Rottura fragile istantanea
nei giunti critici della armatura in acciaio
delle travi in cls precompresso
della campata centrale, crollo della campata,
colpo di frusta conseguente sullo strallo del pilone centrale,
successivo crollo del pilone centrale
Questa la mia ipotesi. Per verificarla si dovranno analizzare i lembi delle barre di acciaio usate per la precompressione e tutti i lembi di armatura in acciaio spezzati e fare delle micrografie per analizzare la situazione della struttura cristallina dell’acciaio che dovrebbe denunciare le condizioni per la rottura fragile. La conoscenza dei trattamenti termici subiti dall’acciaio usato per la precompressione del cls è fondamentale per definire con sicurezza le modalità della rottura fragile indotta da vibrazioni o da fenomeni di fatica
Le cause immediate della rottura fragile possono essere state la mazzata del fulmine (se confermato l’evento) moltiplicata da fenomeni di risonanza che hanno provocato la frattura istantanea nell’acciaio ricristallizzato, oppure un sobbalzo particolarmente violento di un carico pesante in transito, anche questo moltiplicato da fenomeni di risonanza.
La ricristallizzazione dell’acciaio può essere avvenuta lentamente nel tempo per le vibrazioni indotte dal traffico o per la iterazione di cambiamenti di segno e di direzione o di intensità delle sollecitazioni in punti critici delle armature di acciaio.
L’analisi dei lembi di frattura dell’acciaio più che quella del cls dovrebbe fornire indicazioni precise.
Quella che è mancata non è stata tanto la manutenzione quanto l’analisi delle diverse condizioni delle strutture e la diagnosi per definire i conseguenti interventi di manutenzione e ripristino, e, al limite, per decidere di chiudere il viadotto. Sarebbe interessante sapere se nel protocollo dei monitoraggi e delle manutenzioni erano compresi sondaggi e analisi di eventuali fenomeni di ricristallizzazione e fatica nei punti critici delle armature in acciaio del cls precompresso.
La sicurezza con la quale la Concessionaria affermava che il viadotto sarebbe rimasto in piedi per cento anni lascia sospettare che non avessero mai nemmeno pensato a fenomeni di ricristallizzazione e di fatica nei nodi cruciali dei cavi di acciaio di pre-tensione del cls e che su quei fenomeni non siano mai state effettuate verifiche sperimentali.
Fra il 1969 e il 1971 il ponte, ultimato da pochi anni, aveva manifestato deformazioni anelastiche enormi per scorrimento viscoso. Deformazioni che avevano sicuramente modificato l’assetto strutturale calcolato dall’ing. Morandi.
La struttura in cls precompresso consentì a suo tempo costi fortemente competitivi rispetto all’ipotesi di struttura in acciaio, ma la durata dei manufatti in cls precompresso e la possibilità di controllo e di interventi manutentivi radicali senza pregiudizio per la funzionalità non sono comparabili con quelle di un’opera in acciaio. Un’altra procedura sulla quale non c’erano informazioni precise relative alla durata di vita utile era il brevetto di pre-tensione dell’ing. Morandi (noto con il nome M5).
I dubbi sui ponti in cls precompresso negli anni 70-80 erano diventati certezze tanto che sull’Autosole (tratto appenninico) tutti i ponti in cls precompresso sono stati sostituiti negli anni ‘80 con ponti in acciaio.
Ci sono molte responsabilità:
° dei progettisti e dei calcolatori della struttura
° di chi ha scelto la soluzione in cls precompresso,
° di chi ha progettato la manutenzione,
° di chi ha operato la manutenzione
° di chi era responsabile del controllo sulla manutenzione
° di chi non ha fatto diagnosi precise sulla condizione delle armature di pretensione in acciaio,
° di chi conoscendo la condizione di rischio strutturale già nota fin dagli anni ‘90 non l’ha denunciata e non ha predisposto l’alternativa e chiuso il viadotto.
Non tutte saranno perseguibili.
(lorenzo matteoli)
Pingback: Non è stato lo strallo! | matteolilorenzo