L’ultimo libro di Yanis Varoufakis
Sulla saga Grecia/Eurofin/CE
Uscirà a settembre nel programma editoriale de La Nave di Teseo il secondo volume della saga di Yanis Varoufakis, Ministro delle Finanze del Governo Syriza, alla Commissione Europea, la storia del suo appassionato e competente tentativo di convincere l’Europa a rinegoziare il debito Greco per renderlo sostenibile senza costringere la Grecia a vendere l’argenteria, chiudere gli ospedali, affamare i pensionati e azzerare qualunque servizio di assistenza sociale.
Il debito sovrano della Grecia, ereditato dal governo Syriza (Primo Ministro Alexis Tsipras), dopo decenni di corruzione dei governi precedenti, sistematica incontrollata evasione fiscale, privilegi clientelari agli armatori e imprenditori ‘amici’, sprechi strutturali e finanza criminale, era stato negli ultimi anni spinto all’insostenibilità dalla speculazione sui buoni del tesoro greco delle banche francesi e tedesche e, per evitare il default greco nei confronti di quelle banche, la Commissione Europea aveva concesso finanziamenti, qualificati come ‘salvataggi’ della Grecia, mentre in realtà erano salvataggi delle banche tedesche e francesi che, dopo avere riscosso interessi usurari sui titoli del tesoro greco, in caso di default, avrebbero subito un collasso che avrebbe coinvolto in modo sistemico tutto il bacino dell’Euro e le sue ramificazioni mondiali, con catastrofiche conseguenze finanziarie e politiche.
In sostanza le banche tedesche e francesi, con evidente ricatto politico/finanziario, imposto a colpi di manipolate maggioranze nell’Eurofin, dopo aver pesantemente speculato sul debito greco, invece di assumersi la responsabilità della rischiosa speculazione e pagarne il costo, hanno fatto ricorso al finanziamento della Commissione Europea che ha coperto il ‘buco’ greco con ripetuti interventi di emergenza. Nell’operazione finanziaria veniva anche coinvolto il Fondo Monetario Internazionale (diretto da Christine Lagarde) che interveniva con denaro di Paesi che con l’Europa non avevano nulla a che vedere (i.e. Brasile) e che avrebbero in seguito espresso severe riserve.
Il racconto di Yanis documenta le complesse trattative con l’Eurofin (Presidente l’olandese Jeroen Dijsselbloem), la Banca Centrale Europea (Mario Draghi) le manovre dei vari ministri delle finanze, i risvolti della vicenda nella politica interna Greca, lo schema della proposta negoziale greca per la ristrutturazione del debito e le posizioni dei vari responsabili della burocrazia di Bruxelles (CE), di Francoforte (BCE) e del Fondo Monetario Internazionale (FMI), la pressione dei governi francese e tedesco sul FMI e sulla C.E. Il tutto mette in evidenza un quadro di opacità, di lacuna normativa e di prevaricazione che è eufemistico definire preoccupante. Ancora più preoccupante è la inadeguatezza della struttura burocratica di Bruxelles e il pesante controllo sui suoi organi collegiali da parte di Francia e Germania.
Il racconto di Yanis è drammatico e intenso, la sua vicenda personale, il dramma del professore di economia prestato alla politica e scaraventato nel vortice e negli intrighi della finanza globale, la sua partecipazione appassionata e impotente all’ineludibile catarsi, l’abbandono da parte del suo primo ministro Alexis Tsipras, fanno di questo libro un thriller politico/finanziario di grande attualità. Il libro si legge cover to cover senza difficoltà: la complessità delle dinamiche finanziarie è spiegata con precisione didattica dal professore/ministro/autore Yanis e non richiede competenza specifica da parte del lettore ‘finanziariamente laico’.
Un bel manuale di finanza globale, comprensibile, avvincente, documentato, attuale e drammatico. La cronaca umana di un a battaglia politica appassionata, di una sconfitta dell’Europa.
