La pandemia come tragica occasione di apprendimento

Ne avremmo fatto volentieri a meno, ma non c’è stata opzione: la pandemia si è imposta d’imperio. Chi ha cercato di negarla, pensando che fosse atteggiamento sufficiente per bloccarla, è stato punito con conseguenze tragiche per l’arrogante presunzione in qualche caso e per l’ignoranza in altri casi. Le due alternative trattate con assoluta obbiettività: una interessante equazione, puniti nello stesso modo gli ignoranti e gli arroganti.

Molti hanno citato il “cigno nero” di Nassim Nicholas Taleb, ma a sproposito. Non era “altamente imprevedibile” era stata prevista non solo dal Pentagono e da Bill Gates, ci sono in letteratura interessanti trattati sul fenomeno (Propagation Phenomena in Real World NetworksDariusz Kól, Damien Fay, Bogdan Gabryś, Springer 2015). 

Da Cassandra in poi i profeti di sciagure non hanno mai avuto molto successo, e forse non è poi un gran guaio, infatti se venissero sempre ascoltati vivremmo in un costante incubo, ma un competente atteggiamento probabilistico invece della totale distrazione forse sarebbe più utile.

A parte queste indicazioni di grande griglia la crisi sta denunciando la complessa fragilità della società terziaria affluente: la aleatorietà dell’occupazione nel settore dei servizi “non essenziali” (ristoranti, caffè, bar, palestre, impianti sportivi, piscine, resort invernali ed estivi, parrucchieri, discoteche, cinema, teatri, musei, gallerie, sex workers,  …). La chiusura per tempi non definiti di questi servizi ha creato e sta creando milioni di disoccupati, molti giovani e giovanissimi, che si trovano sul lastrico nel giro di 48 ore. Molte piccole imprese chiudono e probabilmente non saranno più in grado di riaprire alla fine della crisi: un problema strutturale con limiti di tempo incerti.

Tutto l’indotto dei grandi eventi sportivi e culturali (alberghi, ospitalità, turismo indotto, festival, olimpiadi, campionati sportivi di vario livello, congressi, seminari di studio…) praticamente azzerato. Altri milioni di disoccupati che diventeranno strutturali alla fine della crisi pandemica.

Con il passare dei giorni e delle settimane la crisi si allarga ad attività industriali di portata macroeconomica (auto, mobilità, trasporti, confezioni, distribuzione, tessile …chimica, siderurgia). In pratica la “iugulare” della struttura economica dei paesi industrializzati/terziari.

Molte cose non saranno più come prima, ma molte cose non saranno più.

Un settore in particolare verrà stravolto sia quantitativamente che qualitativamente: la fascia di quelli che “non ce la fanno”. La fascia della povertà strutturale o di sistema che la pandemia ha moltiplicato per ordini di grandezza, la risposta volontaristica, umanitaria, francescana, non sarà più sufficiente. Va progettata una soluzione sociale, umanitaria, politica. L’alternativa è inaccettabile.

Il governo Conte2 sta affrontando la crisi cercando una difficile collaborazione Europea: il debito pubblico aumenterà sicuramente oltre livelli sostenibili e quando si “ripartirà” in modi e tempi per ora indefinibili il problema dovrà essere affrontato con misure straordinarie di portata immane, plurigenerazionale. La pandemia sta predisponendo le cose, si comporta come uno strano filtro che esalta le buone qualità e le cattive: produce eroi sociali e vergognosi speculatori.

L’Italia dopo la pandemia sarà profondamente diversa, senza un radicale rinnovamento della cultura politica, della classe politica, della cultura dirigente, della classe dirigente saremo una colonia europea.

lorenzo matteoli

Informazioni su matteolilorenzo

Architetto, Professore in Pensione (Politecnico di Torino, Tecnologia dell'Architettura), esperto in climatologia urbana ed edilizia, energia/ambiente/economia. Vivo in Australia dal 1993
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