Le Rivoluzioni Francesi … e oggi?
Nel 1780 l’ignoranza delle masse era la ragione della loro facile manipolabilità da parte di agitatori e oratori appassionati e convincenti, più o meno onesti e illuminati.
Oggi le masse sono sicuramente molto più informate di quanto non lo fossero nel 1780, ma è ragionevole chiedersi “come” sono informate e se la “qualità” della informazione attuale non sia un elemento di debolezza superiore all’ignoranza delle plebi rurali francesi del 1780.
La Rivoluzione Francese, anzi Le Rivoluzioni Francesi (sono almeno tre sovrapposte e variamente correlate secondo Jonathan Israel), non finiscono nel 1794 con il Terrore di Robespierre e Saint Just e con il Termidoro, ma proseguono con le successive forme del Direttorio e con il Consolato (Napoleone, Sieyes e Ducot) fino al confuso e incruento colpo di Stato del 18 Brumaio (9 Novembre) 1799 quando il Generale Napoleone, Primo Console, sulle baionette dei suoi granatieri, assume il controllo della Repubblica che in seguito diventa un Impero per poi concludersi con la restaurazione dei Borboni con Luigi XVIII nel 1814.
La Francia diventa finalmente una Monarchia Costituzionale e la maggior parte delle riforme amministrative, economiche e legali del periodo rivoluzionario, tra cui il codice napoleonico, la suddivisione amministrativa periferica, il sistema educativo, il Parlamento rappresentativo, i rapporti tra Stato e Chiesa, e la base della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo, restano intatte, o quasi. Pronte per le succesive violazioni. Alla fine dunque “le idee” e “la filosofia” vincono, pagando il prezzo carissimo delle migliaia di morti ghigliottinati dal Terrore e dalla successive reazione dei Termidoriani. Per non parlare delle centinaia di migliaia e forse milioni di morti delle guerre napoleoniche (Italia, Egitto, Russia, Inghilterra).
L’Illuminismo di Rousseau, Diderot, Voltaire, Condorcet Jean Antoine e Sophie, Olympe de Gouges, Manon Jeanne Roland, Tom Payne, massacrato da Marat, tradito da Robespierre e Saint Just riuscì a sopravvivere e a lasciare un segno in tutte le successive rivoluzioni della Storia non solo Europea.
Riletta oggi la storia delle Rivoluzioni Francesi (1788-1814) suggerisce una domanda precisa: quali “idee” e quale “filosofia” potrebbero oggi innescare e alimentare una rivoluzione della catastrofe politica che stiamo vivendo in Italia, in Europa e in generale nell’Occidente? Una domanda che mi piacerebbe porre a importanti critici e interpreti del momento come Massimo Cacciari, Dino Cofrancesco, Gianni Pardo per esempio, o a giornalisti come Giacomo Pansa e Piero Ostellino, ma che in qualche modo ognuno di noi, attori secondari, vittime marginali della “catastrofe” e interpreti individuali della “volonté generale”, dovrebbe porsi e alla quale dovrebbe poter dare una personale risposta.
Non ci sono risposte semplici a domande di questa complessità e portata e cercare risposte semplici a problemi complessi è una ricetta per infilarsi in velenosi gineprai. Le spade che tagliano nodi “gordiani” inevitabilmente finiscono per tagliare anche teste e gole, quasi mai quelle meritevoli di essere tagliate, ammesso e non concesso …
Conviene allora cominciare considerando i motivi o le matrici della “complessità”, sperando che da questi si possano trarre indicazioni per una ragionevole semplificazione, ma anche perché spesso, o in molte situazioni, la “complessità” è un muro di paglia costruito per nascondere la volontà di non affrontare i problemi e di non voler vedere la necessità di cambiare. In altre parole la “complessità” è una delle tante maschere della conservazione, particolarmente odiosa e ostinata perché quasi sempre travestita da ragionevole, illuminato buonsenso.
Di seguito propongo alcune delle categorie della attuale complessità che a una prima riflessione vengono in mente, ovviamente ce ne possono essere molte altre e queste stesse si possono articolare in molti modi.
- Il democratismo, la demagogia.
