The Great Divide l’ultimo libro di Stiglitz, Nobel per l’economia nel 2001 per la sua teoria sull’”informazione asimmetrica”, Chief Economist e Vice Presidente della Banca Mondiale dal 1997 al 2000, licenziato per le sue critiche a quell’Istituto.
Qualificato impropriamente come neo-keynesiano è in realtà un sostenitore della necessità di “regolare” e controllare le dinamiche del mercato. Stiglitz in Italia è autore di Einaudi e probabilmente il suo libro è in corso di traduzione in italiano per quell’editore. Per ora è disponibile in inglese (Allen Books, Penguin) e su Amazon si può trovare anche in edizione Kindle per 13.38 $ US.
Il libro tratta, come quello di Piketty, il problema della divaricazione fra il reddito dei ricchi e super-ricchi americani e il reddito della massa intermedia e dei livelli sociali a basso reddito. I ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri: la grande forbice. Stiglitz ne individua le cause, ne documenta la portata, propone strategie risolventi.
“The Great Divide” non è in effetti un nuovo libro, ma è la raccolta degli articoli pubblicati da Stiglitz su varie riviste e giornali americani a partire dal 2007. Gli articoli, organizzati in otto parti precedute da riflessioni attuali e commenti ex-post dell’autore, accompagnano la storia della Grande Crisi Finanziaria dai suoi segni premonitori nel 2007 fino all’attualità.
Nelle ultime pagine l’autore suggerisce linee politiche, strategie e iniziative per uscire dalla lunga depressione.
Una intelligente iniziativa editoriale che consente di dare struttura sistematica agli scritti altrimenti dispersi su molte fonti e privi di un organico tessuto connettivo critico e di una consistente chiave di lettura.
Nella correttezza formale e nel linguaggio divulgativo degli articoli raccolti si esprime una critica severa della gestione politica della finanza americana e del sistema bancario americano. Una critica che Stiglitz propone da molti anni e che è la ragione della sua scarsa popolarità nelle segrete stanze del potere di moneta USA.
L’ineguaglianza economica non è un argomento popolare nella comunità degli economisti, pochi se ne vogliono occupare e per questo il problema è poco conosciuto nelle sue ragioni e nelle sue dinamiche finanziarie. Un problema poco conosciuto, sostiene Stiglitz, è difficilmente affrontabile e risolvibile. La tesi dell’autore è che l’ineguaglianza economica non è un accidente avvenuto senza motivi e senza responsabilità: è la precisa conseguenza di politiche e decisioni volute e perseguite da anni a seguito di specifiche convinzioni ideologiche della classe al potere e degli economisti al suo servizio, quasi tutti imprestati al potere politico proprio dalle grandi banche. Lo stesso vale per la crisi finanziaria all’inizio causa della grande forbice e oggi una delle sue conseguenze. Rivedere quelle decisioni e l’ideologia che le sottende è quindi condizione preliminare per impostare una strategia di uscita.
Le responsabilità dei presidenti da Reagan a Obama, le responsabilità della Banca Federale, presieduta da Alan Greenspan, del segretario del Tesoro USA Timothy Geithner, del suo predecessore Henry Paulson sono indicate senza riserve, insieme a molte altre.
La “deregulation” assunta come ideologia, la assoluta fiducia nei meccanismi di autoregolazione di un mercato libero da qualunque norma o supervisione sono stati secondo Stiglitz a partire dagli anni 80- 90 i motivi che hanno provocato lo sconquasso nel 2008 e la conseguente lunga crisi dalla quale ancora oggi si fa fatica ad uscire. Conseguenze dell’ideologia della deregulation sono state la finanziarizzazione dell’economia e il comportamento sempre più aggressivo e rapinoso delle banche. Gestione del credito predatoria, speculazione indebita sulle carte di credito, prodotti di investimento al limite della truffa (e oltre come i derivati sui prestiti ipotecari “subprime”), leva finanziaria d’azzardo sempre più rischiosa, responsabile di iperbolici arricchimenti e di catastrofiche perdite. Premi e bonus ai manager fuori dalla realtà e… e alla bancarotta il salvataggio da parte del Governo per evitare il rischio del collasso “sistemico”.
Ma la conseguenza sulla quale si concentra l’attenzione dell’autore è la grande forbice che separa i redditi dei super-ricchi e ricchi USA dai redditi dei contribuenti della grande classe media e bassa, una forbice che si allarga sempre di più. Secondo Stiglitz è proprio questa forbice (the great divide) conseguenza prima della deregulation che è poi diventata la struttura matrice della crisi finanziaria e che se non viene controllata invertendone la tendenza è destinata a una catastrofica permanenza.
La medicina che Stiglitz propone è complessa: tasse sugli alti redditi, reintroduzione della separazione tra banche commerciali e banche di investimento, controllo del Governo sulle banche “salvate” con denaro pubblico, rifinanziamento dei prestiti ipotecari in sofferenza. Ma soprattutto revisione dell’ideologia del mercato senza regole e senza controlli: la radice di tutti i mali. Condanna e superamento del luogo comune che il privilegio sugli alti redditi è il motore dell’economia perché gli alti redditi creano occupazione: non è vero ed è documentato il contrario. Su queste affermazioni Stiglitz porta dati precisi e numeri che contraddicono un luogo comune corrente e sostenuto da molti fautori del “mercatismo”. Il motore dell’economia è la domanda, che non è garantita dai consumi di lusso, ma dal grande consumo, dal risparmio e dagli investimenti della classe media.
Una delle logiche conseguenze di questa posizione è che “la grande forbice” non conviene nemmeno alla classe oggi privilegiata dalle strategie finanziarie del governo americano e della Banca Federale. La grande forbice, soffocando le classi sociali intermedie, riduce la domanda e blocca il motore fondamentale dell’economia.
Ci vorranno generazioni per riassorbire l’enorme debito pubblico americano appesantito dai salvataggi seguiti alla crisi del 2008, e sono urgenti radicali riforme di tutta l’architettura del sistema macroeconomico mondiale che oggi ancora struttura il privilegio che ha determinato la crisi e che le grandi banche cercano di conservare perché strumento del loro indebito arricchimento.
Intanto l’Europa, invischiata in una moneta unica priva di governo e di strategia finanziaria operabile, dalla quale non può uscire senza rischiose incognite, bloccata dalle contraddizioni fra il surplus tedesco e i debiti di Italia, Francia, Spagna, Grecia, governata da un Parlamento debole e inefficace aspetta che scoppi il bubbone dei derivati americani che ancora ingombrano, carta priva di valore, le casseforti delle banche tedesche e francesi.
Una pregevole analisi riassuntiva di un pensiero condivisibile. Senza regole una societá moderna che si professa civile nelle sue varie componenti economiche, politiche,morali, non lo è più.Le regole se giuste e corrette non limitano la democrazia e la libertá ma al contrario la rinforzano. Grazie a Nicchio per il regalo offertoci in anteprima. Fritz