Il Rubicone di Matteo Renzi
Lorenzo Matteoli
29 Aprile, 2015
Guardando il percorso di Matteo Renzi come primo ministro si nota il progressivo incrudimento comportamentale: dall’iniziale ottimismo, quasi gioviale, Renzi è passato a comportamenti sempre più drastici. I due ultimi episodi bastino come esempio della radicalizzazione della sua dialettica: la dismissione dei membri PD “ostili” dalla commissione affari costituzionali e la posizione della fiducia sul voto per l’Italicum. Due mosse che sono state qualificate come “selvagge” dal costume omologato di democratismo estremo da anni dominante nella gestione della politica parlamentare italiana. Due mosse che hanno provocato la solita gazzarra nell’Aula del Parlamento che si apprestava, comunque, al giochino del ricatto al Governo attraverso gli strumenti del trasformismo e della fronda nelle votazioni. L’analisi non omologa che si può fare della vicenda è semplice: Renzi si è reso conto che con questo Parlamento e con i partiti che vi sono rappresentati, ivi compreso il suo, non sarà possibile portare a termine nessuna riforma significativa. Quelle finora abbozzate, o presunte concluse, sono una prova dei risultati ai quali si può arrivare con il compromesso estremo e con il negoziato “a tutti i costi”. Compresi quelli assurdi e insostenibili. Ottenere risultati “a tutti i costi” spesso, se non sempre, comporta costi che sarebbe meglio non pagare o non aver pagato… Arrivato a questa evidente conclusione Renzi, sulla base del fatto che “restare a governo per fare nulla non gli va,” ha scelto la radicalizzazione del metodo. Con chi non vuol negoziare non si negozia e quindi tanto vale rompere il cerchio vizioso e usare tutti gli strumenti disponibili per ottenere il risultato…a tutti i costi, anche quelli che sarebbe meglio non dover pagare: la dismissione dei membri PD “ostili”, la minaccia della caduta del governo, la fiducia sull’Italicum e quant’altro sarà necessario per andare avanti. Un gioco duro e anche pericoloso, ma anche di potenziale grande chiarimento della attuale palude parlamentare italiana.
È difficile dire se l’Italicum porterà all’Italia governi stabili e assistiti da forti maggioranze, se scatteranno gli strumenti previsti dal meccanismo di quella legge per avere il premio e per governare senza la mostruosità di associazioni spurie, trasversali, milazziane o consociative. É difficile dire se la maggioranza assoluta ipotetica che si produrrà per l’effetto, eventuale, dell’Italicum sarà la premessa di una dittatura o di una democrazia “centrale” e meno esposta al tiro al piccione degli aspiranti “aghi della bilancia”: la infernale minestra parlamentare che ha condannato l’Italia per più di mezzo secolo di governi “sub condicione”. È difficile dire se con l’Italicum vincerà Renzi e se dopo la vittoria sarà capace di passare da Premier delle promesse a Premier dei fatti. È difficile dire se la eventuale ipotetica opposizione sarà in grado di svolgere il suo ruolo in una moderna democrazia o se verrà spappolata nel grigio dell’irrilevanza. Non c’è altro modo di risolvere tutte queste incertezze se non “andando a vedere”.
Ezio Mauro con il suo commento su La Repubblica di oggi dimostra di aver capito poco di quello che sta succedendo e di essere ancora immerso nella fantasia del democratismo del compromesso e del “negoziato a tutti i costi”. Il “come…il percorso, le alleanze, il consenso che si sa costruire” per citare alle lettera le sue parole, non hanno alcun valore in un Parlamento costituzionalmente incapace di intendere e di volere, con una minoranza interna PD che “continua a considerare Renzi un abusivo” (sempre le parole di Mauro). Sono anzi la marca della deleteria consociazione che ci ha portato a questa situazione. Non c’è nessun patrimonio da dissipare. È già stato buttato via da cinquanta anni a questa parte, con la fattiva collaborazione de La Repubblica e del resto della stampa italiana omologa. Qualcuno farà un giorno una ricerca che documenterà la concreta responsabilità dei media nel degrado della politica italiana, ma la generazione che ha memoria questa cosa la sa bene.
Con la posizione della fiducia sull’Italicum Matteo Renzi ha fatto una scelta fondamentale: ha attraversato il suo Rubicone. Rischia di perdere tutto, rischia di vincere tutto. Se dovesse vincere tutto e diventare il Primo Ministro di una Repubblica Democratica fortemente “centrale” per non dire “autocratica” l’unica speranza che abbiamo di non avere un pessimo dittatore è il passato democristiano di Matteo Renzi e la sua giovanile militanza nei boy scout. Due tratti che per alcuni possono essere pericolosissimi.
Ma non la farei così complessa, è solo un caso di tecnica parlamentare. Renzi non vuole tornare in senato, perché in senato non è più sicuro di avere quella maggioranza che aveva quando il disegno di legge è stato lì approvato. Quindi alla camera vuole venirne fuori senza nessun emendamento, e per questo aveva evitato si averne nella commissione affari istituzionali sostituendo i dieci parlamentari del suo stesso partito (ma attento, sostituiti dal gruppo parlamentare pd, non dal segretario del partito).
Alla camera ritiene di avere una maggioranza che in senato forse non ha, e ricorre agli strumenti che le procedure gli offrono, e quanti credono che perda credibilità credo proprio che sbaglino, né la cosiddetta opposizione sembra in grado di contare qualcosa fuori dal parlamento, come è chiaro nel caso di landini e di camusso
Un abbraccio
Marco
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mi mandi il tuo articolo sulla morte del padre della patria di Singapore? non lo trovo ……….mi era piaciuto, Grazie, Claudia
…mi dispiace non ho scritto nessun articolo sulla morte di Lee Kwan Yew, anche a me piaceva molto guanto di velluto ma pugno di ferro…