- La globalizzazione
- La macroeconomia, la macrofinanza, la macropolitica.
- La political correctness, il buonismo, il verdismo grossolano
- I “mostri” storici.
- Il pensiero conforme
- L’immagine
- Il “mainstream”
- I grandi guruh
- L’ignoranza
Il democratismo, la demagogia.
Cento anni di democrazia occidentale hanno corrotto il concetto stesso di “democrazia” che è sì il governo del popolo, ma attraverso i delegati e deputati suoi rappresentanti eletti. Questo perché la gestione della democrazia “diretta” è tecnicamente impossibile (fatti salvi i Cantoni della Confederazione Elvetica, ma anche in quel caso con radicali limitazioni e vincoli). I rappresentanti eletti si presume possano essere più facilmente informati, documentati e competenti rispetto alle intere masse, per esprimere in modo plausibile la “volonté generale”. Oggi la rappresentatività dei delegati eletti viene continuamente venduta o corrotta da spurie collusioni con associazioni, istituti, ordini professionali, corporazioni, istituti finanziari o di rappresentanza sindacale. Gli elettori non sono più rappresentati dai delegati eletti che non sono più identificabili né richiamati a responsabilità: il “sistema” nelle sue varie e improbabili forme ha più potere e meno identità e responsabilità del suo Governo delegato dal Popolo. Il risultato è una forma di anarchia mascherata nella quale élite ufficiose e non identificabili possono manovrare il potere per l’interesse di pochi.
La rivoluzione da fare è quella di recuperare il potere agli organi rappresentativi eletti, tagliando ogni forma spuria di collusione e consultazione impropria.
La globalizzazione
L’autonomia dei singoli Paesi, politica, macroeconomica, finanziaria, commerciale…sociale, si è inavvertitamente trasferita a luoghi diversi dai tradizionali Istituti nazionali per andare verso ambiti internazionali: Banca Mondiale, International Monetary Fund, Nazioni Unite, Commissione Europea, World Trade Organisation, ICCC International Climate Change Committee, North Atlantic Treaty Organisation, etc. Questi enti compromettono con le loro decisioni e le loro direttive i processi decisionali nazionali e sostituiscono la rappresentatività degli organi di Governo con la gestione dei loro “charters”, non sono soggetti a verifica elettorale e sono spesso luogo di tradizione del potere “feudale”, con la complicità ufficiosa delle diplomazie dei paesi singoli, partecipi anche modeste del grande potere dei mega istituti “globali”. Le burocrazie dei mega istituti globali sono feroci conservatrici del loro potere e costituiscono roccaforti inattaccabili dalla critica politica nazionale e dalla stampa subalterna. È urgente rinegoziare i rapporti dei singoli Paesi con i charter delle potenti istituzioni sovra-nazionali e aggiornarne il mandato per trovare un equilibrio consistente con la attuale situazione dei rapporti tra le autonomie nazionali l’azione di questi istituti.
La macroeconomia, la macrofinanza, la macropolitica.
La struttura dei sistemi di scambio economico, macroeconomico e finanziario è radicalmente cambiata negli ultimi 15-20 anni. Allo scambio di merci e di titoli si sono sostituiti scambi di valori futuri virtuali confezionati in modo talmente complesso da impedirne la verifica e il controllo. Oggi gli arricchimenti plurimiliardari in tempi brevissimi attraverso operazioni virtuali dominano i sistemi economici nazionali e internazionali. La produzione di beni, il lavoro e gli investimenti tecnologici e industriali sono penalizzati sacrificati e praticamente annichiliti dai processi di finanziarizzazione in corso e consolidati.
Senza rinunciare agli enormi vantaggi della comunicazione informatica i suoi effetti sul sistema di scambi vanno gestiti da adeguate normative che tutelino i valori fondamentali del lavoro e degli investimenti produttivi nei confronti della speculazione finanziaria di terzo e quarto livello.
La political correctness, il buonismo, il verdismo grossolano
Prodotti della corruzione della dialettica di sinistra avvenuta negli ultimi cento anni di storia con catastrofica accelerazione negli ultimi trenta anni. Le realtà e le prassi socialmente e culturalmente scomode, ma comunque necessarie, vengono confezionate ipocritamente con formule apparentemente di sinistra e avanzate, in realtà retrive e grettamente reazionarie, ma “comode” perché facilmente vendibili alla gente.
