La strategia del Governo Francese contro la radicalizzazione islamica.

 

25 febbraio 2018

Il Governo Francese ha annunciato ieri 60 misure di lotta contro la radicalizzazione islamica.

Isolamento dei fanatici islamici nelle carceri, controllo e chiusura delle madrase non autorizzate (scuole private di insegnamento del Corano), i criteri ‘caso per caso’ per la riammissione in Francia dei jihadisti che ritornano dopo aver militato nell’esercito del Califfato, controllo della presenza di poliziotti islamici negli organici della polizia…

Non è la prima volta nella storia moderna che il governo di un paese assume iniziative per il controllo e la repressione di ideologie che ritiene contrarie alla sua costituzione o alla cultura delle sue istituzioni e del suo regime.

È però sicuramente la prima volta che questo avviene da parte del governo di un paese che rappresenta nel mondo l’emblema fin dell’istituto democratico repubblicano.

Si tratta evidentemente di una circostanza di eccezionale gravità. È legittimo pensare che il Governo Francese reagisca a quella che ritiene essere una aggressione violenta, condotta e strutturata da una ideologia para-religiosa che promuove comportamenti socialmente aggressivi e criminali, potenzialmente capaci di destabilizzare la vita civile e la democrazia del paese e delle sue istituzioni.

Quando nella storia moderna una circostanza del genere si era verificata in precedenza si è sempre trattato di regimi totalitari che reprimevano l’opposizione legittima e dovuta: l’Italia di Mussolini, la Spagna di Franco, la Germania di Hitler, la Russia di Stalin. Storie molto diverse.

Interessante, e anche preoccupante, il caso degli Stati Uniti e del maccartismo degli anni 1950: una fase che venne stroncata dal Presidente Eisenhower, ma che resta significativa delle caratteristiche culturali della democrazia negli Stati Uniti, non sempre prive di ombre.

La linea che separa il diritto di avere opinioni diverse e contrarie a quelle del governo e di manifestarle, dalla promozione di idee socialmente aggressive e criminali dovrebbe essere una linea netta e chiara. Ma evidentemente così non è. O così non si vuole che sia.

Abbiamo avuto e abbiamo situazioni italiane che chiaramente aggrediscono alla base le nostre istituzioni democratiche e la convivenza civile, a suo tempo le Brigate Rosse, tollerate a lungo come ‘compagni che sbagliavano’ fino a quando, molto tardi, non hanno rivelato la loro vera matrice sovversiva armata. Abbiamo i movimenti aggressivi di opposizione alla TAV in Val di Susa, abbiamo organizzazioni violente aggressive sempre presenti in tutte le manifestazioni di piazza che agiscono in modo aggressivo e criminale (i c.d. Black Block). Abbiamo la più potente diffusa e radicata organizzazione aggressiva criminale nota in tutto il mondo come Mafia.

Il governo francese ha individuato la pericolosità del fanatismo islamico e si attrezza per contrastarlo e ha definito con rigore la linea che separa l’aggressione criminale alle istituzioni, anche condotta con la promozione ideologica, dall’esercizio di una corretta opposizione democratica. E su quella linea si attesta con la certezza di chi ha una solida storia alle spalle.

Mi corre l’obbligo di ricordare a chiusura di questa riflessione il mio incontro con il Procuratore Bruno Caccia a Torino che mi aveva chiesto cosa succedeva in Facoltà di Architettura (era l’anno 1974) dopo avere ascoltato con attenzione il mio racconto mi disse, severissimo: “Fate molta attenzione perché in queste cose si sa come si comincia, ma non si sa come si finisce.”

Il Procuratore Bruno Caccia  aveva ben chiara le linea che separa l’esercizio dell’opposizione democratica dalla sovversione criminale.

Informazioni su matteolilorenzo

Architetto, Professore in Pensione (Politecnico di Torino, Tecnologia dell'Architettura), esperto in climatologia urbana ed edilizia, energia/ambiente/economia. Vivo in Australia dal 1993
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