Theresa May…oggi sconfitta
…domani vincitrice
Il famoso libretto edito da ”The Economist” intitolato “The pocket negotiator”[1] iniziava con un classico dell’understatement albionico: ”conflict, an opportunity to negotiate”.
A quanto sembra dallo svolgimento e dalla catarsi della vicenda Brexit non pare che il manualetto dell’Economist sia stato oggetto di molto studio da parte dei protagonisti del dramma inglese in progress. Forse l’unica che lo ha letto o comunque ha cercato di applicarne le regole del buon negoziatore è stata proprio Theresa May che, per ora, dalla vicenda sembra uscire sconfitta. Ma non è detto che la storia futura a breve termine non la riscatti e la vendichi.
Theresa, primo ministro Tory, al referendum aveva votato “remain”, ma ha dovuto condurre il negoziato con la Commissione Europa per portare a termine la volontà uscita dall’assurdo referendum voluto e perso da Cameron, ovvero “leave”. Theresa, culturalmente “remain” voleva una uscita dell’Inghilterra dalla EU meno dolorosa e costosa possibile e con questo scopo ha condotto la difficile trattativa, tenace, instancabile, sistematicamente ostacolata sia dall’opposizione Labour che dal suo partito Tory. Da una parte l’opposizione che voleva condizioni ancora meno dure di quelle che Theresa era riuscita a strappare da Junker e dall’altra i colleghi Tories che volevano … non si sa bene cosa, forse solo le dimissioni di Theresa o addirittura l’uscita senza condizioni (No deal Brexit). Theresa ha seguito la regola fondamentale del Pocket Negotiator: never leave the negotiating table ed è stata sconfitta.
Nessuna delle ipotesi di Theresa è stata approvata dal Parlamento inglese [2] e dopo un anno di tortura politica e mediatica alla fine Theresa May, ieri, si è dimessa da Primo Ministro.
Mentre gli inglesi vanno a votare in modo surreale per rinnovare il Parlamento Europeo dal quale vogliono andarsene, Boris Johnson Tory, ma feroce Brexiteer, sta per diventare il nuovo Premier inglese.
Junker, Presidente EU, si dichiara pronto a incontrare il nuovo negoziatore, ma non si capisce bene lo scopo di questa disponibilità visto che contemporaneamente la portavoce della EU dichiara che non c’è disponibilità della Unione Europea per modificare il protocollo finora approvato.
Boris Johnson evidentemente chiederà modifiche, ed è difficile capire quali perché il suo Parlamento finora ha sistematicamente bocciato tutte le ipotesi alternative, anche le sue.
Lo scontro sarà quindi radicale: da parte EU la non disponibilità a rinegoziare, da parte Inglese ipotesi di modifiche ancora sconosciute, ma sicuramente non gradite dalla EU. Boris Johnson non ha spazio alle spalle perché la vicenda Brexit nel Parlamento Inglese ha esaurito tutte le ipotesi praticabili. Quindi fatte salve svolte acrobatiche la strada è aperta per una uscita dell’Inghilterra No Deal, senza condizioni, catastrofica.
Qui si apre una interessante ipotesi.
Fatte salve strategie volutamente suicide, il Partito No Deal inglese deve avere informazioni o dati che al resto del mondo sono oscuri per dimostrare che l’uscita dal mercato Europeo (il terzo mercato mondiale per dimensione geopolitica) sarà molto vantaggiosa per gli inglesi (industria, agricoltura e finanza). Uno dei loro slogan era “No deal? No Problem?”
Tutti i pronostici e le proiezioni assicurano invece il contrario.
Se Boris Johnson dovesse avere questi dati, e se questi dati fossero solidamente documentabili, sarebbero la sua unica carta al tavolo con Junker, perché una uscita vantaggiosa dal mercato Europeo dell’Inghilterra potrebbe essere catastrofica per la EU. Ma è molto difficile che nel mondo globale un paese isolato, anche forte come l’Inghilterra, possa battere la concorrenza dei paesi che operano in un mercato di 500 milioni di abitanti.
Sarà interessante vedere. A breve termine potremo vedere Theresa May vendicata entrare in Parlamento con le bandiere al vento e Boris Johnson, insieme a Nigel Farage senza lo spocchioso sorriso con i Brexiteers duri e puri nel guano profondo, in rigoroso silenzio: azzeramento export, import costosi, disoccupazione a due cifre, speculazione pesante sulla sterlina…Londra abbandonata dalle ricche sedi delle multinazionali di trading e del corporate banco-finanziario, dal loro business multimiliardario (cadaora), perdere le decine di migliaia di posti di lavoro per giovani rampanti millennials europei. Parigi, Berlino, Francoforte, Milano ringraziano.
Give me back my country!
(lorenzo matteoli)
[1]Economist Pocket Negotiator: The Essentials of Successful Business Negotiation from A-Zby Gavin Kennedy (1997-10-13), London, The Economist.Oggi talmente raro che Amazon lo offre a 412.00 $ e ce ne sono solo tre copie disponibili, una io l’ho imprestata a qualcuno e ricordo anche a chi.
[2]e nessuna delle proposte alternative presentate dall’opposizione Labour e Tory
A parte il piccolo intoppo di un mercato di 500 mila, per il resto siamo d’accordo e ringrazio il professore e spero che presto, Johnson e Farage sono impetuosi ma a mio vedere incompetenti. Nel frattempo Vladimir si strofina le mani.
Corretto l’intoppo…l’incompetenza è nel DNA dei populisti come la scelta pseudo-ideologica ma in realtà per ignoranza di negare la realtà: con chi nega i fatti le parole non servono.