Emblematico il terrorismo scientifico del verdismo grossolano gloriosamente portato dalla ignoranza brutale delle più elementari verità documentate. Esempio chiaro e attuale il dibattito comandato dai verdi grossolani sul problema degli OGM che in Italia sta compromettendo lo svolgimento dell’innovazione scientifica nel campo della zootecnia della agricoltura e dell’alimentazione. Vergognosa la subalternità dei media. Sull’ignoranza non ci sono rivoluzioni che tengano, come sapevano bene anche gli illuministi del 1780: ci vuole investimento sistemico e pluri-generazionale nell’educazione, ma anche questo purtroppo rischia di subire il condizionamento fanatico e retrivo del verdismo grossolano demagogicamente infiltrato nei governi e nei media.
I mostri storici
L’Italia è ancora oggi schiava di alcun i “mostri” storici creati dal fascismo, dalla Seconda Guerra Mondiale, dalla Guerra Civile seguita alla SGM, dalla religione cattolica e dal Vaticano, dal potere mafioso e para-mafioso, dalla magistratura di parte … la mistificazione del 1968, i “compagni che sbagliano”, la prevaricazione del Partito Comunista sulla cultura e sulla dialettica politica Italiana degli ultimi 60 anni e la consociazione fra Democrazia Cristiana e Partito Comunista degli ultimi 40 anni, l’orrore giustizialista di “mani pulite”, l’inquisizione a senso unico di quelli che non-potevano-non-sapere, i cripto-colpi di stato di Scalfaro e di Napolitano.
Questi “mostri” vanno snidati, denunciati e smantellati per recuperare un pensiero e la formazione di un ideale sociale e politico libero.
Il pensiero conforme
A fronte di una storia antica, rinascimentale di libertà comunali e delle “Signorie” l’Italia è oggi immersa nella viscosità di un pensiero “conforme” incapace di riscattarsi dal dominio del sistema di educazione e di informazione insediato. Vanno recuperati i valori di una dialettica “libera” dalle categorie della conformità subalterna imposta dai media del potere e di una opposizione che in realtà ne condivide tutte le responsabilità.
L’immagine
“Una democrazia non può esistere se non si mette sotto controllo la televisione, o più precisamente non può esistere a lungo fino a quando il potere della televisione non sarà pienamente scoperto.” (Karl R. Popper)
Una importante quota dell’informazione che viene oggi fornita al pubblico utente, se non la quota massima, viene veicolata in modo indiretto se non subliminale attraverso le immagini. La televisione, i suoi personaggi i suoi miti costruiti artificialmente con la complicità della stampa produce modelli di comportamento e modelli di pensiero straordinariamente efficaci e praticamente intoccabili dalla critica proprio per la forma implicita con la quale sono supportati. La potenza dell’immagine sul pensiero conforme e sulle sue saponose conseguenze deve essere oggetto di critica attenta e severa: tutte le forme di coartazione diretta e indiretta del pensiero individuale e collettivo per mezzo di “immagine” sono sospettabili e vanno denunciate come serio attentato alla libertà di espressione individuale e sociale che sono valori strutturali della democrazia praticata. Di questo processo sono responsabili in vario modo o con diversa responsabilità i media, il “mainstream”, i grandi guruh tutti luoghi di elaborazione e di imposizione del pensiero conforme e dell’immagine. Mostro di letale efficacia il mezzo televisivo e oggi i social media del WEB.
