Lorenzo Matteoli
5 maggio, 2017
Una moneta è solo una particella elementare di un sistema monetario, di una macroeconomia nella dimensione geopolitica del termine. Purtroppo è particella elementare con un valore di immagine emblematico decisamente superiore alla sua effettiva sostanza. Immagine che per questo è diventata a sua volta …sostanziale.
Il sistema monetario, la struttura che contiene e condiziona gli scambi di merci, capitali, lavoro, infrastrutture, servizi, prezzi e costi, rischi, spesa sociale, speranze…vita, è una macchina di enorme complessità.
Era complessa nei singoli paesi, ma la complessità è aumentata per ordini di grandezza, non per fattori, quando la moneta è diventata “comune” a molti paesi diversi per geografia, storia, cultura, territorio…
Gli ingranaggi di questa ipotetica macchina non sono tutti di acciaio temprato con denti rigorosamente contati e rapporti di raffinata precisione meccanica, come quelli di un cambio Shimano, ma sono “molli” plastici, flessibili. Cambiano nelle ore e nei giorni, nei luoghi e nei processi territoriali e industriali. Le pulegge, le catene di trasmissione della forza motrice da una parte all’altra della complicata, mostruosa macchina macroeconomica/monetaria sono anche loro elastiche, flessibili, alcune invece rigidissime e assolutamente indeformabili.
Questa immagine per descrivere la difficoltà di regolare il sistema monetario e la macroeconomia nella quale opera ma che allo stesso tempo condiziona.
Sulla moneta agiscono, ma ne sono anche condizionati, salari, costi industriali, prezzi, importazioni, export, materie prime, energia, rischi…guerre…
Sulla moneta dovrebbero anche agire costi ambientali, inquinamento, rifiuti, catastrofi meteo probabili, alluvioni e siccità, ma purtroppo non è così. Con tutte le conseguenze planetarie sconosciute future.
L’immagine dovrebbe anche suggerire prudenza ai molti apprendisti stregoni dell’Eurexit, agli economisti bambinoni che giocano con termini surreali (i.e., moneta fiscale), assolutamente indefinibili, inaccettabili, in termini bancabili, salariali, di scambio sui mercati finanziari internazionali. Ma anche nei mercati rionali e a Porta Palazzo, Torino per gli stranieri.
Lo smercio di questi termini lo definirei come roba da “pataccari della macroeconomia” (© lm !!) …se mi si consente. E anche se non mi si consente.
A maggior ragione l’immagine dovrebbe suggerire prudenza ai loro entusiastici, o fanatici, seguaci dei vari Bar Sport dell’exit-dibattito corrente.
L’immagine deve suggerire prudenza anche a me che la invento e la propongo: perché anch’io di tutta quella complessità capisco poco e ne parlo per intuizione di pancia, ma non per macroeconomica competenza. Voglio dire numeri, rapporti, indici, correlazioni e conseguenze. Mi metto quindi anch’io nella categoria dei pataccari. La differenza è che almeno io ne ho il sospetto.
La “macchina” è diventata incontrollabile, le leve che una volta la controllavano non sono più efficaci: si sono rotti i cavetti che le collegavano alle parti vitali del mostruoso meccano. I freni, le frizioni, i volanti che una volta manovrati facevano funzionare la macchina secondo la volontà dei guidatori, non solo non rispondono più in modo conseguente, ma rispondono in modo bizzarro, aleatorio, caotico.
Sono necessari e urgenti interventi di ripristino e aggiustaggio della “macchina”. Interventi che vanno fatti mentre la macchina funziona perché anche se fuori controllo la macchina, per definizione imperativa e ineccepibile, non si può fermare.
Ci vogliono meccanici che sappiano aggiustare, sostituire, inventare, ingranaggi, leve, pulegge, ma che sappiano anche per quali obbiettivi e scopi vanno fatte le modifiche e gli aggiustamenti.
Fuori dalla metafora meccanica abbiamo bisogno di una competenza macroeconomica, finanziaria, banchiera, monetaria che abbia anche la cultura politica indispensabile per la complessa operazione. Gente di moneta dotata anche di visione culturale e politica. Non solo banchieri o esperti di economia. Non solo politici. Perché le due competenze separate sarebbero, sono, pericolosissime.
Come sta dimostrando l’attuale lenta e inesorabile dinamica catastrofica che è proprio la conseguenza della gestione monoculturale che ha caratterizzato il sistema monetario, macroeconomico negli ultimi 20 anni…30?…forse 40…
Andrea Ketoff ha commentato:
Lorenzo,
giustissimo ricordare che la moneta è la particella elementare di un sistema altamente complesso che consente all’economia — mondiale o famigliare che sia — di funzionare.
La macroeconomia aiuta a capirne le correlazioni, ma ci sono implicazioni di materia culturale, antropologica e soprattutto etica.
Semplificare dovrebbe essere l’approccio corretto, e gli accordi di Bretton Woods sono considerati un punto di riferimento metodologico. Sono stati abbandonati da 45 anni ma non si è mai più riusciti a riprendere le fila di un ragionamento costruttivo e “semplificante”.
La deregulation ha consentito la pervasività e le folli perversioni della finanza, la più grande macchina da soldi i cui rischi, danni ma anche vantaggi, ricadono sull’economia reale. La finanza si che è un mostro, perché l’etica ne è completamente assente. In alcune culture è vietato, e già Aristotele ci diceva che non è etico fare i soldi con i soldi.
Secondo me il mostro non è la moneta, non va demonizzata ma solo conosciuta, addomesticata e gestita. Un ruolo che in teoria oggi spetta ai banchieri centrali.
A presto, AK