete, anzi attore protagonista. Truccato da pragmatico emiliano, pacioso e pieno di artefatta bonommerie.
Saremo romantici noi che preferiamo Matteo Renzi, ma anche chi sogna Bersani non è tanto lontano dal romanticismo. Un sogno romantico diverso.
La sottile, subliminale accusa a Renzi di essere “analogo a Berlusconi”, non basta a giustificare la conservazione romantica.
E’ vero: quelli che speravano nel cambiamento nel 1994 hanno votato Berlusconi e sono stati imbrogliati, ma è cosa diversissima dall’essere “berlusconiani”. Una differenza macroscopica che stranamente sfugge all’analisi leninista pura.
Sperare nel cambiamento è legittimo e rischioso, scegliere la conservazione per evitare il rischio è la ricetta sicuramente perdente da sempre. Meglio sbagliare per cercare di cambiare, che rinunciare a provarci.
Con politico affetto.
LM
PS alla fine dei conti il disastro di Berlusconi è compensato dal “cambiamento” che ha provocato e del quale si vedono oggi il risultati sconvolgenti, a partire dal suo stesso disfacimento. Anche il PD deve fare i conti con un cambiamento al quale è stato costretto proprio dalla tragedia berlusconiana. E non riesce a farli, se Bersani proclama il risultato siculo una vittoria storica: ha dimezzato i voti che aveva preso nelle precedenti elezioni, nonostante l’appoggio di Vendola. O grazie a quello. Non male come vittoria. Un segnale forte che però non trova attenta lettura.
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