…nel seguito del dibattito su Legno Storto…
Bisognerebbe mettersi d’accordo sul concetto di mercato libero. Oggi il mercato non è libero, non è vero che sia regolato dalla libera concorrenza e dalla competizione di qualità e di prezzo. Quando ci si innervosisce o si “prende la pistola” solo al sentir parlare di dazi e balzelli credo che non ci si renda conto della effettiva realtà. I mercati Europei sono una giungla di “quote”, calmieramenti, incentivi, disincentivi di ogni sorta e genere. Ogni tanto si legge sulla stampa di tonnellate di burro distrutte per rispettare qualche “quota” fissata a Bruxelles, oppure di centinaia di capi di bestiame macellati per rispettare qualche altro vincolo o contingentamento. L’energia è soggetta a tasse, incentivi, premi, accise, contingentamenti e quote. Arance, mele, limoni, latte e carne subiscono periodicamente la stessa sorte e nessuno ne parla. Per non parlare del mercato del denaro e di quello del lavoro che sono a loro volta deformati da vincoli, limiti, tasse, cunei fiscali e quanto altro. In un mio precedente articolo ho descritto la catastrofe italiana del fotovoltaico e dell’eolico e mi pare che anche in quel settore tutto ci sia meno che un mercato libero. Chissà come mai in questa giungla di norme, vincoli, restrizioni contingentamenti e divieti l’unica cosa che non si deve toccare sono le importazioni di manufatti dalla Cina e dagli altri paradisi salariali. L’unica cosa che provoca l’orticaria ai sostenitori della libertà degli scambi…che comunque liberi non sono.
I bassi salari cinesi e asiatici o est-europei e l’evasione dei costi ambientali potrebbe anche essere vista come “dumping” e quindi pratica per nulla rispettosa dei criteri di un vero regime di scambi liberi.
Comunque, supponiamo che sia corretto nel rigoroso rispetto dell’ideologia liberista, non imporre vincoli o dazi sull’importazione di manufatti dai paradisi salariali o da altre aree in qualche modo protette da sussidi indiretti (in genere costi ambientali non pagati), la mia domanda è cosa si fa? Si lascia che la delocalizzazione selvaggia e l’importazione scontrollata di manufatti cinesi distrugga completamente la struttura e la infrastruttura del manifatturiero nazionale italiano? Perdita di tecnologie, di innovazione, di ammortamenti, di competenze, di professionalità e di formazione per un tempo futuro indefinito?
La protezione fiscale è inaccettabile? Ok, si inventi qualche altra strategia, tattica, progetto, ma si faccia qualcosa. Invece a Bruxelles discutono sulla curvatura delle banane, sul colore delle carote, sul diametro dei piselli e sulla masturbazione infantile e quando l’Italia richiama l’attenzione su emergenze catastrofiche che richiedono una maggiore flessibilità sull’uso dei nostri fondi Europei, i grandi pensatori della masturbazione infantile …sorridono.
Hai ragione a dire che il mercato non è libero. Quei dazi, norme, ec. servono per tentare di continuare a proteggere un tenore di vita e salariale mediamente più alto, e insostenibile, rispetto a fuori dell’Occidente. Che riescano ancora a farcela, forse è dubbio.
Ad esempio quel sistema di dazi, norme, ec. serve a tentare di tenere fuorigioco cinesi e indiani dall’industria automobilistica e dalla sua fliera. Non si sa ancora per quanto.
Tutta la filiera elettronica è già persa a favore dell’Asia. Per esempio, se dovessimo far qui i telefonini e quanto serve per farli, costerebbero 7-8mila EURO invece che 200. Idem per computer, televisori, ec. Cioè non ci sarebbero.
Noi non pensiamo mai che BENEFICIAMO di lavoro altrui a basso costo, quando compriamo prodotti a basso costo. E soprattutto non ci chiediamo mai per quale motivo noi dovremmo beneficiare di quel lavoro altrui malpagato rispetto ai nostri standard.
Per come la vedo io, noi siamo colossalmente falliti e viviamo solo più di rendita. Finché potremo. Poi ci toccherà il riallineamento. 🙂
sempre brillante CaudaWitt!!!