27 giugno 2017
Lorenzo Matteoli
Dopo i ballottaggi la stampa italiana gronda analisi del voto.
Le battute correnti sono: crollo del PD e bruciatura (relativa) dell’M5S, ritorno di Berlusconi inquinato da Salvini, trionfo delle liste civiche. Il luogo comune dei commenti vuole Renzi responsabile dello smacco del PD e si sventola ancora la sconfitta al referendum Costituzionale del 4 dicembre e la sua mancata analisi come matrice della crisi del Partito di Renzi.
Unanime l’esecrazione dell’assenteismo che viene indicato come responsabile complessivo del degrado del dibattito politico in Italia o sua principale conseguenza. A seconda della posizione dei commentatori.
Mi riesce difficile concordare con il paradigma analitico complessivo del voto alle ultime amministrative e ai ballottaggi conclusivi del rituale. Anzi non sono proprio d’accordo con nessuna delle analisi proposte e correnti.
La mia personale interpretazione del voto è che gli elettori hanno preferito votare per le proposte più chiaramente identificabili. Belle o brutte che fossero. Come sempre la gente vota quello che capisce e identifica. Chi non esprime o non ha identità viene ignorato. Come è giusto.
La drammatizzazione dell’assenteismo è un’altra cosa che a mio avviso viene esagerata. L’opinione di chi non ha voglia di votare conta poco o niente e costringere a votare chi non ha opinione non chiarisce il dato politico perché sarebbero voti dati a caso e non basati su visione chiara e critica rappresentativa di alcunché. Quindi meglio che stiano a casa quelli che non hanno opinione specifica. Non solo non sarebbero rilevanti, ma inquinerebbero i risultati.
Il criterio ‘identità’ spiega la sconfitta del PD: il bailamme provocato dalla litigiosità interna, dai conflitti dei dinosauri, dall’incertezza con la quale Renzi ha gestito i litiganti non ha certo contribuito a far capire agli elettori quale sia la effettiva identità del PD. Ci sono giustificati dubbi che questa identità sia nota anche agli attori del teatrino litigioso. La domanda su quale sia esattamente la sinistra di Bersani, o quella di Dalema, o quella di Cuperlo provocherebbe fluviali risposte tanto lunghe quanto oscure e pasticciate…per dirla in modo gentile. E Renzi non sarebbe molto meglio di fronte alla stessa domanda. Tutti ancora immersi nell’ideologismo di antica scuola…roba da terza glaciazione per la generazione twit e chat.
Gli attori post ideologici, liste civiche, Pizzarotti, da una parte e simmetrici Berlusconi e Salvini parlano linguaggi più pedestri e ruspanti, ma leggibili e comprensibili all’elettorato che, meno male, mediamente non è formato da sofisticati analisti della politologia decadente italiana.
Le previsioni per le prossime elezioni politiche sono difficili da fare perché il profilo generale dell’elettorato come esce da queste amministrative è di elevata fluidità. Mentre una volta la mobilità degli elettori era limitata a basse percentuali se non a tassi zero virgola%, oggi si spostano a botte di due cifra percentuali su motivazioni congiunturali ineffabili. Quindi non pronuncerei condanne definitive per nessuno. Nessuno è morto e tutti possono morire.
Alle prossime politiche vincerà chi sarà identificabile dagli elettori, chi si porrà i problemi reali degli elettori e saprà darne una visione risolutiva credibile e non pasticciata.
Con questa presunzione devo esprimere la mia riserva sul tentativo di Pisapia di appiccicare le venticinque sinistre correnti italiane, tentativo che, per la sua ipotesi di base, darà luogo a un polpettone pieno di compromessi, non detti, saponose dialettiche e tensioni nascoste.
Questa sinistra pasticciata, fatta di egoismi latenti, di gelosie inespresse e violente, di memorie scomode non ammesse o negate, è forse l’unica cosa veramente morta oggi in Italia. Ogni tentativo di riappiccicarla è destinato a fallire.
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