Caminante no hay camino, se hace camino al andar …

Caminante no hay camino, se hace camino al andar

Lorenzo Matteoli

10 Aprile 2014

 

 

Aldo Giannuli a Ballarò parlando delle riforme che Renzi sta promuovendo ha detto “Renzi non sa bene dove andare ma ci va di corsa…”.

Una sintesi interessante che sollecita qualche riflessione. È vero che la riforma del senato e quella della legge elettorale sono oggetti oscuri, pieni di contraddizioni e dalle conseguenze difficilmente valutabili e probabilmente nemmeno coerenti con le intenzioni che sono state dichiarate come loro motivazione ed è vero che Matteo Renzi ne sta forzando il percorso legislativo con un impegno fuori dall’ordinario. Lo stesso vale per la cosiddetta abolizione delle Provincie. Giannuli, come ha già fatto Travaglio, accompagna la sua battuta con una analisi critica dei provvedimenti che, ancorchè di parte, non lascia molti dubbi anche all’attenzione più benevola nei confronti del Presidente del Consiglio dei Ministri.

Ci si chiede quindi quale sia, se ci sia, una ragione del comportamento di Renzi,

non volendo accettare come solo motivo il desiderio di differenziarsi da 50 anni di governi e partiti che facendo finta di saper dove andare commettevano irreparabili errori e stavano fermi.

Né si può ammettere che Matteo Renzi sia sciocco e non si renda conto, o non venga informato, delle macroscopiche falle dei diversi provvedimenti, perché in tutto il suo comportamento prima della nomina al vertice del governo si è vista una informazione e una abilità non solo dialettica di marca nuova nel panorama della politica e dei politici italiani. Le sue giustificazioni sono genericamente che vuole cambiare senza dover percorrere l’iter necessario alle modifiche della Costituzione che riforme più coerenti ed efficaci comporterebbero, come l’eliminazione tout court del Senato e delle Provincie.

Se questa è la giustificazione ci si chiede se valga la pena impegnare il governo in una maratona massacrante per fare approvare da un Parlamento bolso e non rappresentativo riforme tarocche. Una buona domanda. Che certamente si sono posti anche Renzi e il suo gruppo di ministri e consulenti.

Resta quindi da capire il motivo di una strategia sostanzialmente inutile e al limite molto pericolosa: un nuovo Senato luogo di improbabili giochi burocratici e comunque costoso, Provincie svuotate di competenze ma sempre affollate di burocrazia ancora più inutile, una legge elettorale che non esclude il pericolo di nuovi stalli e di governi sterilizzati dall’impotenza di maggioranze diagonali.

Capire diventa difficile, ma l’unica interpretazione che sembra plausibile è che Matteo Renzi ritenga questo suo governo un esercizio del tutto transitorio e al limite della finzione le cui funzioni non sono tanto le vere riforme e la vera proposta legislativa che per l’intrigo delle diverse maggioranze contraddittorie all’interno del Parlamento e nei partiti sarebbero sicuramente boicottate dall’uso strumentale delle attuali procedure di approvazione.

Gli obbiettivi e lo scopo del governo transitorio devono dunque essere diversi. Si possono azzardare ipotesi: logorare la maggioranza antagonista all’interno del PD, logorare la Presidenza della Repubblica interpretata in modo pericolosamente autocratico da Napolitano, far saltare i moduli procedurali che ingessano la capacità operativa del Governo, destabilizzare la quinta colonna della stampa di regime sovvertendo gli schemi classici della recita teatrale che ha regolato la politica italiana di mezzo secolo, far capire alla gente che ci sono comportamenti diversi della classe politica, istruire una immagine del governo radicalmente diversa da quella consolidata nell’opinione pubblica, ricostruire la libertà di “dir male di Garibaldi” e mettere in mostra l’Imperatore in Mutande…

I dettagli tecnici e il contenuto effettivo dei provvedimenti proposti sarebbero quindi, irrilevanti in questa ottica strategica.

Questi sono alcuni degli elementi ipotetici che possono far comprendere un comportamento che altrimenti resta definibile solo dalla battuta di Giannuli, ma ci sono certamente molte altre ragioni (cfr Luca Ricolfi) e azioni che si rendono necessarie per una strategia di cambiamento su una incrostazione di potere clientelare, burocratico, autoreferenziale, settario e di varie caste giornalistiche, giudiziarie, imprenditoriali, sindacali e parastatali che si è solidificata in 60 anni di inerzia e colpevole ottusità politica.

Per concludere una citazione di Antonio Machado[1]:

 

“caminante, no hay camino,
se hace camino al andar.


Al andar se hace camino…”

 

che forse risponde alla battuta di Giannuli: è proprio il “correre” che in questo momento meglio esprime il “saper dove andare”.

Errori sono ovviamente possibili e delusioni probabili: ci aspettano “tempi interessanti” con il passaggio della fase transitoria e gli eventi che seguiranno.

 

 

[1]Antonio Cipriano José María y Francisco de Santa Ana Machado y Ruiz (26 July 187522 February 1939)

Informazioni su matteolilorenzo

Architetto, Professore in Pensione (Politecnico di Torino, Tecnologia dell'Architettura), esperto in climatologia urbana ed edilizia, energia/ambiente/economia. Vivo in Australia dal 1993
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Una risposta a Caminante no hay camino, se hace camino al andar …

  1. Angela Lm Alessi ha detto:

    Lorenzo, questo e’ ancora il tuo email? Angela N a m a s t e’ Angela Lm Alessi Mob +91 819 706 05 19 Skyp FB angelalmalessi aa@angelalmalessi.com

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