Primo Febbraio 2016
Appena diplomato geometra Renato Rolando iniziò nel 1953 la sua vita di costruttore con l’impresa Recchi che gli affidò la direzione lavori per la costruzione della diga di Callabiana sul torrente Strona in provincia di Biella. La diga forma il bacino idrico che regola da 60 anni la fornitura di acqua alle aziende tessili della Valle Strona ed è caratterizzata da una originale struttura formata da prismi verticali cavi di sezione triangolare. Il getto del calcestruzzo per la realizzazione dei prismi richiedeva particolare attenzione: la fluidità dell’impasto del conglomerate cementizio, la compattazione del calcestruzzo nel reticolo delle armature, la complessa carpenteria dei casseri, il cantiere nella stretta valle dello Strona: tutto era difficile per il giovane geometra.
La costruzione della diga avvenne mentre a qualche centinaio di metri più in alto si costruiva la “panoramica Zegna”: diversi smottamenti provocati dal movimento terra per la “Panoramica” rischiarono di travolgere l’intero cantiere della diga.
Il giovane Renato Rolando nelle ore libere dal cantiere girava nelle valli del Biellese con una potente moto Guzzi e la sua figura atletica, il bel sorriso, non erano sfuggiti alla popolazione femminile: i ricordi di quel primo cantiere e delle difficoltà tecniche si mescolavano nei suoi racconti con memorie di avventurosi affetti e di corse notturne sulle strade allora sterrate delle Prealpi biellesi.
La abilità dimostrata nella conduzione di quel primo cantiere venne apprezzata dal fondatore della Recchi e Renato Rolando proseguì la sua carriera con quella impresa per molti anni costruendo dighe in Africa.
Nella mia qualità di assessore competente per gli impianti sportivi incontrai Renato Rolando nel 1989 quando insieme alla Società dell’Acqua Pia Antica Marcia aveva vinto con la sua impresa (CGP) e con la Pubbligest la concessione per la costruzione e gestione dello Stadio che Torino doveva costruire per il campionato mondiale di calcio del 1990.
Avevo partecipato alla commissione che aveva scelto il progetto vincitore in una gara che non è mai stata raccontata nei dettagli ma che fu emblematica del clima imprenditoriale di Torino negli anni 80: il dominio assoluto su tutti i lavori pubblici del “Sistema Torino”. Il “Sistema Torino” (copyright Sole 24 ore) era la informale ufficiosa, non dichiarata, aggregazione delle imprese torinesi finalizzata al controllo degli appalti dei lavori pubblici nella città di Torino e comprensorio. Una aggregazione dalla quale la FIAT non poteva essere lontana e che forse ne era l’arbitro centrale.
Per una ambigua coincidenza, forse più equivoca che ambigua, tutte le imprese torinesi partecipanti alla gara avevano inserito nelle loro offerte clausole “suicide” che avrebbero fatto andare deserta la gara per mancanza di offerte valide. La presenza imprevista di una impresa di Teramo validò la gara. Il Sistema Torino fu preso di contropiede.
La clausola suicida più interessante fu quella della FIAT Engineering che non presentò il “piano economico e finanziario” documento obbligatorio per legge nel caso di concessioni di costruzione e gestione. La motivazione della FIAT era che “non conosceva i proventi della pubblicità”. Proventi che erano invece notissimi alla Juventus (FIAT Agnelli) grazie alla manipolazione che la amministrazione Novelli faceva da anni della concessione della pubblicità allo stadio comunale. La pubblicità veniva data per 300 milioni di lire all’anno quando il suo effettivo valore di mercato era di dieci volte tanto. Sul margine lucravano in molti, ma soprattutto le due squadre Torino e Juventus. Ovviamente la FIAT non poteva dire che “sapeva”, preferì condannare la sua offerta nella speranza che la gara andasse deserta per potersela aggiudicare in seguito a trattativa privata secondo le regole del Sistema Torino.
L’altro grande equivoco dello Stadio delle Alpi fu quello della pista per l’atletica: praticamente fu voluta da Chiusano e Nizzola (Juventus e Torino Calcio) che scrissero in tal senso al sindaco Cardetti azzerando qualunque mio tentativo per non farla.
