Cesare Romiti: un coccodrillo diverso

Cesare Romiti: un coccodrillo diverso

Pubblicato il 19 agosto 2020 da matteolilorenzo

L’articolo di Ezio Mauro per la morte di Cesare Romiti, che sembra, a un lettore distratto, un normale agiografico coccodrillo per il capo della più importante industria italiana: “l’uomo forte della FIAT fra la famiglia Agnelli e il potere di Cuccia”, letto con attenzione, è invece una dura condanna e riduce il soggetto alla sua vera, più corretta e modesta dimensione di prepotente manipolatore

Un personaggio imbarazzante. Non per i suoi meriti, ma per la banale modestia culturale del contesto aziendale e della famiglia. Per definire la dimensione culturale di Gianni Agnelli basta ricordare i milioni di Euro trafugati in Svizzera, come un ricco bottegaio di barriera. Il resto, principe, Agneta e grande viveur, è tutto in quella scala. Come lo giudicò Luigi Einaudi: per il nome che porta Lei si dovrebbe vergognare. E il grande vecchio non sbagliava.

Romiti esce dall’articolo di Ezio Mauro come un boss prepotente, manipolatore e provocatore a suo uso di faide fra le varie cordate di manager interni, faide alle quali dedicava gran parte del suo tempo.
Modello imprenditoriale della FIAT di Romiti: gestione iugulatoria dei fornitori e del sistema di credito italiano, ricatto al governo per ottenere legislazione protettiva, Il tutto elevato a metodo amministrativo gestionale: era solo banale prepotenza, consentita dalla connivente subalternità della stampa di servizio, dalla paura dei quadri dirigenti, dalla disponibilità della classe politica e dei partiti sempre tenuti sotto controllo corruttivo 
Gianni Agnelli, principe, debole e disinteressato, vuoto, non interviene e subisce. Un classico della cultura di Torino: la sistematica ingiuria del centurione romano imposto da Cuccia. Prima di essere chiamato alla Fiat Romiti aveva già posto le basi di quella che sarebbe stata la costosa catastrofe Alitalia.
Sotto la sua gestione la FIAT è rimasta Fix IAgain Toni con tecnologie obsolete, logistica interna affannosa, gestione burocratica autoritaria, ereditati dal Senatore Giovanni e da Vittorio Valletta, rating qualitativi sempre sotto la mediocrità.
Una sola “perla” Romitiana: sullo Stadio delle Alpi fece scrivere al suo biografo (G.P. Pansa) “ordinai ai miei di uscire dalla gara quando seppi che i membri della commissione giudicatrice erano stati tutti pagati”. Per la storia e la verità, l’unico commissario pagato fu l’Assessore all’Urbanistica PSDI Ricciotti Lerro, pagato 50 milioni di vecchie lire da FIAT Engineering. Regolarmente denunciato e processato Ricciotti Lerro fu assolto perché, alla fine, pur essendo stato pagato, non votò per il progetto Fiat Engineering. Ovvero non commise il fatto. Saggio opportunista. Sempre per la precisione dei fatti è falso che la Fiat Engineering sia uscita dalla gara: venne scartata (i.e. buttata fuori) per la voluta scorrettezza della sua proposta: non presentava ilprogramma economico finanziario richiesto sia per legge che dal bando. Non poteva farlo per motivi di precedente corruzione** (vedi diziostadio la storia completa alla voce “bastino”). Romiti si comportava in quel modo per metodo e sistema, come le successive sue vicende con “mani pulite” confermarono: era la sua natura, la sua cultura, il suo modus operandi”. Non leadership, come scrive Ezio Mauro per dovere imposto, ma villania. Romiti, astuto manovratore, aveva capito che, nell’ambiente torinese, bastava la tracotanza, e la usava senza riguardi. Gli altri credevano che dietro il comando ci fosse competenza: non c’era e gli altri subivano, primo fra tutti il principe Gianni. Un tragico esempio di come l’archetipo torinese (serio, cortese, riservato) possa essere massacrato dalla prepotenza. Ancora oggi nei vari coccodrilli, si legge come Torino subisca la maledizione postuma di Romiti, nessuno si azzarda a dire la verità. Le grandi “penne” de La Stampa tacciono o scrivono servili trafiletti di insulsi aneddoti. Il coccodrillo di Ezio Mauro, magistrale, ha il difetto di richiedere un lettore molto attento all’understatement sabaudo. Marchionne, l’eccezione, arrivò troppo tardi, non fu scelto da Gianni. Il disastro amministrativo gestionale di Romiti, non venne risarcito da Marchionne, che comunque non ebbe il tempo per farlo. Il sistema industriale italiano sta ancora pagando la catastrofe Fiat di Romiti.

** Fiat engineering dichiarò che non le era possibile presentare il Programma economico Finanziario richiesto per legge perché non conosceva i proventi della pubblicità. Li conosceva benissimo: circa 3 miliardi di vecchie lire all’anno. Solo che l’amministrazione torinese sotto Novelli regalava la concessione per la pubblicità a 300 milioni all’anno alla Società Publimondo di Bastino (amico personale di Diego). Il  cospicuo margine veniva diviso fra diversi complici: squadre, partiti, “amici” etc.

PS non sono mai andato d’accordo con Novelli, ma in questa occasione è l’unico che ha scritto (su Il Manifesto) cose dignitose senza l’ipocrita adulazione che ha sconciato la stampa quotidiana conforme. Novelli sapeva.

Informazioni su matteolilorenzo

Architetto, Professore in Pensione (Politecnico di Torino, Tecnologia dell'Architettura), esperto in climatologia urbana ed edilizia, energia/ambiente/economia. Vivo in Australia dal 1993
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