Ancora una volta sull’idrogeno

Nel 2008 ero andato a un seminario FAST per la spartingaglia su 470 milioni di Euro della Commissione Europea per ricerche sulle celle a combustibile. Avevo ascoltato, mi ero documentato e avevo scritto un pezzo che pubblicai sul mio sito WEB. Il titolo era “Rinunciare a un sogno impossibile è difficile ma necessario…”. Nel 2012 avevo ribadito il concetto dopo che Marchionne FIAT aveva dichiarato di abbandonare la ricerca sull’auto a idrogeno perché priva di senso.
Il 14 luglio 2014 la FAST terrà un altro seminario questa volta per gestire la spartingaglia di 665 milioni di Euro della Unione Europea sempre per la ricerca sulle celle a combustibile.
Una ricerca sicuramente condannata a non avere alcun risultato applicabile come gli ultimi milioni di Euro investiti dalla EU dimostrano e come hanno dimostrato le centinaia di milioni di Euro o Dollari investiti negli ultimi cento anni su questo tema.
Evidentemente a Bruxelles non hanno competenze in grado di valutare questi investimenti o, forse più correttamente, non le vogliono nemmeno ascoltare. La potenza delle lobby di approfittatori è troppo forte e opporsi potrebbe essere anche pericoloso.
Mi sono iscritto al seminario Fast del 14 luglio e andrò a porre precise domande, a scopo preparatorio ripubblico sul mio blog l’articolo del 2008 oggi ancora e più che mai attuale. Come mai si sprecano soldi in ricerche inutili e assurde, come mai nessuno a Bruxelles si rende conto della cosa. L’erogazione di questi fondi è un ovvio evidente spreco di denaro e forse siamo ai limiti della legalità perché quelli della correttezza e decenza scientifica sono stati già ampiamente superati.
Ecco il mio esercizio del 2008 con la premessa aggiunta nel 2012 dopo la dichiarazione di Marchionne che non intendeva più partecipare al saccheggio:

È difficile rinunciare a un sogno impossibile 
e può costare caro, 
ma è necessario e non se ne può fare a meno:
il caso delle auto a celle a combustibile.
Lorenzo Matteoli 
Milano 24 Giugno 2008

Post scriptum 30 Settembre 2012
Marchionne rispondendo alle critiche di chi gli diceva che la FIAT dopo aver preso i soldi per le ricerche sull’auto a idrogeno non ne ha fatto nulla, ha dichiarato che l’auto a idrogeno non ha senso e quindi la ricerca è stata abbandonata. Non si sa bene se i soldi della Comunità siano stati spesi per arrivare a questa banale conclusione, peraltro ampiamente anticipata in letteratura e nell’articolo che ho scritto nel giugno del 2008.
Centinaia di milioni di Euro per arrivare a una conclusione che era ovvia ed evidente da anni.

Rinunciare a un sogno impossibile è difficile,e, ma quando è necessario…

Di nuovo nel 2014: stesso problema, stessi silenzi, stesse complicità.

Centosettanta anni fa un signore, per un seguito accidentale di circostanze, scoprì un dispositivo elettrochimico che, se ci mettevi dentro dell’idrogeno, produceva energia elettrica. Era il 1839 e il signore era un Giudice/inventore del Galles, Sir William Grove, che, mescolando idrogeno e ossigeno in presenza di un elettrolito notò che si produceva energia elettrica e acqua. L’invenzione, che venne in seguito chiamata “fuel cell” (in italiano cella a combustibile), non produceva energia elettrica in quantità utile. Una caratteristica destinata a durare nel tempo.
Il termine “fuel cell” venne coniato cinquanta anni dopo da Ludwig Mond e Charles Langer, nel 1889.
Nel 1932 Francis T. Bacon perfezionò (in più di 25 anni) il dispositivo tecnico utilizzando un catalizzatore al nickel e, come elettrolita, una soluzione alcalina meno corrosiva dell’acido solforico. Il sistema si chiamò Bacon Cell. La Bacon Cell venne messa a punto nel 1959 e, nello stesso anno, Harry Karl Ihrig un ingegnere della Allis-Chalmers costruì il primo veicolo alimentato da una cella a combustibile: un trattore da 20 cavalli.
Nel 1960 la General Electric mise a punto la cella a combustibile che è stata poi adottata dalla NASA per dare energia alle stazioni spaziali e agli shuttles. Le stesse celle forniscono acqua per gli astronauti ed elettricità per i sistemi di bordo. Una classica applicazione di nicchia.
