Lorenzo Matteoli
7 febbraio 2017
Draghi ha ragione: non esiste una procedura nel Trattato di Maastricht che descriva la possibile uscita dalla moneta unica di uno dei paesi partecipanti.
Non mi risulta che ci siano studi pubblicati che descrivano una possibile roadmap di uscita per un singolo paese, ma sono sicuro che studi di questo genere sono stati fatti e sono correnti in tutte le Banche Centrali e anche alla BCE di Draghi.
Il fatto che non siano pubblicati è significativo e dovrebbe far pensare.
L’ipotesi più ottimista: bancarotta, rapina finanziaria, impoverimento, il paese costretto alla vendita di strutture, infrastrutture risorse: verrebbe praticamente ridotto allo stato coloniale.
La speculazione durante la lunga transizione sarebbe selvaggia e incontenibile.
Quindi le battute sulla possibile uscita unilaterale sono, allo stato attuale, acqua fresca.
L’unico modo di uscire è uno smantellamento concordato e simultaneo da parte di tutti i paesi nell’Euro: provare a immaginarlo.
Quindi l’unica plausibilità è tenerci l’Euro e FARLO FUNZIONARE cambiando radicalmente le regole di Maastricht. Quanto prima.
Che è sostanzialmente, e abbastanza chiaro, il messaggio che Mario Draghi sta dando oramai da tempo sia con le parole sia con la drastica Quantitative Easing Strategy.
Draghi, allo stato attuale, è l’unico cervello pensante in quelle stanze e c’è da immaginare la sua sofferenza negli incontri con dei nani arroganti come Junkers, Merkel, Schultz et al.
PS quanto sopra vale anche per le ipotesi di recente formulazione (Borghi et al …oltre l’euro) di gestire la transizione mediante minibot: i minibot verrebbero aggrediti famelicamente dalla speculazione internazionale e polverizzati tanto quanto una neo-lira. Il trappolone della moneta unica è molto più malvagio, complicato e viscoso di quanto i semplificatori dell’eurexit vogliano far credere. Con buona pace di Salvini.