La paura fa novanta
Lorenzo Matteoli
4 Marzo 2013
Quindi la mia ipotesi che molti voti grillini siano di ex berlusconiani delusi deve essere ridimensionata: si tratterebbe di molti voti PD che sono andati nel non voto e di non voti che sono andati a Grillo, con o senza travaso diretto. Resta comunque una buona percentuale di elettori che hanno fatto lo stesso percorso partendo dal PdL, oppure che sono passati direttamente a Grillo lasciando il PdL.
A sette giorni dal voto del 24 febbraio le diverse ipotesi “su cosa si fa adesso” si stanno dipanando. Grillo insiste sulla sua posizione di indisponibilità a governi con chicchessia, Monti è invece disponibile a governi con chicchessia (ma con il PdL purché non ci sia Berlusconi), Berlusconi continua a dire che è disponibile per un governo che si impegni sulle “cose da fare”, quindi non pone molte condizioni dall’ipotesi PD+PdL. Bersani continua a corteggiare Grillo in cambio di insulti e non si capisce bene se stia manovrando o meno per scilipotizzare, cioè per scoutare, alcuni grillini allo scopo di smarginare la maggioranza al Senato. Altrimenti…”tutti a casa” e nuove elezioni. Ma il 40% della sua base sarebbe disponibile a un governo di programma con il PdL. Secondo Mannheimer.
L’ipotesi dl un governo Bersani con transfughi grillini scilipotizzati è senza dignità politica e forse vergognosa anche sotto altri punti di vista. E molto rischiosa. Il problema dei grillini scilipotizzati è che potrebbero con altrettanta facilità descilipotizzarsi: chi tradisce una volta in genere tradisce ancora. Ma sulla breve distanza sarebbe la definitiva condanna di Bersani come segretario del PD. Senza possibile riscatto.
Le proposte che vengono ventilate (Salvati sul Corriere) sono quelle di un governo a termine che cambi la legge elettorale, elimini il senato, dimezzi i parlamentari, riduca i loro stipendi e indica nuove elezioni. Quanto tempo? Probabilmente un anno, difficilmente di meno. Come reggerebbe l’economia del Paese in un altro anno di governo tecnico, senza le fondamentali riforme indispensabili al rilancio dell’economia e alla eliminazione degli sprechi della pubblica amministrazione? De Bortoli sempre sul Corriere, invita alla responsabilità, condanna senza mezzi termini l’ipotesi di PD+Grillo “…questo soccorso ai vincitori, che non esclude grandi imprenditori e raffinati intellettuali, e il tentativo disperato del Pd di rivalutarli, all’improvviso, come costole della sinistra, ha qualcosa di patetico, di surreale.” e propone senza mezzi termini l’asse di programma PD+Pdl: “Un sistema politico normale, con partiti responsabili e istituzioni forti, ragiona sui fatti e sui numeri, non insegue goffamente i voti perduti, non corteggia l’avversario denigrato fino a poche ore prima. Fa i conti con la realtà. Amara, amarissima.” La chiarezza di un giornale in genere alieno da posizioni marcate fa riflettere sugli umori dei “poteri forti”.
L’altra domanda è come voterebbero gli italiani nella nuova tornata elettorale? Dipende da cosa fa nell’anno tecnico la falange grillina, da cosa fa il governo tecnico, da chi si presenta come nuovo candidato del PD, e da qualche altra decina di cose probabili sullo scenario politico e macroeconomico italiano, europeo, mondiale.
Se la falange grillina dovesse continuare l’atteggiamento del “vaffa” è probabile che perderebbe molte adesioni di frustrati, indignati ma non irresponsabili. E sarebbero tanti. Se al posto di Bersani il PD presentasse l’effettivo vincitore delle primarie Matteo Renzi, abbandonando la scomoda e costosa spalla vendoliana, il nuovo PD potrebbe facilmente scattare oltre il 40% dei voti e porsi come solida maggioranza con l’assist dei superstiti montiani.
Questo è il motivo per cui una grossa parte della vecchia guardia del PD e della nuova guardia di massimalisti giovanili non vuole Matteo Renzi, da una parte, e dall’altra teme la definitiva sconfitta del partito che verrebbe letto come perso nella sua incapacità di rinnovarsi, qualora non riuscisse a presentare un leader credibile e si affidasse di nuovo all’usato perdente.
Il centro-destra in una nuova giostra elettorale non ha molte speranze di crescere: il successo di Berlusconi difficilmente potrebbe andare oltre la percentuale del 30%. Mancano i presupposti per una nuova ondata di voti recuperabili dal PdL e il bacino degli astenuti, bianche o non voto, sarebbe in grande parte catturato dall’ipotesi PD+Matteo Renzi. Molti di coloro che hanno votato PdL, se ci fosse una ipotesi Renzi si sposterebbero volentieri.
Se dovessi scommettere su una probabilità scommetterei sul governo temporaneo tecnico e, come opzione ottimistica, su una ipotesi di nuove elezioni con Renzi come candidato del PD.
Due condizioni dominerebbero il risultato di una nuova tornata elettorale: ci sono oggi in Italia sedici milioni di elettori che hanno imparato a “cambiare” voto. Una massa fluttuante che non è mai stata presente prima nei giochi elettorali italiani. L’altra condizione è quella descritta dall’antico adagio: la paura fa novanta, e, ad una riflessione meno estemporanea dell’incazzatura congiunturale, l’ipotesi di un governo dominato dal velleitarismo di Grillo fa veramente paura. Il quale Grillo, comunque, ha il merito, con la sua sola presenza, di avere creato le condizioni di un possibile radicale cambiamento dell’intero quadro politico italiano: che sia per il meglio è ancora da vedere.