È facile capire come a questo punto sia nato il sogno di far viaggiare le auto con “acqua” e senza inquinamento ambientale: di idrogeno ce n’è per interi oceani (basta tirarlo fuori dall’H2O) e le emissioni delle celle a combustibile sono veramente uno “zero ambientale”. La speranza tecnologica, comprensibile a quel tempo, era quella di poter aumentare il rendimento delle celle e di poter produrre l’idrogeno a costi minimi ambientali ed energetici. La sicurezza nelle “magnifiche sorti e progressive” consentiva anche di dare per scontato che tutti gli altri problemi del “sistema idrogeno” sarebbero stati risolti: reti, infrastrutture, serbatoi, sicurezza, stoccaggio …
In fondo il campo era ancora scientificamente inesplorato e questa speranza poteva essere coltivata con onesto ottimismo.
La potenza della ricerca scientifica mondiale nei successivi 40 anni si è scatenata sul tema inseguendo giustamente un sogno fantastico: viaggiare senza bruciare combustibili fossili e senza produrre inquinamento.
Dopo quaranta anni e parecchie decine di miliardi spesi, nel 2000, è apparso chiaro e ineludibilmente documentato da tutti gli studi, che le celle a combustibile alimentate a idrogeno sono un sogno impossibile:
A. l’idrogeno deve essere prodotto mediante consistente investimento energetico
B. il rendimento complessivo del ciclo idrogeno (dall’energia necessaria a produrre l’idrogeno alle ruote) è del 19-23% circa.
C. il sistema infrastrutturale di sostegno comporta investimenti enormi e tempi lunghissimi.
D. la quantità di idrogeno necessaria costringerebbe ad un programma nucleare di 30-40 centrali o a Giga dimensioni di fotovoltaico, eolico, idroelettrico.
E. i serbatoi sugli automezzi non hanno una soluzione tecnologica praticabile: o troppo grandi o troppo pesanti a seconda che si opti per la forma gassosa o quella liquida.
F. è molto elevato il pericolo di esplosioni per la formazione non controllata di miscela esplosiva.
G. la concorrenza con auto elettriche a batteria, con gli ibridi di seconda generazione insostenibile dati i costi (1000 Euro al KW) delle celle a combustibile ultima generazione.
Si impongono all’analisi a questo punto alcuni fenomeni che definirei “culturali”. Quaranta anni di ricerca formano quattro generazioni di tecnici solidamente ancorati alla disciplina delle celle a combustibile. Si formano scuole, laboratori, cattedre, accademie. Gli operatori si identificano totalmente con la disciplina. Gli specialisti dei processi elettrochimici (celle) e dei motori elettrici, di quello che c’è a monte e a valle non si occupano affatto (come è giusto): quanto idrogeno, quanta energia elettrica, quanta potenza, quanto pesa, come produrre l’idrogeno, come distribuirlo, come stoccarlo, come confezionarlo, quali tecnologie, quali materiali, quali serbatoi. Per non parlare della scala più ampia territoriale e macroeconomica. Non sono problemi che li riguardano, vedono solo la tecnologia specifica: l’elettrolita, il catalizzatore, gli iniettori, il motore elettrico. Continuano a inseguire impossibili speranze di rendimenti eccezionali e di “breakthrough” tecnologici sconvolgenti. Come un giocatore d’azzardo non riescono a “staccare” dallo specifico per apprezzare una visione di sistema.
Quaranta anni di ricerca formano una massa dinamica di saperi e di attività speculative che si comporta un po’ come un grande transatlantico: ci vogliono lunghe distanze per fermarlo una volta partito e sistemato sulla velocità di crociera, ci vogliono spazi enormi per farlo virare e cambiare rotta rispetto a quella impostata. Ci vuole un capitano che veda molto lontano e con enorme anticipo di tempi.
Oggi dobbiamo re-impostare il problema e prendere atto di alcune condizioni che non sono eludibili.
I processi disponibili per produrre idrogeno sono diversi:
a. dal carbone rendimento 50% enorme produzione di CO2, 
b. dalla biomassa rendimento 50% enorme produzione di CO2, 
c. dal gas naturale rendimento 70% enorme produzione di CO2, 
d. mediante elettrolisi dell’acqua rendimento 70%, grande consumo di elettricità
In una strategia ambientalmente corretta i primi tre metodi sono da escludere. Se poi sono associati a tecniche di cattura e stoccaggio della CO2, come è imprescindibile che siano, hanno costi insostenibili. Inoltre, dal punto di vista del rendimento, l’uso diretto del combustibile primario è enormemente più vantaggioso.
