Polcevera: riflessione completa

 

 

 

Riflessioni sul crollo del
Viadotto sul Polcevera
detto “Condotte” o “Morandi”
per  esprimere una prima ipotesi sulla dinamica, sulle probabili cause
e sulle responsabilità del disastro
ampiamente annunciato

 

Lorenzo Matteoli

14-16 Agosto 2018

 

Il crollo
La struttura di quel viadotto è sempre stata  oggetto di forte critica da parte degli strutturisti.

I tiranti in acciaio pesantemente rivestiti di calcestruzzo erano una contraddizione strutturale evidente. Dopo quasi 55 anni le condizioni dell’acciaio all’interno del calcestruzzo dovevano essere marginali. La dinamica del crollo se verrà identificata sarà utile per capire esattamente cosa è successo. Se è crollata prima la campata o una delle campate il crollo ha provocato un colpo di frusta violentissimo sui tiranti e sul pilone che è crollato immediatamente dopo. Molto probabile anche l’interazione con fenomeni di fragilità e ricristallizzazione nei tiranti di acciaio indotti dalle vibrazioni dovute al traffico di milioni di mezzi pesanti. Ma ci saranno sicuramente analisi e studi approfonditi che spiegheranno esattamente cosa è successo. Forse non avremo mai modo di leggerli .

La costruzione di ponti autostradali negli anni 60 in Italia è stata un campo di battaglia tra i fautori delle strutture in acciaio e i fautori delle strutture in calcestruzzo armato precompresso o non (e fra gli interessi di impresa relativi) e il Viadotto sul Polcevera fu un esempio di struttura in calcestruzzo armato (precompresso nelle travature orizzontali) usato in modo inusuale: tiranti in acciaio rivestiti da pesante involucro in calcestruzzo. Una soluzione strutturale quantomeno strana che fra l’altro rende impossibile la manutenzione e la verifica delle condizioni dei tiranti in acciaio all’interno del cls. Può essere interessante ricordare che tutti i ponti con struttura in cls  armato precompresso dell’Autostrada del Sole (tratto appenninico) sono stati sostituiti negli anni ‘80 con ponti con struttura in acciaio: l’acciaio nelle strutture precompresse era aggredito dal sale usato d’inverno per controllare il ghiaccio sul manto stradale.

Ogni dichiarazione a poche ore dal crollo è comunque pericolosa, ma forse una cosa si può dire con rischio relativo: non era mancata la manutenzione al viadotto sul Polcevera (pressoché impossibile da praticare su quella tecnologia strutturale) quello che è mancato è il coraggio gestionale di dichiarare il ponte pericoloso tre anni fa, chiuderlo, costruire strutture temporanee di sostituzione, demolirlo e ricostruirlo come ponte sospeso in acciaio. Infatti tre anni fa, o comunque quando furono fatti i primi interventi sul pilone 11, c’erano già tutti gli elementi conoscitivi per sapere che il ponte era condannato.

L’idea di mantenerlo in vita con impacchi di acqua calda e cerotti è un classico comportamento da debolezza gestionale. In merito ci saranno certamente state discussioni delle quali non leggeremo mai i verbali. Le attuali dichiarazioni dei responsabili di Autostrade per l’Italia che non c’erano motivi di preoccupazione per la stabilità del ponte non sono credibili.

Il crollo del viadotto sul Polcevera, oltre alla tragedia della perdita di vite, è un vulnus  gravissimo alla credibilità e per la dignità di tutto il sistema Italia.+-

Ex Post
Dalla cronaca e dai racconti dopo il crollo emergono elementi nuovi per descrivere una figura sempre più precisa di quello che è avvenuto e delle vicende precedenti.

Da anni si sapeva che la situazione  strutturale del ponte era “terminale”  gli interventi di manutenzione finalizzati alla sostituzione  con cavi esterni dei cavi interni al calcestruzzo erano fin troppo significativi del giudizio che l’ingegneria dava della affidabilità dei “tiranti” o “stralli”.