Vinta la gara il problema del concessionario vincitore fu quello di confrontarsi con la vendetta del “Sistema Torino”: senza quartiere e selvaggia. I due giornali torinesi La Stampa e il foglio locale de La Repubblica aggredivano continuamente l’Amministrazione e la Concessionaria con insinuazioni e articoli settariamente ostili. In modo sistematico si costruiva l’immagine di un affare “sporco”: senza accuse esplicite ma con l’insinuazione indiretta del teorema del “chissà cosa c’è dietro”. Si insinuava che il costo dello stadio sarebbe stato enorme, che la Continassa era una palude nebbiosa, che non sarebbe stato consegnato in tempo… I giornalisti della cronaca torinese cercavano ansiosamente ogni occasione per guadagnarsi il favore della FIAT e del “Principe” di Torino attaccando la Concessionaria, l’Assessore, il Sindaco (Magnani Noja) e in generale l’Amministrazione con articoli settari e volutamente deformi. Le banche Torinesi ritardando crediti e pagamenti, le imprese torinesi ricattavano la concessionaria tentando cartelli e rifiutando servizi.
Renato Rolando, autorevole, competente, deciso, guidava la Concessionaria assediata e contrastava con intelligenza e fermezza ogni aggressione e gli innumerevoli tentativi di sabotaggio.
Due esempi sono particolarmente significativi. Quando Rolando si rese conto che l’ostilità del Sistema Torino avrebbe potuto mettere in seria difficoltà la Concessionaria decise di non far costruire lo stadio alla SOGENE (Impresa del gruppo SAPAM Romagnoli), ma chiese alla impresa Recchi di assumere l’incarico. Recchi accettò, ma poche settimane prima dell’inizio dei lavori si ritirò dall’impegno dicendo che non poteva rischiare le vendette del Sistema Torino. L’ing. Nobili CEO della Sogene, offeso, non volle riprendere l’incarico. In pochi giorni Renato Rolando dovette ridisegnare tutta l’organizzazione del cantiere che invece di essere gestito da una sola impresa centrale sarebbe stato affidato a più di 200 piccole e medie imprese. Lo fece e con grande successo: per la prima volta in Italia una grande opera pubblica è stata realizzata da centinaia di piccole e medie imprese coordinate e organizzate: Lo stadio venne realizzato in venti mesi e consegnato una settimana prima della scadenza di contratto.
Quando i fornitori torinesi di calcestruzzo preconfezionato tentarono il cartello per imporre prezzi artificiosamente maggiorati Renato Rolando in una notte con pezzi tratti dal magazzino rottami della sua impresa costruì una finta centrale di betonaggio. Convocò i fornitori di cls preconfezionato e li obbligò a firmare i contratti di fornitura con la minaccia di attivare la sua “centrale di betonaggio”.
Per far cessare i furti dal cantiere da parte dei Rom accampati sulla curva Est per i primi cinque mesi di cantiere Rolando diede l’incarico della guardiania a tre capi della comunità Rom: i furti cessarono da un giorno all’altro.
I miei scontri con Renato Rolando erano epici. Anche se ero perfettamente al corrente delle vigliaccate sistematiche del Sistema Torino praticate attraverso il servilismo della Giunta e del Consiglio Comunale con l’avallo vergognoso dei media torinesi: era comunque mio dovere difendere la Città. Quando per salvare la continuità dei lavori difendevo la Concessionaria dalle malversazioni amministrative venivo accusato di essere venduto.
Ma in quei venti mesi di cantiere e negli anni successive si formò un rapporto di rispetto e stima nonostante tutte le difficoltà e gli scontri. Grazie a quel rapporto e alla grande professionalità, alla competenza e al tratto umano di Renato Rolando lo Stadio delle Alpi venne consegnato alla Città di Torino nei tempi e nel budget. Il più grande affare mai realizzato da una amministrazione torinese. In seguito grazie ai sindaci Castellani e Chiamparino il più grande regalo dalla Città di Torino alla Fiat/Juventus. Sulla transazione nessuna attenzione da parte della più occhiuta magistratura italiana.
L’arbitrato non venne coltivato dalla Concessionaria e in pratica fu vinto dalla Città: una notizia mai pubblicata né da La Stampa né da La Repubblica che non potevano perdere la faccia dopo mesi di falsificazioni.
In quegli stessi mesi il cantiere della Impresa Recchi per la costruzione del nuovo Tribunale di Torino sforava il budget previsto del 300%, senza che nessuno si permettesse di domandare giustificazioni o di obbiettare: il Sistema Torino.
La grande maggioranza dei torinesi ancora oggi crede che lo Stadio delle Alpi sia stata una vicenda di tangenti e corruzione, ma la cosa assurda e patetica è che anche molti dei giornalisti falsificatori de La Stampa e de La Repubblica lo crede: si sono dimenticati di di aver manipolato e falsato e oggi, dopo un quarto di secolo, credono alle loro bugie.
Con Renato Rolando viene a mancare un personaggio leggendario nella professione e nella migliore tradizione del costruire in Italia per competenza, coraggio, intelligenza e tratto umano.
informazioni più complete sulla vicenda a:
http://members.iinet.net.au/~matteoli/html/Articles/Diziostadio3.html
Grazie
Bellissima storia
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