L’unico metodo ambientalmente accettabile per produrre idrogeno è quindi l’elettrolisi dell’acqua, a patto che l’elettricità sia prodotta da solare fotovoltaico, solare termico ad alta temperatura, eolico, idroelettrico o nucleare. Disconoscendo l’inquinamento delle tecnologie necessarie come assolutamente e comunque inevitabile, e ammettendo impropriamente la qualifica di “rinnovabile” al nucleare.
A questo punto c’è lo snodo letale: si deve fare il confronto fra auto a celle a combustibile e auto elettriche a batterie di terza generazione (o quarta).
I numeri non lasciano spazio a nessuna poesia: per un’auto a cella a combustibile, alimentata da idrogeno prodotto con elettricità primaria di origine fluente, su 100 unità di energia elettrica primaria immesse nel dispositivo elettrochimico, solo 20-23 arrivano alle ruote, mentre per un’auto elettrica a batterie con recupero dell’energia di frenata su 100 unità di energia elettrica primaria immesse nel sistema 70 arrivano alle ruote: il 350% in più. (cfr Ulf Bossel et al. in nota) 
Avendo presenti questi dati di fatto non c’è speranza di recuperare un vantaggio di questa portata semplicemente ottimizzando la tecnologia delle celle a combustibile di qualche punto percentuale o del sistema di infrastrutture che la deve supportare. È una tecnologia condannata. Game over.
Ci sono poi una serie di altri problemi:
. i serbatoi dell’idrogeno sull’auto di famiglia: enormi per una autonomia decente se si impiega idrogeno gassoso, e a pressioni elevatissime se si impiega idrogeno liquido. La pressione è spaventosa, 690.84 atmosfere, 6900.84 metri di colonna d’acqua, oppure un impianto criogenico completo capace di controllare temperature di 20° Kelvin (che sono -253 °C o -423.67 °F).
. la rete di rifornimento delicatissima data la pericolosità dell’idrogeno che può facilmente formare miscele esplosive e l’impossibilità pratica di azzerare il leakage; 
. lo stoccaggio e il trasporto per località non raggiungibili dall’idrogenodotto;
. le perdite dal sistema di iniezione dell’idrogeno nella singola cella e dalla cella all’ambiente di nuovo praticamente impossibili da azzerare;
. i tempi per il riempimento di serbatoi ad alta pressione o a bassissima temperatura sono lunghi e l’operazione è delicata; 
. il costo industriale delle celle a combustibile è di circa di 1000 Euro per KW di potenza rispetto al costo di 30 Euro per KW di potenza di un normale motore a combustione interna. Solo il motore dell’auto a celle a combustibile verrebbe a costare da 30 a 40 mila Euro.
Per la maggior parte di questi problemi, e dei molti altri che l’economia dell’idrogeno comporta, non ci sono soluzioni aggredibili da progetti di ricerca: siamo già ai limiti termodinamici teorici e tecnologici dei rendimenti fisici e problemi come la pressione economicamente necessaria per l’idrogeno gassoso e la temperatura/pressione dell’idrogeno liquido non ammettono soluzioni semplici per i serbatoi. Anche a valle di milioni di Euro di ricerca e sviluppo. Sarebbe come finanziare miliardi di ricerca per abbassare la temperatura di congelamento dell’acqua. Saranno sempre serbatoi grandi, pesanti e costosi. 
L’idrogeno a temperatura ambiente, a parità di energia trasportata, ha un volume tre volte maggiore rispetto al gas naturale, inoltre l’H2 accelera la comparsa di crepe nel acciaio (imbibimento da idrogeno), che aumenterebbe i costi di manutenzione, le perdite, i costi materiali e il pericolo di esplosioni dovute alla formazione di miscele esplosive ossigeno/idrogeno.
Discussione.
Per quanto possa dispiacere l’abbandono di un sogno, questo è necessario quando sia dimostrata la sua impossibilità. 
