Lorenzo Matteoli, 22 Ottobre 2014
Ieri è morto all’età di 98 anni Edward Gough Whitlam (pronuncia Eduard Goff Huitlam) 21esimo Primo Ministro Australiano dal 1972 al 1975 e capo del Partito Laburista Australiano dal 1967 al 1977. Membro del Parlamento Australiano dal 1956. Whitlam portò il Partito Laburista al Governo dopo 23 anni di governi conservatori o “liberal” della Confederazione Australiana. Vinse ancora le elezioni nel 1974 e nel 1975 fu dimesso con decisione unilaterale, ancora oggi controversa, del Governatore Generale Sir John Kerr[1]. Whitlam resta l’unico Primo Ministro Australiano il cui mandato sia stato troncato in questo modo.[2] Lo slogan della sua campagna elettorale nel 1972 fu “It’s time.” (“è ora!”).
L’Australia riconosce oggi che i tre anni, “tumultuosi”, del suo governo dal 1972 al 1975 hanno radicalmente cambiato il Paese. Il welfare, la pubblica istruzione, la sanità, le politiche territoriali, i rapporti con la minoranza etnica degli Aborigeni, l’assistenza legale gratuita per chi non ha i mezzi per pagare l’avvocato, i rapporti con i sindacati, i rapporti con gli immigrati, la politica estera[3]: non ci fu aspetto economico, sociale, culturale e della vita quotidiana in Australia che non venne rivoluzionato dalla visione di Gough Whitlam.
Whitlam aveva trovato un’Australia ancora grettamente post-coloniale, dominata dal classismo “British”, razzista nei confronti degli aborigeni, e chiusa nei confronti degli immigrati (indiani, tedeschi, ungheresi, italiani, greci, asiatici) che erano peraltro fondamentali per lo sviluppo dell’economia Australiana. Quella che era stata istituita nel 1921 come “White Australia” dopo Whitlam si trasformò in una società multietnica e il rigido regime postcoloniale si aprì a un regime socialdemocratico di matrice liberale non marxiana. Anche dopo la sua forzosa dismissione nel 1975 e le successive sconfitte elettorali dei laburisti australiani la svolta politica e culturale voluta e impostata da Whitlam continuò a svolgersi nella politica australiana e si può dire che il processo continua ancora oggi e vede l’Australia come una effettiva e funzionante socialdemocrazia parlamentare.
Whitlam era un energico entusiasta, duro nel dibattito parlamentare e appassionato difensore delle fasce sociali deboli, capace di battute crudeli nei confronti degli avversari e di gesti teneramente appassionati.
Famoso il suo gesto in occasione della consegna dei titoli di proprietà della terra agli aborigeni: dopo aver consegnato all’anziano aborigeno il documento Whitlam si china e raccoglie un pugno di terra che versa con gentile garbo nella mano del vecchio capo, sigillando con un gesto concreto il ritorno della terra ai suoi primi abitanti.
Tutta la politica Australiana, Coalition e Labour, ha ricordato oggi con grande civiltà e commozione l’uomo e la sua rivoluzione sociale, la sua passione e il suo entusiasmo.
La storia di questo uomo politico è interessante perchè documenta e prova il “privilegio della politica”: la rivoluzione di Whitlam fu il risultato della sua passione della sua visione e del suo entusiasmo più che delle specifiche leggi e atti di governo: in tre anni fu capace di cambiare una cultura solidamente insediata.
Già avanti negli anni all’interlocutore che gli chiede cosa sia la raccomandazione più importante da fare alle future generazioni dice: “Maintain the enthusiasm!” (Mantenete l’entusiasmo!)
[1] Di qui il famoso commento rilasciato in pubblico davanti all’ingresso del vecchio Parlamento: “Well may we say ‘God save the Queen’, because nothing will save the Governor-General”. (Possiamo ben dire Dio salvi la Regina, perché nulla potrà salvare il Governatore Generale) una battuta che è diventata storica.
[2] Il suo ministro delle Finanze Frank Crean non fu in grado di fare approvare il bilancio e questo consentì al Governatore Generale Kerr di chiedere le sue dimissioni ai sensi della Costituzione Australiana, ma la vicenda costituzionale fu molto complessa e articolata da manovre della opposizione in parlamento.
[3] Whitlam fu il primo leader occidentale ad aprire alla Cina Comunista dove si recò nel 1972 per incontrare Chu En Lai, provocando il sospetto degli Americani che peraltro negli stessi mesi stavano trattando una apertura verso la Cina con Herny Kissinger emissario segreto.