Lorenzo Matteoli, 5 agosto, 2016
La parabola di Matteo Renzi sembra oramai avere inesorabilmente imboccato la fase discendente: il referendum immangiabile difficilmente passerà anche se legato alla sua persona, tanto che viene il sospetto che questo esito sia proprio quello voluto dallo stesso Renzi per “ripulire” lo scenario da troppi ingombranti corpaccioni, creare una “tabula rasa” sulla quale ricominciare da tre, o da due, o da uno. Le riforme pasticciate e piene di involuti compromessi è meglio che restino per sempre nella palude della viscosa incertezza e dei labirinti procedurali. Tutti coloro, e io fra questi, che avevano riposto speranze nel più giovane premier della storia della Repubblica devono rimangiarsele e adeguarsi alla nuova delusione, chiedersi qualche ragione, cercare qualche risposta. Non è facile capire come abbia fatto Matteo Renzi a bruciare l’enorme capitale politico che aveva a disposizione solo un anno fa, una risposta che forse avremo fra qualche anno, se mai l’avremo. Abituati oramai da un paese e da una storia dove le domande superano per fattori le risposte. Travolto dalla sua leggerezza, travolto dalla viscosità del sistema Italia, travolto da un partito dimezzato che non è riuscito a “debersanizzare”, travolto da una granitica burocrazia insediata da mezzo secolo, abbandonato da “poteri forti” che forse non sono mai esistiti se non nella fantasia dei media, travolto da un’Europa inerte e incompetente, Matteo Renzi continua a recitare una “narrazione” sempre meno credibile e si agita a sbalzo, nel vuoto come i personaggi di Walt Disney che continuano a correre perché non si sono accorti che stanno precipitando.
L’unica cosa che avrebbe dovuto fare, e avrebbe potuto farla se avesse investito la fresca credibilità iniziale, il taglio della spesa pubblica clientelare e parassitaria, non l’ha fatta e sarebbe bastata quella per garantirgli un formidabile, solido, incontrastato futuro.
La rinuncia all’illusione è un difficile esercizio al quale l’enorme massa del ceto medio italiano è abituata fino all’assuefazione: nell’assenza di personaggi, proposte, idee, visioni i milioni di voti andranno all’indifferenza dell’assenteismo e qualche frangia finirà dispersa nelle non-ideologie a-politiche inutilmente e pericolosamente estreme.
Una idea “liberal”, progressista, laica e sinceramente democratica difficilmente si può accontentare di Salvini, Grillo, Cuperlo, Bersani, Brunetta, Santanchè e il resto non esiste.
Il Paese, la sua storia, la sua cultura, la sua gente meritano di meglio e sapranno trovarlo.
Adesso anche le vecchie zie, nelle quali sperava Longanesi, non ci sono più e se ci fossero non saprebbero nemmeno loro cosa fare.
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