Poco si sa, per ora, sulle condizioni delle strutture portanti orizzontali in cls pre-compresso,  ma vanno tenuti presenti i seguenti fattori:

  1. sollecitazioni dinamiche di milioni di passaggi di carichi pesanti (un TIR pesa in genere 40 tonnellate);
  2. vibrazioni di varia frequenza indotte dal traffico che possono aver provocato fenomeni di ri-cristallizzazione e fragilità in punti critici delle armature in acciaio azzerandone la resilienza alla rottura fragile da impatto;
  3. Le vistose deformazioni anelastiche per scorrimento viscoso avvenute negli anni 70 e 71;
  4. rilassamento plastico delle strutture in acciaio teso all’interno delle travi in cls e degrado della precompressione;
  5. modifica dell’assetto strutturale ‘calcolato’ provocata dagli adattamenti delle livellette che si erano resi necessari nei primi anni dopo la costruzione per ristabilire la linearità orizzontale delle campate. Un errore del quale lo stesso Ing. Riccardo Morandi si era reso conto e che lo tormentava non poco.

Sembra da alcune testimonianze che ci sia stato un fulmine che ha colpito in qualche punto il viadotto immediatamente prima del crollo. Un fulmine quando si abbatte su un ostacolo solido è come una potente mazzata che moltiplicata da fenomeni di risonanza può essere stata letale per i possibili nodi della struttura in acciaio resi fragili dalle vibrazioni. La rottura fragile è consistente con la dinamica istantanea del crollo.

Molti operatori negli ultimi tre anni e anche prima, sia all’interno dell’azienda Concessionaria che all’esterno, avevano espresso dubbi sulla affidabilità strutturale del viadotto. Queste opinioni erano state stroncate da dichiarazioni drastiche, “durerà ancora cento anni“,  di alcuni dirigenti della Concessionaria. Dichiarazioni poi usate in modo polemico da Grillo  e dai 5Stelle contro il progetto della “Gronda” (cfr la storia della favoletta).

La storia della favoletta
Il progetto della “gronda” alternativa era stato avversato in sede politica dai rappresentanti del Movimento 5Stelle che avevano qualificato come “favoletta” la tesi della scarsa affidabilità strutturale del viadotto. Nella loro tradizionale opposizione a qualunque opera pubblica in quanto “mangiatoia” (della serie “chi fa ruba” tipica del PCI anni ’70-80).

La vicenda fino a ieri era riportata nel sito web dei 5S ed è stata cassata nella notte fra il 14 e il 15 agosto.

Oggi i 5S accusano di sciacalleria chi ricorda la storia della favoletta. Ma ci sono responsabilità politiche oltre che tecniche nella debolezza del comportamento gestionale che ha impedito di affrontare con decisione tempestiva il problema, responsabilità di “quelli che la politica viene prima della scienza“.  Sarà anche sciacalleria, ma certe cose vanno ricordate perché non se ne perda la forte implicazione didattica. Invece di cancellare la vicenda dal sito web, gesto vergognoso, sarebbe opportuno che i responsabili chiedessero umilmente scusa.

Come tutte le grandi sciagure anche il crollo del viadotto sul Polcevera è un insegnamento crudele e severo che va affrontato con molta umiltà e con molto rispetto per le decine di morti che ha provocato.

Quelli che la politica viene prima della scienza
I fedelissimi del M5S definivano “favoletta”  l’avvertimento sulla pericolosità del viadotto sul Polcevera e giuravano sulla durata futura di cento anni dell’opera per opporsi al progetto della “gronda” e del “terzo valico”. Sempre affezionati all’idea che i lavori pubblici e le opere di infrastruttura sono “mangiatoie”  e alla sindrome, che era anche tipica del PCI, sintetizzata dal “chi fa ruba”.

