E i deboli soffriranno…**

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Tucidide

 

Il Senatore professor Alberto Bagnai sostiene che le regole dell’Ecofin sono “opache” obsolete e consolidano la tendenza allo squilibrio sistemico che connota la moneta unica dell’Eurozona invece che risolverla. Sostiene inoltre che continuare ad applicarle sperando che diano risultati diversi da quelli finora conseguiti è la vera follia mentre non è per nulla dissennato chiedere di cambiarle. Sottolinea inoltre come sia la Francia che la Germania abbiano operato in forte divergenza con quelle regole senza che l’Ecofin sia intervenuta o abbia fatto richiami di sorta.

Non ha tutti i torti.

In modo non troppo indiretto il professor Alberto  Bagnai mette in evidenza le responsabilità della nostra rappresentanza a Bruxelles che per anni ha lasciato che queste regole si consolidassero nella prassi, che non ha denunciato tempestivamente le eccezioni abusive francesi e tedesche rispetto a quelle stesse regole. Siamo anche stati responsabili di non aver sostenuto a suo tempo la Grecia e il suo Ministro delle Finanze Yanis Varoufakis quando è stata stroncata dall’Ecofin e costretta dalla Troika (BCE, FMI, Ecofin) a sacrifici sociali crudeli,  che si sarebbero potuti evitare. Quella era una occasione giusta e da sfruttare politicamente per imporre una revisione dei dettati di Maastricht, che oggi giustamente Bagnai accusa di inadeguatezza e opacità, per non dire di peggio.

Invece di operare politicamente, nelle competenze della nostra rappresentanza a Bruxelles, i nostri governi e rappresentanti hanno ignorato (per comodità e per subalternità politica) il problema, cercando rimedi congiunturali e non strutturali (la famosa domanda di “flessibilità” di Matteo Renzi), offrendo contropartite negoziali “altre” rispetto a una più rigorosa piattaforma di riforma normativa monetaria e macroeconomica (i.e. la disponibilità dell’Italia ad accogliere i migranti).

Oggi, invece di assumere un atteggiamento critico, ma dialettico, il nostro governo, e in particolare il vice-primo-ministro Salvini, ha assunto una linea aggressiva, spesso addirittura apertamente offensiva e personale nei confronti della Commissione e delle cariche di vertice della medesima (Junkers, Moskovici, Dombrovskis). Non senza un garbo di volgarità. Una linea che non solo non facilita il dialogo, ma irrita e istruisce ostilità, prima personale e poi politica, che oggi è allo sconto.

Non è solo l’Italia che ritiene urgente e necessaria una seria revisione dei dettati di Maastricht, anche altri paesi dell’Eurozona sono sulla nostra posizione o vicini  (Portogallo, Spagna, Grecia) e la stessa BCE nella persona del suo Presidente Mario Draghi ha fatto capire che per fare il famoso “whatever it takes” la Banca Centrale Europea ha sfiorato i margini del suo charter: in merito c’è stata  a suo tempo una durissima denuncia del Presidente della Deutsche Bank proprio contro la persona di Mario Draghi e contro la sua gestione della BCE. (https://www.geopolitica.ru/it/news/economia-siluro-di-deutsche-bank-contro-mario-draghi;https://www.money.it/Deutsche-Bank-ancora-contro-Draghi)

Oggi però l’Italia non è in una posizione pubblica e politica che le consenta atteggiamenti di sfida e di provocazione e tantomeno di esplicita arroganza: il nostro debito sovrano al limite della sostenibilità, costituisce un obbiettivo pericolo per la stabilità della moneta unica Europea, ovvero per tutti i Paesi che hanno adottato l’Euro (19 su 28). Le regole scomode “opache” e, se si vuole, pericolose sono state a suo tempo approvate e sottoscritte dall’Italia e per cambiarle bisogna operare politicamente dall’interno della UE. Essendo impossibile e letale uscirne.  Aggredire e provocare non serve e l’unico risultato che si ottiene è una ulteriore perdita di credibilità sia politica che economica/finanziaria.

Il mondo reale (quello dei mercati finanziari che devono comperare i nostri titoli) ha regole molto diverse da quelle del puro monetarismo teorico. Sono regole brutali: se un Paese non è credibile politicamente i titoli che rappresentano il suo debito non valgono molto e per collocarli bisogna offrire interessi elevati, se la credibilità crolla ancora i titoli non valgono la carta sulla quale sono stampati e per finanziare la sua spesa un governo deve “vendere l’argenteria” (porti, autostrade, centrali energetiche, territorio, risorse naturali). Se la credibilità è misurata dalla seconda o dalla terza cifra decimale, quella è la cifra che conta e lamentarsi come si lamenta l’onorevole professore  Claudio Borghi (“è solo lo 0.07%”!!) https://www.youtube.com/watch?v=R8QAp6ChYpk è una ingenuità che un professore di Economia non dovrebbe permettersi.

Alzare la voce, battere i pugni sul tavolo, dettare condizioni impossibili, non sono linee negoziali risolventi ai tavoli della diplomazia politica internazionale: peggiorano la situazione. Sono al limite manifestazioni ridicole, se non banalmente sciocche, quando la posizione che si sostiene è obbiettivamente politicamente, congiunturalmente debole. Anche se teoricamente corretta.

lorenzo matteoli

 

 

** cfr Tucidide “La Guerra nel Peloponneso” i generali Ateniesi ai Mileti.

 

 

 

 

 

Informazioni su matteolilorenzo

Architetto, Professore in Pensione (Politecnico di Torino, Tecnologia dell'Architettura), esperto in climatologia urbana ed edilizia, energia/ambiente/economia. Vivo in Australia dal 1993
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