Yes we can!

Yes we can!

Lorenzo Matteoli

26 Settembre, 2013

Dunque sono stato benevolmente sgridato per il mio pezzo sulla rimozione del futuro di lungo termine: basta con gli insulti, basta con la denuncia fine a se stessa, non bisogna sparare nel mucchio. Basta con la logica dell’urlo di protesta qualunquista. Roba da grillini o peggio. Nemmeno al Bar Sport…Bisogna fare critiche costruttive. Bisogna spiegare “come si fa”. Facile dire non hanno fatto nulla, tu cosa faresti …etc.  Bisogna “far capire” alla gente.

Pensavo che il diritto alla critica non costruttiva e senza proposta fosse un diritto acquisito dalla Grande Rivoluzione del 1968: allora si diceva che gli studenti sapevano “cosa non funzionava” e che era responsabilità del governo o delle facoltà trovare i rimedi e fare i necessari cambiamenti.

Fra le tante vaghezze del ’68 questa mi sembrava ancora una cosa ragionevole, condivisibile: gli studenti sanno cosa non funziona perché “la vivono” ma non sono tenuti a sapere cosa fare per risolvere il problema. È  compito di chi ha responsabilità, competenza e potere quello di fare le opportune riforme.

Pensavo che la nozione fosse acquisita, ma evidentemente mi sbagliavo.

Vediamo quindi cosa si può fare per essere costruttivi, senza dire sciocchezze e mantenendosi nel campo delle cose che si sanno per evitare la punizione di Wittgenstein: ciò di cui non si sa è bene non parlare.

Sulla stampa non di regime e non di servizio si trovano competenti indicazioni di ciò che si potrebbe/dovrebbe fare: Davide Giacalone e Jim Momo non hanno fatto mancare ai lettori di L.S.  ampia e analitica documentazione sulle possibili misure di riduzione della spesa pubblica, misure strutturali, misure contingenti, avvertimenti per evitare errori già commessi in precedenti occasioni. Il prof. Giarda aveva fatto un piano analitico dettagliato mi pare proprio su incarico dell’attuale governo: venne sovranamente ignorato perché ovviamente richiedeva coraggio politico per l’esecuzione. E basterebbe rinviare ai loro articoli chi è interessato a “capire meglio”  e al “come si fa”. Cito solo per semplicità un paragrafo da Jim Momo:

“Un intervento sulle pensioni d’oro può valere da un miliardo, nell’ipotesi più minimale, fino a una dozzina, nell’ipotesi più ambiziosa e radicale (e si può fare in modo da non incorrere nella bocciatura della Consulta). Poi ci sono gli stipendi d’oro dei manager pubblici, i sussidi troppo generosi alle rinnovabili, le province e il finanziamento pubblico ai partiti che sono duri a morire. Quindi le riforme di sistema, come la spending review “zero-based”, l’adozione dei costi standard, la revisione del Titolo V, il disboscamento della selva di contributi alle imprese e di agevolazioni fiscali. Su tutto questo il governo finora non ha ancora mosso un passo.

Le numerose strategie e misure indicate sia da Giacalone , da Punzi (Jim Momo) e da molti altri molto più competenti di me, documentano con chiarezza ineludibile che la volontà politica è quella di difendere la spesa pubblica (a tutti i costi e oltre) e di operare con cinismo e ferocia solo sulla leva fiscale. Quindi si conferma la logica della mia domanda: Ci si chiede una ragione di questo comportamento irresponsabile. E la logica dell’altra mia domanda: Perchè [i nostri governanti] dovrebbero farsi carico di misure drastiche e impopolari se le possono rinviare a future generazioni di italiani? E della risposta: Restare al potere è l’imperativo fondamentale e il galleggiamento congiunturale infinito è la strategia risolvente.

Ma voglio provare anch’io a dare dei numeri per “far capire”. Lo Stato Italiano spende ogni anno (dati del 2009)  28.673.622.000 (28,67 miliardi) di Euro per pagare le pensioni al di sopra di 3000 Euro al mese a 543 mila pensionati che prendono una media annuale di 52.726,41 Euro. (dai 3.000 al 90.000 Euro mensili del pensionato d’oro). Fonte ISTAT.