Può anche essere vero che, specialmente in Italia, chi fa ruba, ma bisogna fare e impedire di rubare. Non farenon è la soluzione. Una differenza importante che sembra incomprensibile a “quelli che la politica viene prima della scienza”. La storia della “favoletta” era anche riportata sul sito web 5S ma è stata tolta con urgenza nella notte fra il 14 e il 15 di Agosto.  Invece del coraggio di scusarsi con la dovuta umiltà, la vergognosa vigliaccata di cancellare la storia dal sito: anche stupida come idea perché ovviamente tutti se la ricordano. Adesso accusano chi glielo ricorda di sciacalleria! Un comportamento tipico della cultura deteriore del populismo grillino: moralismo, ipocrisia e falso. Chi  gli ricorda le cazzate, dette e fatte …è uno sciacallo.

È bene invece ricordarlo e tornare sull’argomento perché la lezione va imparata e in particolare va tenuta presente nel fangoso dibattito sulla TAV della Val di Susa e sul fanatismo acefalo che lo caratterizza.

Anche in quel caso le argomentazioni dei NoTAV sono particolarmente futili: sul loro ragionamento non sarebbero mai stati fatti i trafori del Gottardo del Sempione, del Frejus, il Golden Gate a San Francisco e il da Verrazzano a New York.

Infatti, non c’era nessuno che andava da San Francisco a Sausalito e verso la California del Nord e quindi non era necessario fare nessun ponte.

Le grandi opere di infrastruttura si giudicano e si valutano nella prospettiva dei 50-80 anni e non sulla congiuntura settimanale. Ma sembra che la lungimiranza non sia una caratteristica della cultura politica grillina.

Mettere i container sulla vecchia linea ferroviaria con navette fra Avigliana e Chambery utilizzando la TAV solo per passeggeri liberebbe la valle di Susa dalla cappa inquinante mortale prodotta dalla colonna continua di TIR.

Il crollo di Genova  è una lezione crudele e durissima che va ascoltata con umiltà anche per rispettare le decine di morti che ha provocato.

La politica vuole conoscenza, competenza, realismo, disponibilità all’ascolto e umiltà. Ancora stamani (15 agosto) il giornalista del “Fatto Quotidiano” su Rai 3 (Tutta la città ne parla) qualificava il progetto della “gronda” autostradale di Genova come  “un progetto fatto per l’interesse dei concessionari”.

La cultura della “favoletta” e delle opere infrastrutturali come “mangiatoie” sembra sempre vincente in quella zona ideologica.

 

Ipotesi sulle cause e sulla dinamica del crollo del viadotto sul Polcevera

Rottura fragile istantanea
nei giunti critici della armatura in acciaio
delle travi in cls precompresso
della campata centrale, crollo della campata,
colpo di frusta conseguente sullo strallo del pilone centrale,
successivo crollo del pilone centrale

Questa la mia ipotesi. Per verificarla  si dovranno analizzare i lembi  delle barre di acciaio usate per la precompressione  e tutti i lembi di armatura in acciaio spezzati e fare delle micrografie per analizzare la situazione della struttura cristallina dell’acciaio che dovrebbe denunciare le condizioni per la rottura fragile. La conoscenza dei trattamenti termici subiti dall’acciaio usato per la precompressione del cls è fondamentale per definire con sicurezza le modalità della rottura fragile indotta da vibrazioni o da fenomeni di fatica.

Le cause immediate della rottura fragile possono essere state la mazzata del fulmine (se confermato l’evento) moltiplicata da fenomeni di risonanza che hanno provocato la frattura istantanea nell’acciaio ricristallizzato, oppure un sobbalzo particolarmente violento di un carico pesante in transito, anche questo moltiplicato da fenomeni di risonanza.

La ricristallizzazione dell’acciaio può essere avvenuta lentamente nel tempo per le vibrazioni indotte dal traffico o per la iterazione di cambiamenti di segno e di direzione o di intensità delle sollecitazioni in punti critici delle armature di acciaio. L’analisi dei lembi di frattura dell’acciaio più che quella del cls dovrebbe fornire indicazioni precise.

