Attenti alle grammatiche quotidiane e congiunturali, distratti dalle tragedie di attentati, terrorismo, massacri correnti nel teatro del Pianeta globale è facile perdere di vista la dimensione storica degli eventi ovvero lo svolgimento degli eventi sui tempi generazionali: venti, trenta, quaranta anni. Continuiamo ad analizzare il quotidiano con il metro delle settimane, dei mesi e degli anni e ci sfugge lo scenario di lungo termine, sia passato che futuro.
Una grande “trasformazione” è avvenuta negli ultimi 50 anni nel mondo, in Europa e in Italia: l’economia da reale (detta anche fordista) è diventata finanziaria. Ovvero dall’investimento in produzione di beni e dal profitto relativo al margine consentito dallo scambio di beni sul mercato si è passati ad investire in ipotesi di valori futuri e il profitto deriva dal margine consentito dallo scambio di valori futuri.
Si accumula denaro e ricchezza spostando capitali più che producendo manufatti. Molto di più. Con una brutale semplificazione questo vuol dire che chi possiede e manovra capitali si arricchirà sempre di più e chi lavora per produrre manufatti diventerà sempre più povero. Questa è anche la documentata conclusione dell’imponente opera di Thomas Piketty sul “Il Capitale nel 21esimo secolo.”
Nella macroeconomia “finanziaria” gli strumenti per il controllo delle dinamiche monetarie, inflazione, deflazione, liquidità, cambi, interesse, occupazione non funzionano più, il sistema macroeconomico “non risponde” agli stimoli o ai vincoli sui parametri correnti.
Questa la ragione per cui la crisi finanziaria in corso dal 2008 non è stata ancora controllata e le sue devastanti conseguenze stanno massacrando le economie e la gente dei paesi più esposti (Italia, Spagna, Grecia, Portogallo, Francia) per l’entità del debito pubblico e per l’indisponibilità di strumenti validi di manovra macroeconomica.
Parallelamente alla crisi finanziaria, e come una delle sue conseguenze, in Italia la Grande Trasformazione avvenuta negli ultimi 50 anni ha modificato radicalmente lo scenario ideologico della pubblica opinione che oggi sembra coagulato su due fronti principali:
- la massa di elettori che si riconoscono in una organizzazione partitica di qualche genere;
- la massa di elettori che non si riconoscono in una organizzazione partitica;
Alla massa A. appartengono i soggetti che si riconoscono nel PD e in Forza Italia,
Alla massa B. appartengono i soggetti che si astengono dal voto o che votano per il Movimento 5 Stelle.
Le frange di destra, sinistra e centro sono politicamente di peso irrilevante.
Le due masse A e B sono quantitativamente equivalenti, con una probabile prevalenza della massa B.
Se quest’ultima fosse in grado di esprimere una identità politica leggibile e di darsi programmi consistenti con le esigenze dei potenziali elettori avrebbe sicuramente una maggioranza solida. Allo stato attuale questa ipotesi non è reale, ma una più attenta gestione concettuale del M5S potrebbe modificare la situazione in tempi rapidissimi. Come quando il latte caglia.
Invece la massa A per la natura e l’ideologia delle due aree partitiche di riferimento non sarà mai in grado di proporre una linea programmatica unitaria capace di garantire la governabilità del Paese.
È evidente che il luogo sul quale si deve intervenire per risolvere lo stallo della situazione economica Italiana (ed Europea) è il dominio della macroeconomia.
Va fermato il processo di sistematico e inarrestabile arricchimento dei detentori di capitale, va recuperata la disponibilità di denaro della massa impoverita dei lavoratori dipendenti, dei disoccupati e dei lumpen-pensionati.
Due operazioni che vedono l’arroccamento dei “garantiti”, di destra e di sinistra, e dei detentori di capitale (e potere).
Le pensioni al di sopra dei 2500 Euro al mese vanno gradualmente tassate, le pensioni al di sotto dei 1000 Euro al mese vanno gradualmente incrementate, la regolamentazione del credito deve essere radicalmente aggiornata per consentire l’accesso ai piccoli medi imprenditori.
Il processo complessivo deve determinare, in tempi vivibili, una generale redistribuzione della ricchezza nel Paese.
Ai detentori attuali di capitale e potere, che ovviamente resisteranno a questa impostazione, bisogna far capire che un arricchimento sistematico in un contesto che sistematicamente si impoverisce è destinato ad esaurirsi in modo molto probabilmente drammatico perché i pochi ricchissimi non sono in grado di mantenere il regime di domanda di beni capace di sostenere il modello macroeconomico in essere che collasserà.
La redistribuzione della ricchezza porterebbe ad un aumento dei consumi e ad un aumento dell’occupazione. Si innescherebbe quindi un ciclo virtuoso in una società caratterizzata da meno privilegio e maggiore equità.
Questa ipotesi, che trova forte sostegno nella letteratura economica corrente, si scontra con una difficile fattibilità politica perché la fiducia nel neoliberismo economico è oggi molto forte, nonostante venti anni di fallimenti e di sistematica crisi, prima latente e dal 2008 crudelmente esplicita.
Grande Matteoli, un bellarticolo anche di contenuti rivoluzionari, come si addice a un compagno che sbaglia ..
Mettiti daccordo con la tua ex fidanzata per andare a mangiare una sera nel ristorante alla moda (articolo sul New York Times)
di mio figlio Andrea. Ciao e buona giornata
Charlie
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