Analisi di un saccheggio annunciato

 

Lorenzo Matteoli

7 Maggio, 2015

 

Dopo sei giorni dagli eventi il “sacco di Milano” scompare dai giornali italiani, nessuno vuole insistere sulla vergognosa giustificazione che si è evitato il peggio. La Questura di Milano, il Tribunale di Milano, il Ministero degli Interni, lo stesso primo ministro Renzi sono contenti di mettersi l’episodio alle spalle senza approfondire troppo. La stampa omologa si adegua.

La gravità degli avvenimenti, le molte responsabilità, il retroterra culturale inquietante, richiedono invece una riflessione ulteriore e qualche conclusione.

Il quadro degli eventi.

I manifestanti con progetto criminale in arrivo da tutta l’Europa: noti, schedati, intercettabili, intercettati e rilasciati dai magistrati milanesi prima del 1° Maggio

La manifestazione “No-Expo” autorizzata dalla Questura di Milano per lo stesso giorno dell’inaugurazione, senza servizio d’ordine.

La polizia comandata alla “moderazione” per evitare reazioni pericolose dei manifestanti criminali.

I “centri sociali” milanesi notoriamente ospitali nei confronti degli estremisti ”turisti” in nero, vicini al sindaco Pisapia e al suo advisor.

L’organizzatore della manifestazione “No-Expo” Luca Trada che dichiara che “il servizio d’ordine non è nello stile della associazione “No-Expo”

La Questura sapeva che sarebbero venuti i turisti in nero, sapeva che il 1° Maggio era in programma l’inaugurazione dell’Expo e autorizza la manifestazione “No-Expo” sapendo che sono proprio le manifestazioni “pacifiche” che i massacratori organizzati “usano” nella loro tattica di guerriglia urbana.

Dopo aver istruito le premesse per la guerriglia la Questura ordina “moderazione” alla polizia sul campo

Gli avvocati del “legal team” anticipano l’eventualità criminale e affrontano la polizia sul campo.

Dopo il “sacco di Milano” il sindaco sfrutta l’occasione per farsi pubblicità andando a “pulire”.

Questura e Tribunale nei giorni seguenti il “sacco di Milano” cercano di recuperare un minimo di dignità dopo la figura vergognosa cercando di identificare e fermare presunti responsabili.

Questi schematicamente i fatti relativi al “sacco di Milano” del Primo Maggio.

 

L’analisi

Due sono le possibili interpretazioni della sequenza:

  1. un “progetto” cinicamente voluto e predisposto;
  2. la somma di una serie di stupidità, incompetenze, negligenze, autonome velleità criminali.
  1. L’ipotesi del “progetto” richiede la individuazione di un “soggetto responsabile” del suo disegno e di un “obbiettivo.” Il soggetto responsabile per essere credibile deve aver la possibilità di “controllare” alcune delle pedine o degli snodi operativi necessari alla implementazione del progetto.

L’unico soggetto che nella vicenda ha caratteristiche plausibili è la Questura di Milano: dispone delle informazioni sui turisti neri e sugli anarchici antagonisti locali, li può fermare, intercettare, controlla la polizia, è responsabile dell’autorizzazione delle manifestazioni.

La Questura non controlla però, almeno ufficialmente, il Tribunale e quindi se il magistrato non conferma i fermi la Questura deve rilasciare i soggetti arrestati. Cosa che avviene. Manca il dato documentale su quanti siano stati i fermati e quanti siano stati quelli “liberati” dal Tribunale.

L’obbiettivo del progetto è meno facile da definire. Quale interesse avrebbe la Questura di Milano per istruire le condizioni per i disordini?

Forse il desiderio di stanare gli antagonisti, costringerli allo scontro aperto (alla battaglia campale) per poterli arrestare in massa e finalmente porre fine a un costume criminale oramai forte e strutturato a livello europeo. Ma senza l’appoggio della Magistratura questo disegno ha una lacuna fondamentale.

Il progetto avrebbe inoltre un contenuto di rischio molto elevato e richiederebbe l’impiego sul campo di uno spiegamento di almeno 20 o 30 mila poliziotti per avere la certezza di prevalere sui massacratori documentandone in modo incontrovertibile le responsabilità.

Altri possibili progettisti non sono plausibili perché non ci sono altre figure con le capacità di controllare parti significative della sequenza o attori significativi della medesima.

La teoria del complotto quindi si esaurisce per mancanza di soggetto “autore del disegno” e per insostenibilità dell’ipotetico “obbiettivo.”

Resta quindi la seconda ipotesi: la somma di una serie di stupidità, incompetenze, negligenze, autonome velleità criminali.