L’auto a celle a combustibile non ha futuro, non ci sarà mai una rete di infrastruttura economicamente praticabile per il suo supporto sul territorio, non ci sarà mai un mercato aggredibile rispetto ad alternative già oggi operative come l’auto elettrica a batterie, non ci sarà mai un mercato disposto a spendere il 350% in più per l’energia di funzionamento e a spendere il 300% in più per l’investimento iniziale.
Non ci sarà mai una infrastruttura capace di produrre idrogeno nei volumi necessari alla mobilità sul territorio (il 30% della conversione nazionale): i chilomteri quadrati di superfici fotovoltaiche, le centinaia di migliaia di generatori eolici, le decine di centrali nucleari per fornire il 350% in più di energia elettrica di quella che richiede la concorrenza dell’auto elettrica a batterie, sono una follia.
Non ci saranno mai serbatoi di dimensione, peso e costo accettabili capaci di contenere una quantità di idrogeno (liquido o gassoso) consistente con l’autonomia minima commerciale necessaria di una vettura familiare media.
Il tutto in un arco di tempo che deve essere inferiore ai venti anni. In un paese che ha dei problemi a smaltire l’immondizia domestica.
Ulf Bossel nel suo illuminante documento “Does a Hydrogen Economy Make Sense?” a valle del diagramma nel quale dimostra che per 100 unità di energia elettrica (da fonti rinnovabili) immessa nel ciclo, l’auto a celle combustibili può restituire solo 19 unità energetiche (se a idrogeno liquido) o 23 unità (se a idrogeno gassoso) mentre l’auto elettrica con freni a recupero ne restituisce 69, conclude con questa affermazione.
“La discussione sull’economia dell’idrogeno aggiunge solo irritazione al dibattito energetico. Dobbiamo concentrare la nostra attenzione su soluzioni energeticamente sostenibili. La istituzione di una economia “elettrica” efficiente dovrebbe diventare obbiettivo comunemente accettato.
[…]
Continuando a inseguire l’idea dell’idrogeno rischiamo di perdere l’occasione di affrontare la sfida di un futuro energeticamente sostenibile.
La domanda posta nel titolo “Ha senso una economia dell’idrogeno?” può avere una sola chiara risposta: “Non l’avrà mai.”
Tuttavia applicazioni di nicchia possono essere risolte dall’idrogeno, ce ne sono molte e varrebbe la pena considerarle.”
Alla luce di queste considerazioni ci si domanda come mai il Parlamento Europeo ha dato il via il 20 di Maggio del 2008 alla proposta di investimento di 470 milioni di Euro per la ricerca sull’auto a celle a combustibile. Con un voto quasi unanime (591 a favore, 13 contro, 15 astenuti). Il successivo regolamento che ha creato l’impresa comune Fuel Cells and Hydrogen (FC&H2 Project) è stato adottato il 30 Maggio, 2008 dal Consiglio per la Competività, all’unanimità e senza discussione. Il rappresentante Italiano (se era presente) a votato a favore, ovviamente su istruzioni romane.
I processi di formazione delle decisioni delle grosse macchine politico/burocratiche sono una interessante giungla da esplorare. Nel caso specifico il voto è il risultato di una azione continua e sistematica esercitata da una lobby di oltre cento industrie europee organizzate nella EHA (European Hydrogen Association) motivata da un chiaro interesse specifico e, chiaramente, non molto interessata a considerazioni strategiche più generali.
È chiaro, in questa occasione come in molte altre analoghe, che la struttura tecnica e gli uffici della Commissione non dispongono di consulenti obbiettivi e afffidabili capaci di tutelarla con autorevolezza contro le manovre delle potentissime lobbies. Un fatto preoccupante. Episodi di questo genere sono destinati a ripetersi.
Andando a leggere fra le righe dei vari documenti si trovano pezzetti di letteratura che consentono di capire in quale modo vengono istruite le condizioni per queste decisioni e certi progetti vengono finanziati con centinaia di milioni di Euro a beneficio di qualche astuto operatore sempre capace di fornire proposte di ricerca per mettere le mani sui tesoretti messi a disposizione dalla carenza critica della macchina burocratica e politica. 
Per capirne di più ho trovato nella ampia letteratura promozionale della lobby “fuel cells” questo paragrafo che mi sembra emblematico della cultura generale:
“There is a broad consensus that the future power-train is electric. Battery vehicles would be the most energy efficient solution. However, by evaluating different secondary energies (e.g. electricity, hydrogen) with respect to energy density, efficiency, environmental aspects and subject to customer performance expectations and infrastructure development (both electricity grid and hydrogen infrastructure), hydrogen in combination with fuel cell vehicles have excellent perspectives already in the medium term, but definitely in the long term.”