Altre ipotesi per la dinamica e sequenza del collasso:
AA. potrebbe esserci stato un cedimento dello strallo o degli stralli che ha provocato un abbassamento del carrello di apppoggio dell’impalcato precompresso che si è “sfilato” cascando e quindi  si è verificato il colpo di frusta per lo scarico istantaneo di qualche centinaio di tonnellate dalla mensola (tesi del mio collega Bottari di Torino). In ogni caso una analisi attenta delle macerie e delle armature spezzate (sperando che le operazioni per il recupero delle vittime non abbia cancellato tracce dell’evento) dovrebbe consentire una ricostruzione precisa del “video” dell’evento. Temo che però il calpestio dei pompieri e dei mezzi  avrà eliminato molte tracce importanti.
BB. Altra possibilità: prolasso dei cavi di tensione nelle strutture di impalcato che si sono inflesse e poi sfilate dall’appoggio.
Ma sia la tesi AA che la tesi BB avrebbero dovuto essere individuate nel corso di verifiche di frecce di inflessione e di abbassamenti del lembo della mensola sede dei carrelli di appoggio della struttura orizzontale della campata centrale.
Tutto sommato I put my money on the brittle fracture of the steel cables…ma ci possono essere concause che mettono insieme tutto in modo esatto.

Quella che è mancata non è stata tanto la manutenzione quanto l’analisi delle diverse condizioni delle strutture e la diagnosi per definire i conseguenti interventi di manutenzione e ripristino, e, al limite, per decidere di chiudere il viadotto. Sarebbe interessante sapere se nel protocollo dei monitoraggi e delle manutenzioni erano comprese sondaggi e analisi di eventuali fenomeni di ricristallizzazione e fatica nei punti critici delle armature in acciaio del cls precompresso.

La sicurezza con la quale la Concessionaria affermava che il viadotto sarebbe rimasto in piedi per cento anni lascia sospettare che non avessero mai nemmeno pensato a fenomeni di ricristallizzazione e di fatica nei nodi cruciali dei cavi di acciaio di pre-tensione del cls e che su quei fenomeni non siano mai state effettuate verifiche sperimentali.

Fra il 1969 e il 1971 il ponte, ultimato da pochi anni, aveva manifestato deformazioni anelastiche enormi per scorrimento viscoso. Deformazioni che avevano sicuramente modificato l’assetto strutturale calcolato dall’ing. Morandi.
La struttura in cls precompresso consentì a suo tempo costi fortemente competitivi rispetto all’ipotesi di struttura in acciaio, ma la durata dei manufatti in cls precompresso e la possibilità di controllo e di interventi manutentivi radicali senza pregiudizio per la funzionalità non sono comparabili con quelle di un’opera in acciaio. Un’altra procedura sulla quale non c’erano informazioni precise relative alla durata di vita utile era il brevetto di pre-tensione  dell’ing. Morandi (noto con il nome M5).

I dubbi sui ponti in cls precompresso negli anni 70-80 erano diventati certezze tanto che sull’Autosole (tratto appenninico) tutti i ponti in cls precompresso sono stati sostituiti negli anni ‘80 con ponti in acciaio.

Ci sono molte responsabilità:
° dei progettisti e dei calcolatori della struttura
° di chi ha scelto la soluzione in cls precompresso,
° di chi ha progettato la manutenzione,
° di chi ha operato la manutenzione
° di chi era responsabile del controllo sulla manutenzione
° di chi non ha fatto diagnosi precise sulla condizione delle armature di pretensione in acciaio,
° di chi conoscendo la condizione di rischio strutturale già nota fin dagli anni ‘90 non l’ha denunciata e non ha predisposto l’alternativa e chiuso il viadotto.

Non tutte saranno perseguibili.

