Ulisse accarezza il vecchio formidabile arco
Lorenzo Matteoli
7 luglio 2014
È passato il tempo dell’attesa e gli entusiasmi iniziali stanno rapidamente lasciando lo spazio a interrogativi sempre più cupi. Matteo Renzi ha quasi completamente consumato la dose di credibiità che si era conquistato con la campagna elettorale e la vittoria alle Europee. Promettere, annunciare, anticipare sono cambiali che arrivano presto alla scadenza e quando vanno all’incasso e non c’è copertura l’entusiasmo per la novità diventa avversione e la credibilità scetticismo.
Questa è la effettiva situazione del nostro Presidente del Consiglio, indipendentemente dal peana mediatico che ancora lo accompagna gli osservatori politici più attenti se ne sono resi conto e probabilmente nelle oscure cucine delle varie segreterie, ufficiali e ufficiose, si stanno già bollendo altre minestre. Grillo cambia linguaggio e si mette la cravatta, la fronda del PD si riorganizza, Pippo Civati sta seduto sul famoso argine e nella destra spappolata dalla rottamazione di Berlusconi, avvenuta per effetto di rottamatori a loro volta già abbondantemente rottamati (Toti, Schifani, Quagliarello, Cicchitto, Santanchè, Alfano, Sallusti et al.) è iniziata la pulizia dei corridoi e ci si chiede cosa succederà dopo il deserto. Certo il “vuoto” attuale può essere visto come fallimento, ma anche come un grande e forse pericoloso potenziale. La Meloni aspetta fiduciosa. È tale la promessa che lo stesso Gianfranco Fini trova il coraggio di ripresentarsi quando anche la sua candidatura alla presidenza di una bocciofila sarebbe patetica.
Matteo Renzi impegnato nella frenesia pirotecnica non si accorge che la sua compagine si sta sfrangiando: il messaggio del Governo è un coro di voci diverse con qualche strillo e qualche pudico silenzio, ma lui non sembra accorgersene, avvolto nella hubrys di un’avventura che sta diventando sempre più arcana.
Fatto salvo un acrobatico riscatto, un triplo carpiato senza rete, è iniziato il secondo tempo dell’apoteosi di Matteo e per l’Italia un altro incubo.
Da qualche parte Ulisse accarezza il veccchio formidabile arco, saggia il nervo di bue e soppesa le freccie ben calibrate. I Proci osceni sghignazzano e si ubriacano.
Vorrei proprio avere torto.
Ottimo, grazie, Lorenzo. Errore di stampa: hybris, non hubrys. Un caro saluto Adriano