Un taglio medio del 10% scalato dal 2% per le pensioni più basse al 25% per le pensioni più alte consentirebbe di mettere via 2.8 miliardi di Euro all’anno. Senza una grande sofferenza per la generazione che ha goduto dei privilegi degli anni “grassi”.  Tagli analoghi sugli stipendi dei “grand commis” dello Stato e del Parastato potrebbero rendere altrettanto e forse più. Ecco compensato l’aumento dell’IVA e la cassazione dell’IMU.

Non sono categorie sociali che mancano della capacità di comprendere che in questo momento il loro privilegio è insostenibile economicamente, eticamente, politicamente e quindi non ci sarebbe un enorme rischio sociale. Ma anche questo poco coraggio sembra mancare al governo di larghe intese. Forse troppo larghe.

Come sempre sui numeri ci si può accapigliare a non finire, ma è l’ordine di grandezza che conta per fare valutazioni politiche. Come giustamente scrive Jim Momo:

“I soldi, dunque, ci sono eccome, bisogna concludere che non tagliare, non evitare l’aumento dell’Iva, è una scelta politica, non un dato ineluttabile con cui fare i conti. Meglio aumentare l’Iva che ridurre la spesa pubblica? Lo si dica apertamente, mettendoci la faccia davanti all’opinione pubblica, ma basta con il giochetto dei soldi che non ci sono e con la retorica della “responsabilità”, della “stabilità” e dei vincoli europei.”

L’intervento sulle pensioni sarebbe ovviamente l’ultimo nella classifica delle priorità: il taglio dei numerosi sprechi strutturali  e il ragionevole risparmio sulle spese necessarie verrebbero prima.

Quello che va fatto è un lavoro intenso di informazione laica e indipendente per creare l’opinione pubblica che costringa i governi, questo e quelli a venire, e gli dia il  “coraggio” di fare quel che si deve fare. Quindi ben venga anche la critica non costruttiva, come ha insegnato l’insospettabile ’68.

Gli Italiani hanno subito aumenti del loro carico fiscale e riduzioni delle loro entrate per percentuali che vanno dal 20 al 30% e non è semplicemente credibile che lo Stato non riesca a intervenire sul 10-15% di un bilancio annuale di 800 miliardi di Euro nel quale sono macroscopicamente lampanti sprechi strutturali e per granitiche incrostazioni di privilegiate clientele dello stesso ordine di grandezza se non superiore.

Bisogna poi dare indicazioni su come far ri-partire il ciclo economico e su questo versante della strategia non si insisterà mai abbastanza sulla incentivazione, al limite dell’obbligatorietà, della manutenzione degli edifici e degli interventi per la transizione del parco costruito alla sostenibilità energetica/ambientale.  Detassando, finanziando, semplificando le procedure burocratiche in modo che la gente veda la estrema convenienza di fare e anticipare gli interventi di modernizzazione, risanamento, aggiornamento, trasformazione energetica degli edifici che sarebbero comunque da fare nel giro dei prossimi 5-6 anni. La manutenzione edilizia è un enorme mercato diffuso, polverizzato con interventi che vanno dalle poche centinaia di Euro alle molte migliaia di Euro: se ripartisse assorbendo un  po’ dei risparmi, attualmente fermi nelle banche, che sono aumentati negli ultimi 3 anni nella fascia bassa dei risparmiatori nonostante la crisi, avrebbe un effetto trainante su tutta l’economia in tempi brevi se non immediatamente. Con il beneficio collaterale di una riduzione dei consumi di energia e di una diminuzione del carico ambientale per anni a venire.

Informazioni su matteolilorenzo

Architetto, Professore in Pensione (Politecnico di Torino, Tecnologia dell'Architettura), esperto in climatologia urbana ed edilizia, energia/ambiente/economia. Vivo in Australia dal 1993
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Una risposta a Yes we can!

  1. Ferny ha detto:

    Grandeeeeeee……;-)

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