Riflessione conclusiva: Sarebbe interessante, in una ipotetica appendice al libro di Yanis Varoufakis, avere un elenco delle istituzioni e delle banche che hanno comperato assetti patrimoniali della Grecia, costretta a svendere l’argenteriadal rigore teutonico del feroce Wolfgang Schäuble (Ministro delle Finanze della Germania Federale), che ha negato, in modo fazioso, pregiudiziale o strumentale, qualunque possibile ristrutturazione del debito greco (Give me back my money/Geben Sie mir mein Geld zurück). Il sospetto che l’Eurofin, opportunamente indirizzato da Francia e Germania, non volesse affatto la restituzione dei soldi, ma tutelasse altri interessi, in modo indiretto e implicito, è infatti più che plausibile e di nuovo molto preoccupante.
Consiglierei la lettura del libro (Adulti nella stanza[2]) a coloro che si interessano alla vicenda politica dell’Euro: la storia della Grecia è emblematica dell’inquietante intrigo CE/BCE/Eurofin/Maastricht che Yanis chiama ‘hotel California’ con riferimento alla nota canzone degli Eagles: un albergo dove si entra facilmente, ma dal quale non si può uscire.[3]
In quel monumento di incredibile irresponsabile ottimismo, o di malvagia voluta strategia, che è il trattato di Maastricht, non è infatti prevista la procedura per un paese che voglia uscire dall’Euro, se non quella di una suicida disponibilità a venire massacrati dalla speculazione della finanza globale e di contribuire all’immane arricchimento di alcune grandi istituzioni finanziarie mondiali grazie alla liquidazione coatta degli assetti patrimoniali nazionali e quindi commissariati e ridotti a colonia o protettorato economico. La vicenda degli ultimi risvolti di Brexit in qualche modo emblematica.
La tragedia della Grecia e del suo governo di sinistra populista (Syriza), dovrebbe far riflettere gli entusiasti boy scoutdella finanza globale, sostenitori di un impossibile e tragico ‘Italexit’. Pensare che, in caso di ‘Italexit’, non ci siano, pronti al saccheggio dei tesori italiani (industrie, infrastrutture, aeroporti, porti, musei, ferrovie, sanità, radio e TV, telefonia, utilities, reti, acqua, strade…), potenti organismi ‘globali’non è solo ingenuo, è politicamente criminale.
Nell’Euro si deve restare per ineludibile necessità conseguenza della obnubilazione di Maastricht, per cambiarne le regole e le procedure, per istruire modalità di gestione, giusta, democratica, trasparente e competente.
Per costruire la vera Europa.
Uscire dall’Euro significherebbe la fine dell’Italia come nazione dell’Europa e l’inizio della sua storia come colonia governata dalla finanza delle multinazionali.
Decisamente una bella ipotesi per chi vaneggia di ‘sovranità’.
Andrea Ketoff ha commentato questa recensione, ecco il suo pensiero:
Un Abbraccio, Andrea
Caro Andrea,
…certo ci vogliono nomi e cognomi dei ‘compratori’ che Y.V. non mette nel suo libro e la mia riflessione conclusiva vuole esser una provocazione in quel senso. E’ vero che le banche non fanno beneficienza e che devono fare soldi, e se riescono a farsi coprire il buco dall’Europa buon per loro (pagheranno i trecento milioni di cittadini Europei) ma la Commissione Europea è un istituto politico … è l’Europa, non deve fare soldi. Deve garantire l’Unione, la continuità, la solidità finanziaria, il ‘sociale’.
Capisco che la Commissione sia interessata a evitare la catastrofe bancaria sistemica, ma quello che non capisco è la negazione feroce alla ristrutturazione del debito, una pervicacia che lascia sospettare altri interessi.
Potevano salvare le banche e …salvare anche la Grecia.
Y.V. ha commesso vari errori, ma forse il più grave è stata l’immagine di arroganza che ha proiettato (da vero professore universitario) sui burocrati che si sono irritati non poco.
