Vasco Rossi i quarantenni e la speranza di una svolta

 

Lorenzo Matteoli

Gennaio 4, 2014

Dunque ci sarà o c’è già il salto generazionale: arrivano i quarantenni dopo mezzo secolo di gerontocrazia fallimentare, gesso ideologico, demagogia, corruzione, storici errori di strategia finanziaria, clientele, consociazione DC/PCI, inquinamenti mafiosi, prepotere cattolico, etc.

Ben vengano i quarantenni quindi: gente nata tra il 1970 e il 1980, senza memoria storica di guerre, Shoah, stragi, terrorismo, ’68, ammazzamenti e pestaggi, gulag, Siberia, etc. …

Già, ma chi sono esattamente i quarantenni oltre a dare un voto a destra o a sinistra senza il bagaglio della storia dell’una né dell’altra parte, ma solo giudicando sull’Hic et Nunc. Cioè sui talk show di Santoro, Follis, Gabbanelli, Gad Lerner, et al. E sui messaggini Twitter e Face Book.

La prima considerazione da fare è che la nuova generazione non  deve assolutamente essere sottovalutata: la mancanza di memoria storica può essere, e forse è, una condizione di libertà e di pulizia ideologica. Una condizione che potrebbe consentire visione non pregiudicata delle cose.

La “scarsa” esperienza è una qualifica improponibile: un quarantenne 2014 rispetto a un quarantenne 1950 è sicuramente molto più informato, l’esperienza dei quarantenni 1950 si era fatta in un contesto ristretto, provinciale, parrocchiale mentre l’esperienza degli attuali quarantenni si è fatta in un modo “globale” molto al di fuori dei confini della città e della provincia.

I quarantenni laureati del 2013 si sono laureati 15-18 anni fa in una università ancora disastrata, ma comunque meno disastrata dell’Università degli anni 70-80. Molti hanno poi titoli di specializzazione presi all’estero e la conoscenza delle lingue dei quarantenni italiani oggi, ancorché scarsa se confrontata con quella  dei loro coetanei di altri paesi europei, è certamente superiore a quella dei 50enni per non parlare dei “vecchi” 60-70enni (avete mai sentito parlare inglese Berlusconi, Bersani o Dalema? Lo stesso Monti che vanta un “perfetto” inglese ha un marcato accento italiota e commette spesso errori marchiani).

A parte queste caratteristiche generiche quali sono le caratteristiche “culturali”  antropologiche dei quarantenni in arrivo? I valori? l’atteggiamento esistenziale? Il rigore o la disponibilità etica?

Nel fiume di documenti che attraversa il web non si trovano molte indicazioni e anche un testo nel quale si pensa dovrebbero trovarsi risposte (Andrea Scanzi, “Non è tempo per noi: una generazione in panchina”) il profilo della generazione è fatto più di qualifiche negative che positive: cosa “”non sono” i quarantenni piuttosto che “cosa sono”.

Non ho trovato una seria indagine, basata su un campione statistico significativo, finalizzata alla definizione di un profilo culturale complesso della generazione e mi meraviglio che un istituto attento come il CENSIS non l’abbia svolta. Lo stesso Giuseppe De Rita, presidente del Censis, interrogato dice …”vediamoli all’opera e poi decideremo se rappresentano davvero la svolta …”  una chiara ammissione di non conoscerli “statisticamente” come categoria sociale.

Nati nel decennio del terrorismo, cresciuti nell’Italia da bere degli anni 80 e subito entrati nella crisi dei primi anni 2000. Hanno avuto nelle medie e nei licei il beneficio di maestri non inquinati dal ’68, che però hanno conosciuto e, purtroppo, subìto negli anni ‘90 all’Università, e probabilmente poco apprezzato.

Non abbiamo molti strumenti per capire la generazione dei quarantenni, per valutarne i motivi e gli atteggiamenti esistenziali e forse uno degli episodi recenti più significativi è proprio il sovvertimento che i quarantenni hanno provocato nel Partito Democratico. La crisi che hanno imposto ai “vecchi” Bersani, Bindi, Dalema è infatti una crisi innescata dallo scontro generazionale e da radicali differenze culturali che la dirigenza vecchia ha mancato di leggere, chiusa nel vecchio canone e nelle vecchie grammatiche poco diverse, nella sostanza se non nella forma, dai paradigmi di Togliatti, Secchia, Longo. Paradigmi che la furbizia di Dalema e la finta bonomia di Bersani nascondevano bene, ma non superavano. Ne proponevano solo una confezione diversa.  I quarantenni che hanno sovvertito il PD non sono però un “campione” statisticamente significativo proprio perché sono impegnati politicamente.

Altre manifestazioni significative del profilo culturale della generazione, neutre rispetto al dato politico, potrebbero essere cercate in certi “consumi”: letture, musica, sport.

Scetticismi, passione, sentimenti, ironia, cinismo, indignazione diversi sono quelli di chi predilige De Gregori, Vasco Rossi, Jovanotti, Lorenzo, i Cold Play, o i Modena City Ramblers, come ai miei tempi erano diversi i profili culturali di chi preferiva i Beatles agli Iron Butterfly (in-a-gadda-da-vida) e ai Rolling Stones, oppure Fabrizio De Andrè rispetto a Lucio Battisti, Mina, Ornella Vanoni.

Qualche generica conclusione si può trarre, considerando gli anni di formazione che i quarantenni hanno vissuto e che non possono non averli intrisi di un forte scetticismo e di un solido disgusto nei confronti della classe dirigente uscente e fallimentare. La nostra generazione.

Se questi due sentimenti non indurranno rifiuto e qualunquismo sono due buone premesse per sperare in una svolta.

In attesa di uno studio comprensivo e sistematico non resta che associarsi a Giuseppe De Rita…li vedremo all’opera.

Informazioni su matteolilorenzo

Architetto, Professore in Pensione (Politecnico di Torino, Tecnologia dell'Architettura), esperto in climatologia urbana ed edilizia, energia/ambiente/economia. Vivo in Australia dal 1993
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