Polcevera: la patacca irrecuperabile rifilata in concessione
Molte sono le questioni che si aprono dopo il crollo. Con un comportamento oramai tipico di questo governo primo ministro e viceministri si sono scatenati in dichiarazioni al limite dell’isterismo demagogico, sostanzialmente finalizzate a raccogliere il consenso dei cittadini scioccati e frustrati dalla sciagura. Ci sono riusciti. Hanno annunciato pubblicamente la possibile revoca della concessione, la decadenza della concessione senza nemmeno curarsi di comunicare alla Concessionaria una qualunque motivazione. Come sempre individuare un cattivo sul quale scatenare l’odio delle masse è una tecnica che…rende.

La realtà è diversa: la revoca della concessione è una procedura complessa, richiede istruttoria e motivazione e comporta oneri pesantissimi per il Concedente.

La concessionaria ha emesso una nota stringata nella quale esprime il suo punto di vista, nota che suona come severa critica del comportamento del governo, del suo primo-ministro e dei  due viceministri.

“Atlantia S.p.A in relazione a quanto annunciato (solo verbalmente nota di LM) in merito all’avvio di una procedura finalizzata alla revoca della concessione nella titolarità della controllata Autostrade per l’Italia, deve osservare che tale annuncio è stato effettuato in carenza di qualsiasi previa contestazione specifica alla concessionaria ed in assenza di accertamenti circa le effettive cause dell’accaduto”.

La logica salviniana si muove sullo schema grezzo: “Se il ponte è crollato, qualcuno ha sbagliato e deve pagare.” Le cose sono molto più complesse,le cause del crollo non sono semplici e chiaramente definibili e alla fine gran parte della responsabilità potrebbe cadere proprio…sul Governo, che aveva l’onere di vigilare sulla manutenzione senza accontentarsi delle autocertificazioni della Concessionaria. La Concessionaria potrebbe anche accusare il governo di aver dato in concessione un manufatto irrimediabilmente condannato. In pratica ha rifilato alla Concessionaria una immane “patacca” passandola per buona. La Concessionaria Autostrade per l’Italia è stata fondata nel 2002 quando le serie tare del viadotto sul Polcevera erano più che note al Ministero dei Lavori Pubblici (controllore per legge dei cicli di manutenzione). La domanda è: Autostrade per l’Italia ha accettato la concessione “senza riserve”? A me sembra strano che un avvocato  amministrativista o civilista (e ce ne era sicuramente più di uno per la Concessionaria)  accetti una concessione per un sistema autostradale (3020 km) del valore di centinaia di miliardi senza  esprimere articolate e precise riserve sullo stato di fatto dell’oggetto che gli viene affidato in concessione.

Se nel contratto queste riserve ci sono e se le condizioni critiche del Viadotto Polcevera sono state oggetto di denuncia da parte del Concessionario una volta asseverate, e mi stupirei se così non fosse, il Governo si trova in una condizione molto delicata: potrebbe aver dato in concessione un manufatto praticamente condannato.

Per completare la figura è però indispensabile conoscere il dettaglio del contratto a suo tempo sottoscritto da Concedente e Concessionario: quali impegni, quali obblighi, quali adempimenti delle due parti e quali specifiche sull’oggetto della concessione e sul suo stato di fatto: carenze, difetti, pericoli, peculiarità funzionali e necessità di ripristino e manutentive; e quali oneri di vigilanza a carico del Governo concedente.

Sarà interessante seguire la vicenda. Una prima puntata si è vista ieri sera a “in Onda” sulla 7 dove, allo scatenato Viceministro Salvini rispondeva, per la Concessionaria, competente, prudentissimo e controllatissimo, il direttore del tronco genovese della A10.

Informazioni su matteolilorenzo

Architetto, Professore in Pensione (Politecnico di Torino, Tecnologia dell'Architettura), esperto in climatologia urbana ed edilizia, energia/ambiente/economia. Vivo in Australia dal 1993
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