L’autorizzazione al corteo No-Expo, la debolezza nell’azione preventiva di intercettazione e fermo preliminare dei turisti neri e degli anarchici antagonisti locali, lo strano comportamento del Tribunale di Milano: il “rito ambrosiano” fondato dal Tribunale di Milano al tempo di Mani Pulite non aveva molta reticenza nello sbattere in galera i sospetti di “tangenti”. Mentre i turisti neri pare siano stati trattati con i guanti dal giudice Vannicelli che ha creduto a tutto quello che gli raccontavano e li ha anche apprezzati per il loro “antifascismo.”

Sarebbe interessante avere qualche informazione sul rapporto tra Questura di Milano e Tribunale di Milano nell’occasione del “sacco di Milano” e in altre simili occasioni.

La manifestazione No-Expo è il secondo luogo di irresponsabile stupidità o vuota correttezza politica: autorizzarla il giorno dell’inaugurazione come se manifestare quando e come si vuole fosse un diritto inoppugnabile. L’espressione dell’opinione anche sotto forma di protesta è un diritto, ma la tutela degli interessi dalla più ampia comunità (Città di Milano, Expo, interesse nazionale all’immagine dell’Expo etc.) è un preciso dovere istituzionale. Quindi si faccia la manifestazione, ma non il giorno dell’inaugurazione dell’Expo. Una settimana dopo, per esempio. Non ci sarebbero stati diecimila partecipanti. I turisti neri non avrebbero avuto il comodo strumento dei “pacifici” manifestanti per svolgere le loro tattiche e forse non sarebbero nemmeno venuti a Milano. L’espressione dell’opinione mediante distruzione di vetrine, saccheggio di negozi, incendio di auto è un crimine. L’aggressione alla “civitas” è intollerabile.

Con la manifestazione autorizzata e i turisti neri in città la sequenza degli avvenimenti era praticamente garantita e inevitabile. Restava da vedere come controllare la piazza. Anche su questo versante ci sarebbero molte cose da chiarire: perché i “neri” sono stati lasciati arrivare alla manifestazione con elmetti e balaclava, bombolette e manganelli? La tattica “passiva” della polizia era l’unica praticabile? Alla fine della manifestazione perché i massacratori se ne sono potuti andare indisturbati? Quando si spogliavano delle divise nere erano veramente inattaccabili? Non individuabili? In quel momento erano “in flagrante” e disarmati.

Domande alle quali difficilmente avremo risposte perché a sei giorni dagli eventi i fatti stanno già uscendo dalle cronache con la generale sciocca soddisfazione perché “è stato evitato il peggio”. Quando si poteva evitare tutto questa è la giustificazione più offensiva.

 

La conclusione

C’è però un’altra analisi che va fatta: quando si è in presenza di patologie sociali diffuse, pervasive, di molte polverizzate responsabilità distribuite fra l’incompetenza, la stupidità, la connivenza furba, la copertura dei media di regime o di servizio si è in presenza di un fenomeno culturale che investe il contesto politico e sociale più ampio del paese. In un arco di tempo più ampio della cronaca di poche settimane o giornate.

La Questura di Milano, il Tribunale di Milano, i giornalisti di servizio, il sindaco imbelle e compiacente, i manifestanti strumentali e babbei, i mentali locali, i minus habentes liceali, i picchiatori internazionali, gli antagonisti anarchici, i qualunquisti del verdismo fanatico, il noglobalismo qualunque… Sono il prodotto ultimo di una tendenza culturale che è cresciuta negli ultimi venti o più anni ed è diventata la cultura “mainstream” dominante, quella che forma le maggioranze politiche, che detta le condotte sociali. Sì, vabbè, macchettefrega

Una scuola assente o allineata, il pensiero critico soffocato, latitanza o asservimento degli intellettuali. La grossolanità di una destra inadeguata e spesso impresentabile, il silenzio del centro. Il dilagare di una sinistra conforme e comoda, incontrastata, di fatto conservatrice e reazionaria. Una sinistra di potere.

Per questo il ”sacco di Milano” è la punta dell’iceberg dei problemi dell’Italia di oggi e, alla fine, è vero, non è arrestando qualche centinaio di teppisti che si risolve il problema delle “radici culturali” della malaise. È invece importante rendersi conto del terreno dove il fenomeno affonda queste radici. Scoprire le ragioni per le quali i massacratori di Milano sono tutelati e intoccabili, scoprire dove si forma il tessuto di opinione che li sopporta. Come si genera la palude viscosa che impedisce di arrestarli, processarli, punirli.

Il problema da affrontare è la patologia di una società inerte, culturalmente assuefatta a una sinistra esausta che di sinistra non ha più nulla se non il conformismo comodo. La prepotenza melensa insopportabile del buonismo.

Una società ben rappresentata dalla figura patetica del sindaco milanese imbelle, che pulisce le strade devastate dalla nuova arroganza omologa e conforme, alla quale non conviene opporsi.

 

 

Informazioni su matteolilorenzo

Architetto, Professore in Pensione (Politecnico di Torino, Tecnologia dell'Architettura), esperto in climatologia urbana ed edilizia, energia/ambiente/economia. Vivo in Australia dal 1993
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