Lorenzo Matteoli 26 Aprile 2016
Ho letto con attenzione le cronache del 25 Aprile sulla stampa Italiana. Una celebrazione sempre più sterile e sempre più lontana dalla storia di quello che è successo veramente in quella tragica primavera. Se mai lo ha rappresentato. La sconfitta meritata di un regime corrotto e assoluto seguita da una guerra civile tra i difensori di quel regime e la “Resistenza” controllata da un partito che voleva cogliere l’occasione per imporre in Italia un regime uguale e forse peggiore di quello appena sconfitto. Facendo finta di “liberare” il Paese. Ci sarebbe riuscita non ci fossero stati “gli Alleati”.
Il capo del Fascismo sconfitto, travestito da soldato straniero, in fuga che si portava via ”l’oro”, sicuramente maltolto al Paese e comunque poi “sparito”, non nelle acque scure del Lario davanti a Dongo Molto probabilmente in luoghi ancora più scuri e ancora oggi segreti. Forse con qualche pesante responsabilità ufficiale: qualcuno con quell’oro è diventato molto ricco. Qualcuno è stato fatto tacere per sempre, in un modo o nell’altro. Nulla di tutto questo sui libri di storia e dalle cronache cassato da tempo.
Il vuoto sostanziale della celebrazione è reso ancora più squallido dal fiume di parole dei celebranti, tesi a riempire di retorica bolsa una ricorrenza che forse sarebbe bene dimenticare, visto che non la si vuole ricordare per quello che è stata effettivamente: una sconfitta e la fine di una guerra civile. La generazione di “Bella Ciao” non ne sa nulla.
Non c’è vergogna nel celebrare una sconfitta, esempio sublime, alla stessa data del 25 Aprile, la celebrazione ANZAC (Australia & New Zealand Armed Corps) della tragedia di Gallipoli. C’è vergogna nel volerla trasformare in vittoria, falsificando la storia. C’è vergogna nell’appropriarsene in modo settario.
Ma la cosa più umiliante per l’Italia è la totale assenza, nelle liturgie ufficiali, di qualunque memoria, ricordo, riconoscimento, menzione dei 138.389 morti degli eserciti “alleati”: americani, inglesi, australiani, polacchi, neozelandesi, canadesi, francesi, marocchini, senegalesi, algerini che hanno “liberato” l’Italia, insieme ai 44.000 morti italiani, ufficialmente qualificati come partigiani[1].
Nelle cronache milanesi per il contributo dei combattenti stranieri si leggono solo gli insulti alla “Brigata Ebraica” (83 morti e 200 feriti nella campagna d’Italia).
Una vergogna senza riscatto.
[1] fonte Ufficio della Presidenza della Repubblica Italiana
No Lorenzo, non posso condividere questa volta il tuo pensiero. Giustissimo ricordare i morti dei paesi alleati; ma ingiusto demonizzare così la resistenza italiana. Mario
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Non demonizzo la “resistenza”. Condanno la sua celebrazione settaria e politicamente strumentale.
Una celebrazione che “dimentica” 140 mila morti, che insulta vergognosamente gli eroi della Brigata Ebraica non fa onore proprio alla “Resistenza”. La dimenticanza colpevole, il mancato riconoscimento, l’offesa vergognosa, sono l’emblema di una cultura che non fa certo onore ai 44 mila partigiani morti. Non sono io che “demonizzo” sono i celebtranti goffi e dimentichi che demonizzano.