Ecco la tecnica della manipolazione, traduco e faccio l’esegesi del significativo passaggio:
“C’è ampio consenso sul fatto che la futura motorizzazione delle auto sarà elettrica. Le auto elettriche a batteria sarebbero la soluzione energetica più efficiente.”
Verissimo: la corretta posizione iniziale serve per catturare il favore del lettore proclamando una consolidata verità, e serve anche per prepararlo ad accettare il resto della indigesta polpetta. Ma subito dopo inizia la svolta.
“Tuttavia (!) valutando le diverse energie accessorie (i.e. elettricità e idrogeno) rispetto alla densità energetica, all’efficienza, agli aspetti ambientali, alle aspettative di prestazione degli utenti, e allo sviluppo delle infrastrutture (rete elettrica e infrastruttura idrogeno).”
Qui cominciano i trucchi: la valutazione chiaramente non è stata fatta perchè avrebbe messo in chiara evidenza l’enorme quantità di energia elettrica necessaria a produrre l’idrogeno, la scarsa densità energetica dell’idrogeno, l’inefficienza non eludibile del ciclo idrogeno/celle a combustibile, la pericolosità ambientale dell’enorme struttura di impianto (fotovoltaico, eolico, idroelettrico o nucleare) necessario per produrre il 350% in più dell’energia rispetto all’ipotesi elettrica a “batterie”, la difficoltà di trasporto dell’idrogeno (gas o liquido), l’impossibilità tecnica ed economica di una significativa infrastruttura idrogeno sul territorio. Le aspettative degli utenti poi sono l’ultimo colpo alla credibilità della insinuazione complessiva: quale utente vuole pagare per il 350% in più di energia elettrica primaria rispetto alla ipotesi auto elettrica a batteria?
Se invece la valutazione è stata fatta, come è facile supporre, i suoi risultati non sono stati chiaramente proposti al decisore politico-amminstrativo che è stato convinto con lo slogan dell’idrogeno abbondante (nell’acqua degli oceani) e dell’idrogeno che non inquina.
“L’idrogeno in combinazione con le celle a combustibile per le auto ha eccellenti prospettive già nel medio termine, ma sicuramente nel lungo termine.”
Questa è una palese forzatura, per usare un eufemismo. Fin dal 2000 si sapeva bene che le prospettive dell’idrogeno associato alle celle a combustibile per le automobili erano zero, per tutti i motivi sopra esposti.
D’altra parte il sogno di miliardi di auto che viaggiano ad “acqua” e senza inquinamento ha una sua forza travolgente indipendentemente dalla pratica realizzabilità e molte industrie avevano già investito anni e miliardi in ricerche che in qualche modo bisognava recuperare, anche in assenza di un ricco e prospero mercato di auto a celle a breve termine.
Le industrie interessate predispongono articoli sulla stampa nei quali si lascia consolidare l’idea dell’abbondanza dell’idrogeno e dell’inquinamento zero. I dettagli negativi vengono ignorati se non volutamente nascosti. L’opinione pubblica, che non ha nè il tempo nè gli strumenti per approfondire, dopo sistematiche campagne di informazione è veramente convinta che l’idrogeno sia abbondante e immediatamente disponibile, che l’auto a idrogeno avrà inquinamento zero. All’impachettamento della opinione pubblica collabora, involontariamente, anche il premio Nobel Carlo Rubbia che lancia l’ENEA (nel 2006) in un progetto “tutto idrogeno”. Rubbia, grande esperto nel campo delle interazioni deboli, di bosoni W e Z, e muoni, è un super specialista, ma manca di visione sistemica complessiva. Purtroppo l’autorevolezza conferitagli dal Nobel nel 1984, che lo ha portato al vertice dell’ENEA, ha intimidito i suoi collaboratori e ogni altra potenziale critica. La fisica delle particelle elementari purtroppo non comprende la competenza sui grandi sistemi energetici territoriali e sulla macroeconomia dell’energia. Nessuno dei numerosi competenti ed esperti energetici di quell’ente obbietta al “capo” premio Nobel, perchè l’ipotesi idrogeno, sballata e impossibile per l’auto, implica un investimento sul nucleare moltiplicato per dieci o forse venti o forse trenta volte.
