Il sacco di Milano: la punta dell’iceberg

Lorenzo Matteoli

2 Maggio 2015

Guardare i video di quello che è avvenuto a Milano il 1° maggio provoca violento disgusto. Ma ci sono alcune domande alle quali bisogna dare risposta, e provo ad esprimerne solo due. Ecco la prima banale domanda:

Come mai dopo innumerevoli episodi analoghi a partire da quello di Genova, emblema del copione standard, la nostra polizia, i carabinieri, i venticinque strumenti di “intelligence” operanti in modo più o meno ufficiale nel paese non sono in grado di “prevenire” lo svolgimento della rappresentazione canonica. Come mai i dimostranti violenti provenienti da Germania, Francia e Belgio che sono sicuramente schedati dalle rispettive polizie si possono muovere senza problema trasportando scarponi, maschere antigas, manganelli, elmetti e caschi? Quando un normale cittadino prende un aereo si deve togliere le scarpe, sfilare la cintura, gli vengono ridicolmente confiscate le bottigliette di profumo e crema da barba, shampoo, temperini e tagliaunghie e questi invece viaggiano con arsenali senza venire intercettati? Incredibile. Come mai i “locali” , sicuramente noti, schedati, conosciuti come abitudinari partecipanti alla violenza nelle piazze, negli stadi e dovunque sia possibile, impuniti, incendiare auto, spaccare vetrine, saccheggiare non vengono intercettati “prima” delle manifestazioni programmate, organizzate, pubblicizzate sui social network mesi prima? A Milano il primo maggio gridavano “no Expo”, e già è difficile capire la stratificazione culturale dietro questa protesta, ma gridavano anche “Viva la Juve!” e questo dovrebbe suggerire qualcosa che, anche al più distratto magistrato o sonnolento responsabile di pubblica sicurezza, dovrebbe far rizzare le orecchie. Una volta prima che il Re o Mussolini visitassero una città decine di anarchici venivano messi in galera “preventiva” per motivi di pubblica sicurezza. Dove sono finite quelle leggi? Abrogate come “fasciste” ? Probabile, ma bisognerebbe capire bene da che parte sta il fascismo attuale. Un fascismo ambiguo quello di oggi: che incendia, picchia, spacca cantando Bella Ciao. Mi rifiuto di credere che non sia possibile una drastica azione preventiva motivata dalla pubblica sicurezza. E se non è possibile intervenga il legislatore. Non è vietato nascondere la propria identità in luoghi pubblici con caschi, occhialoni, fazzoletti, kefiah? E le armi improprie, manganelli, pugni di ferro, scarpe chiodate?Lasciare arrivare i noti Black Block dall’Europa, non intercettare i noti violenti teppisti locali, tutti sicuramente schedati è un invito palese alla violenza.

La domanda che bisogna porsi è banale: quale è il vulnus più grave alla democrazia, alla libertà e alla sicurezza dei cittadini e delle cose? quello della intercettazione e neutralizzazione preliminare dei violenti noti e schedati o quello degli incendi, pestaggi, saccheggi e massacro di vetrine? Non ci vuole un genio della sociologia per rispondere a questa domanda, solo il settarismo cieco può avere dubbi. La tutela delle istituzioni è anche tutela della libertà della Società che queste rappresentano ed è una priorità. Evitare il peggio,  ministro Alfano, è un’altra storia, completamente diversa da quello che è avvenuto a Milano.

L’altra domanda, più difficile da rispondere questa, è quella relativa al “terreno culturale” nel quale affonda le radici il comportamento violento, assurdo e questa patologia sociale. Nulla nasce per caso, nemmeno i funghi nel bosco. I ragazzi di quindici, sedici…diciotto, venti anni che si attrezzano con manganelli, maschere antigas, pugni di ferro, scarponi chiodati, giacche nere, balaclave nere, brache nere, bombe molotov, razzi incendiari, hanno famiglie, padri e madri, professori e maestri. Leggono messaggi sui social network, scrivono messaggi sui social network. Fanno parte di “forum” … Questa nicchia ambientale opera e agisce nell’ambito del più ampio contesto culturale della società europea. La violenza negli stadi e la violenza nelle piazze, le tifoserie che lanciano bombe carta e lanciano sassi contro i pullman delle squadre antagoniste fanno parte di un “continuum” socio culturale che fornisce motivi, ideologia, pensiero e alla fine anche gli strumenti materiali, la logistica, le spese di viaggio, le reti informatiche, i manganelli le giacche nere e tutto il resto. Anche gli “avvocati” organizzati e presenti nel corteo a Milano, pronti a difendere gli eventuali arrestati. Questi professionisti sono la frangia estrema e l’anello di collegamento con la società civile, con i media, con la “normalità”. C’è un limite, una linea d’ombra, tra il diritto alla difesa e la ricerca attiva del criminale da difendere. Chi va sulle piazze per aspettare che venga commesso il crimine per fornire la sua opera di difensore quella linea d’ombra la viola e su questo non ci dovrebbero essere dubbi. Come non ci dovrebbero essere dubbi sul fatto che non mettere in pratica con severità e durezza le misure di prevenzione è una forma di connivenza con la inevitabile violenza successiva. E dire, quando la violenza è avvenuta, che si è evitato il peggio è ridicolo e offensivo, Alfano.

Guardiamo con attenzione dentro la “normalità”, nella società “benpensante”, nei salotti perbene “impegnati,” nelle “famiglie con bambini” che in testa ai cortei cantano Bella Ciao mentre a venti metri dietro di loro si massacra, si incendia, si pesta chi dissente, si impone con le spranghe di “non fotografare.” C’è una ambigua equivoca continuità tra questa “normalità” e la violenza ed è su questa orribile continuità che bisognerebbe riflettere e agire.

Informazioni su matteolilorenzo

Architetto, Professore in Pensione (Politecnico di Torino, Tecnologia dell'Architettura), esperto in climatologia urbana ed edilizia, energia/ambiente/economia. Vivo in Australia dal 1993
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2 risposte a Il sacco di Milano: la punta dell’iceberg

  1. c.demichelis@soconomar.it ha detto:

    Compagno Lorenzo, poche volte sono stato cosi’ totalmente d’accordo con ogni singola parola di un tuo articolo. Con un po’ di nostalgia per i servizi d’ordine dei cortei dei nostri tempi. Grazie
    TIM: la tua mail in mobilità con il BlackBerry®

  2. Max ha detto:

    Leggendo solo il titolo, prima di leggere l’articolo, pensavo parlassi del trota e della mignotta saccheggiatori . Sul tifo per il calcio si usa il guanto di velluto ma dentro non c’è la mano di ferro ma di ricotta. Dovendo fare un calcolo percentuale attribuirei un 20% ai club, un 20% ai cosidetti tifosi ed il 60% ai loro genitori. Quasi ogni giorno vedo l’uscita dall’istituto tecnico: uno spettacolo penoso. Gioventù? No marciume…

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