Probabilmente senza nemmeno rendersene conto (ho fatto esperienze analoghe come professore e assessore a Torino) i compagni del PSI e la burocrazia soffrivano la professoralità anche se io cercavo in tutti i modi di evitarla. La mia nonna Charlotte von Brockdorf diceva:… mit dein hut in die hände du kannst durch türe un wände (con il tuo cappello in mano puoi passare attraverso porte e muri) e se lo diceva una von brockdorf doveva essere proprio vero.
Nel suo libro Y.V. si riferisce agli altri ministri e alla burocrazia con il termine “i miei nemici”…è ovvio che gli altri lo risentissero, per reciproca simmetria, come loro nemico. Con le inevitabili conseguenze.
Modelli di pensiero: su questo a Bruxelles dovrebbero riflettere seriamente. La caduta di fiducia e di simpatia per l’Europa che oramai marca l’atteggiamento della gente e dei governi europei nei confronti di Bruxelles è il risultato di atteggiamenti e di “modelli di pensiero” che sono incistati nei palazzi Bruxelloisi. Li ho conosciuti quando trattavo con loro da Jakarta: insopportabili, arroganti e spocchiosi, biecamente settari. Quelli che hanno la verità ‘europea’ in tasca.
Ma è il modello della conformità che connota tutte le ‘caste’. Non so quando e come si potrà sciogliere e superare…
Ultima nota: il vuoto di leadership carismatica è pauroso dappertutto. Questa è la conseguenza di mezzo secolo (e più) di degrado del concetto di democrazia, oggi relegata a celebrazione di pecorile assemblearismo. Irreparabile.
Dei media e della loro monumentale responsabilità ne parliamo un’altra volta
Hugs, Lorenzo
Modelli di pensiero
Penso che con questo termine si intendano le modalità critiche di un determinato intorno sociale, politico, culturale. Il paradigma ideologico o ideale, più o meno condiviso e caratteristico, che guida la valutazione di situazioni e le conseguenti decisioni operative di un contesto sociale in un determinato momento della sua storia.
Ci si può chiedere semanticamente che differenza ci sia tra ‘il pensiero’ e ‘il modello di pensiero’. Il pensiero dei sindacati, il pensiero della borghesia, il pensiero del mainstream etc. rispetto al ‘modello del pensiero’. Una discussione interessante che però non voglio svolgere. La condivisione del ‘modello di pensiero’ è condizione determinante, necessaria per la comunicazione fra diverse entità (politiche, sociali, culturali, antropologiche, individuali). Senza condivisione le due entità non possono comunicare e tantomeno comprendersi come se non parlassero o come se fra di loro ci fosse un muro. Questo è evidentemente quello che si è verificato nella vicenda di Yanis Varoufakis e dei suoi interlocutori a Bruxelles, Francoforte, Berlino e Parigi. Quali siano le responsabilità di Varoufakis o degli interlocutori è luogo di analisi specifica. Se sia l’Istituto Politico che deve ascoltare un soggetto del quale è organismo rappresentante o se sia il singolo individuo che deve adeguarsi all’Istituto che lo rappresenta. Da una parte l’Autorità, più o meno assoluta, dall’altra la partecipazione e la comprensione. Due modalità di intendere e di esercitare la democrazia. A mio avviso, anche se professorale, e ‘arrogante’, Varoufakis aveva diritto di essere ascoltato e dialetticamente corrisposto.
La democrazia è un debito degli eletti rappresentanti nei confronti della gente e non un credito.
(l.matteoli)
[1]“Adulti nella Stanza”, Yanis Varoufakis, editore La Nave di Teseo, Milano 2018. (traduzione di Lorenzo Matteoli)
[2] Il titolo si riferisce a una battuta di Christine Lagarde presidente del Fondo Monetario Internazionale che durante una rovente nottata di dibattito/litigi disse: “Per risolvere il problema ci vorrebbero degli adulti in questa stanza”. Christine ha negato che la sua battuta si riferisse a Yanis…non restava quindi che Schäuble e i suoi accoliti ministri finanziari del Nord Europa.
[3][3]“…we are programmed to receive/you can check out any time you like/but you can never leave…”