Così il 20 maggio 2008 il Parlamento Europeo, confortato da questa spessa coltre di disinformazione, senza assistenza di suoi tecnici indipendenti, investe 470 milioni di Euro in un progetto di ricerca che non darà nessun risultato se non quello di distribuire un bel pacchetto di milioni alle industrie associate all’EHA e partecipanti al gruppo tecnologico “fuel cells”. Un modo come un altro di investire nella ricerca.
Corollario.
Il 23 Giugno 2008 si svolge alla FAST un seminario nel quale il signor Andre Martin, che ha istruito il progetto FCH (Fuel Cell & Hydrogen Project) illustra, con una serie di slides, gli scopi, gli obbiettivi, le scadenze e i metodi per la implementazione del progetto finanziato dalla Comunità. Sono presenti rappresentanti di tre Regioni (Lombardia, Piemonte, Abruzzi) che partecipano a qualche titolo al gruppo di assalto, rappresentanti delle industrie e rappresentanti di istituti di ricerca universitari e privati. Dopo la relazione del Signor Martin si apre un dibattito.
Ecco quello che ho capito come osservatore esterno della interessante liturgia.
1. La relazione del dr. Andre Martin è un colorito power point, diagrammi a blocchi, ipotesi di metodo e obbiettivi ideologici, appelli di coordinamento, generiche scadenze temporali. Non c’è quadro sistemico. Pochi dati quantitativi. Nessun riferimento al contesto energetico d’insieme e nessun riferimento praticabile alla disponibilità di idrogeno che viene assunta come un “dato”. Lo scopo della presentazione è quello di invitare le industrie partecipanti a fare proposte. Quattrocentosettanta milioni di Euro sono un’esca interessante.
2. La risposta di Martin alla mia domanda: se qualcuno si rendeva conto del significato pratico dell’ipotesi e del sistema “idrogeno” (diverse decine di centrali nucleari, centinaia di chilometri quadrati di fotovoltaico, centinaia di migliaia di generatori eolici, decine e decine di dighe per l’idroelettrico) è blanda: non ci si può basare solo sull’ipotesi elettrica, dice Martin, ci vuole anche una ipotesi basata su un fluido (chissà perchè, nota di lm). La domanda di energia elettrica per l’economia dell’idrogeno, sempre secondo Martin, potrà essere corrisposta dalla potenzialità dell’energia fluente in Europa (vento, sole, idro e, sottovoce, nucleare a scala Giga). Con quali dimensioni, a quali costi, in quali tempi non si sa. Il sorriso con il quale mi ha guardato è stato più significativo delle sue parole. Un’altra posizione significativa della cultura rappresentata dal signor Martin, è stata quella di chiedermi se ritenevo che cento e passa industrie del raggruppamento EHA potessero avere torto. Sono peraltro tutte, e solo, le industrie che prendono i soldi della Commissione, se ne potrebbero trovare dieci volte tante di altri raggruppamenti industriali (quelli delle batterie ad esempio) altrettanto potenti e autorevoli con idee diametralmente opposte. Sarebbe un interessante confronto. 
3. I rappresentanti delle Regioni hanno fatto la loro battaglia, per avere spazio politico nella gestione dei fondi comunitari: vogliono controllare i rubinetti perchè, dicono loro, conoscono il territorio. A nessuno di loro peraltro interessa il vero problema: la compiuta obsolescenza dell’ipotesi fondamentale del progetto di ricerca. L’unica realtà sono 470 milioni di Euro da spartire. L’idea di gestire qualche milione di Euro a scala regionale è affascinante per gli assessorati, sempre in cerca di soldi e potere. Non gli si può dare torto, nel clima generale.