Ovviamente non esiste nessun San Giorgio che possa uccidere questo mostro anche perché è un mostro che contiene e rappresenta un pezzo sostanziale della stessa libertà di espressione che si vorrebbe tutelare. Il dilemma dell’onesto e illuminato dittatore o machiavelliano Principe. Si tratta quindi di un mostro che va addomesticato al quale bisogna dare gli anticorpi intellettuali e culturali che neutralizzino la potenzialità velenosa. Educazione quindi fin dalle scuole elementari finalizzata a mettere nel cervello della gente gli elementi di critica e scetticismo indispensabili a filtrare e a proteggersi dagli inquinamenti portati da immagini e modelli comportamentali strumentali e avvelenati. Si tratta di un lungo percorso di cultura e civiltà. Potrebbe essere utile la lettura di alcuni testi fondamentali come “Scienza e Falsificazione”, “Cattiva Maestra Televisione”, “La Miseria dello Storicismo” di Karl Popper e sul piano più divulgativo e storico “La fattoria degli Animali” e “Omaggio alla Catalogna” di George Orwell, e il classico fondamentale di Niccolò Machiavelli “Il Principe”.
L’ignoranza
Forse il tema più importante fra le condizioni della “complessità” che dobbiamo affrontare. Come nel 1780 l’ignoranza consentì l’innesco della “filosofia” come motore primo dei movimenti rivoluzionari che caratterizzarono i grandi cambiamenti nella Francia di luigi XVI, l’ignoranza oggi si è trasformata in “condizionamento qualitativo” dell’informazione e della educazione, ed è il luogo nodale di un possibile innesco di cambiamento dei moduli di pensiero. Mentre nel 1780 l’ignoranza era semplicemente la non conoscenza di fatti e cose oggi l’ignoranza si manifesta come “credere di sapere”. Un dettaglio importante: infatti è molto più facile informare “chi non sa” che informare chi “crede di sapere”. Il prodotto dei sistemi di informazione e di educazione oggi dominanti nella organizzazione sociale e politica moderna sono masse di soggetti che “credono di sapere”. Ovviamente quello che credono di sapere corrisponde esattamente a quello che i sistemi di potere insediato e dominanti vogliono che si creda di sapere.
Quoi des philosophes?
Ho esposto un tentativo fra i molti possibili schemi delle matrici della complessità che va affrontata e risolta senza semplificazioni per poter promuovere un pensiero capace di innescare, sulla catastrofe che caratterizza il fallimento delle democrazie occidentali, un rinnovamento e uno svolgimento verso un nuovo ordine politico, sociale ed economico ambientale, disperatamente urgente e necessario. Un progetto di lungo termine per il quale non si vede ancora emergere una “filosofia” portante, come lo fu l’Illuminismo per le Rivoluzioni Francesi dal 1785 al 1799. Qualcosa di paragonabile a quello che avvenne in Francia negli anni 1780, possibilmente evitando la tragedia del fanatismo radicale di moderni Marat, e il tradimento di Robespierre e Saint Just.
Il collasso dei sistemi di governo, i radicali cambiamenti politici, sociali ed economici sono sempre stati nella storia processi costosi sotto tutti gli aspetti: quello delle idee e quello dei sacrifici fisici, tanto più costosi e, alla fine, inutili se non dannosi, quando non sono stati sostenuti da un solido supporto concettuale, dalla filosofia, da una visione progettuale teorica e pratica chiara e partecipata.
Una riflessione sulla attuale disponibilità di questa visione, una ricerca sulle attuali correnti di pensiero e sulla produzione dei “maitres a penser” oggi attivi è però scoraggiante. La produzione di Fondazioni, Istituti, Università, organismi di governo e di riflessione concettuale è sostanzialmente dominata dalla congiuntura di breve termine: sostenibilità, cambiamento del clima, GFC Grande Crisi Finanziaria. Molti “scenari” geopolitici e proiezioni di futuri probabili impostati sul “more of the same” o quasi.
I filosofi oggi si occupano di astrazioni speculative algide e assolutamente incomprensibili per il pubblico vasto: pensiero debole, decostruzione, grammatologia, “sapere intorno al senso dell’intero”, metafisica della presenza, fonocentrismo e logocentrismo… portare queste riflessioni sul piano della prassi e della guida di sistemi sociali è impossibile se non specificamente interdetto.
Senza una visione concettuale portante chiara e partecipata, senza una “filosofia”, le “rivoluzioni” future saranno costosissime, sia per il sacrificio fisico e di vite umane, sia per la violenza che inevitabilmente imporranno alle modalità di governo successive ed emergenti.