4. Il rappresentante del Governo, dr. Garibaldi, ha invece chiaramente messo il dito sulla piaga. Ha detto, con rara franchezza per il costume italiano: abbiamo sprecato centinaia di milioni in ricerchine tecnologiche specifiche e analitiche e non abbiamo risposto alla domanda di sistema fondamentale: dove è l’idrogeno, quanto ce ne è, quanto costa produrlo, cosa vuol dire produrlo, in quelle quantità? Non ce ne importa nulla di processi che producono vettori energetici associati a enormi quantità di CO2, ha detto ancora chiaramente Garibaldi: non ce ne frega un cacchio (sic) di uno o due punti di efficienza delle celle a combustibile che non giocano, se non in modo infinitesimale, nel processo di conversioni energetiche complessivo e finchè l’industria farà proposte all’interno di quei limiti tecnici, continueremo a sprecare soldi. Cambiamo il quadro generale, ridefiniamo gli obbiettivi, re-impostiamo il paradigma. Una coraggiosa denuncia e una radicale rivoluzione copernicana. Il rappresentante del Ministero in Italia si è comportato diversamente dal rappresentante del Ministero a Bruxelles (se c’era) e si è assunto la responsabilità di chiedere un cambiamento di rotta. Forse un po’ tardi e a valle dell’approvazione, anche da parte italiana, del protocollo del 30 Maggio da parte del Consiglio per la Competitività. Forse non è lo stesso Ministero quello del Dr. Garibaldi e quello del rappresentante italiano a Bruxelles, forse il nuovo Governo, da poco insediato, non aveva ancora messo in funzione la linea di comando, certo è che si nota un netto scollamento.
5. Un rappresentante dell’industria, l’ing. Bassi del gruppo FIAT ha avvertito, con onesta e competente chiarezza: gli entusiasmi dell’industria (leggi FIAT) sulle auto a celle a combustibile si sono molto raffreddati, i problemi tecnici per mettere una quantità adeguata di idrogeno (o gas o liquido) su piccole e medie vetture non sono risolti e non sembrano risolvibili (dimensioni, peso, tecnologia dei serbatoi, sicurezza). Per non parlare del rendimento di sistema e del sistema infrastrutturale sul territorio. Nessuno risponde, ma molti prendono appunti.
Conclusione
Una funzione fondamentale nella gestione dei grandi progetti di ricerca è quella di saperli continuamente e criticamente aggiornare. Cambiano le condizioni generali, cambia il contesto, gli stessi primi risultati dei progetti ne modificano gli assunti iniziali. Bisogna leggere il cambiamento e tradurlo in modo consistente nella gestione congiunturale. Ci vuole autorevolezza e coraggio.
Sono pericolose le resistenze dei quadri tecnici specifici, è pericoloso filtrare le informazioni alla sensibilità della gestione politica per proteggere interessi di settore.
La filosofia che ha condannato la FIAT di Valletta/Romiti è stata il famoso slogan dei “cavalieri” i quali, ad ogni proposta innovativa, rispondevano “L’uma semper fait parei.” E così la FIAT è rimasta indietro di trenta anni e con molta difficoltà Marchionne cerca di recuperare, ma non è facile.
Leggere il contesto, vedere i segni del cambiamento in corso, anticiparli, scaraventarli nella prassi consolidata contingente. Questo è il modulo operativo vincente.
Con ingiustificato, ma indispensabile ottimismo, io credo che così avverrà anche per i quattrocentosettanta milioni di ricerca votati dal Parlamento Europeo il 20 di Maggio 2008. 
Il mio consiglio ai partcipanti al raggruppamento industriale Europeo dell’EHA e ai responsabili del Parlamento Europeo: rivedete le ipotesi iniziali, aggiornate lo scopo del progetto. È più probabile che otteniate risultati interessanti se abbandonate l’idea di tenere in vita artificialmente un’idea che non ha futuro.
Lorenzo Matteoli
24 Giugno 2008

Nota: 
Trovate l’articolo di Ulf Bossel “Does a Hydrogen Economy make sense?” a
http://www.efcf.com/reports/E21.pdf
In fondo all’articolo una completa rassegna bibliografica.
Maggiori informazioni sulla EHA European Hydrogen Association, pubblicazioni e progetti a:
http://www.h2euro.org/Publications/Publications.htm
Il libro dei sogni di Andre Martin a:
http://www.h2euro.org/Publications/presentations/EUSEW%202008/EHA_EUSEW08_Towards_a_Commercial.Andre_Martin.pdf
Altri dati sul sogno impossibile delle celle a combustibile per l’auto a:
http://entropyproduction.blogspot.com/2006/07/hydrogens-death-knell.html

Giacomo Leopardi, I canti, La ginestra, o fiore del deserto.
Dipinte in queste rive
Son dell’umana gente
Le magnifiche sorti e progressive

Informazioni su matteolilorenzo

Architetto, Professore in Pensione (Politecnico di Torino, Tecnologia dell'Architettura), esperto in climatologia urbana ed edilizia, energia/ambiente/economia. Vivo in Australia dal 1993
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