
Ho comprato e mi sono letto “Non sprechiamo questa crisi”(1)di Mariana Mazzucato.
Non proprio una lettura facile, ma comunque avvincente. Si capisce lo sforzo di “rompere” i moduli correnti del pensiero “economico”, si sente la passione dell’autrice, si intuisce il messaggio rivoluzionario del “capitalismo decente” ripensato da Mariana et al.
Sono poi andato a sentire la lezione di Mariana sul sito olandese de Balie del 23 luglio 2020 “A new story on capitalism”(2) e mi ha colpito l’avvertimento iniziale della brillante lecturer: Tutti vogliono tornare alla “normalità”, ma io vi dico attenzione!! L’ultima cosa da fare è tornare alla “normalità” perché è proprio quella normalità che ci ha portato la crisi finanziaria del 2008, la successiva miseria e disoccupazione, e adesso la Pandemia del Covid19…”
Dopo questo provocatorio avvertimento la lezione prosegue sui temi cari a Mariana: la responsabilità della “finanziarizzazione” dell’economia, superare il capitalismo da rapina, le nuove figure pubblico-privato, riqualificare la burocrazia civile, definire una “missione” per gli investimenti, innovare, includere, partecipare, condividere, evitare di divorarsi le radici e di bruciare il terreno nel quale affondano…
È a questo punto che ho capito una cosa, che forse nemmeno Mariana ha chiaramente intuito, e chiedo ai miei lettori di “coprire” il mio salto logico: tutto il discorso di Mariana è una metafora.
Il vero oggetto delle sue intuizioni macroeconomiche e finanziarie è la città.
Infatti il contenitore della “normalità” che dobbiamo superare, la rappresentazione solida, di cemento, mattoni, asfalto della “normalità” è la città. Nata come luogo principe della civiltà e diventata nei secoli fragile, ostile, avvelenata, criminogena, inquinata e inquinante, emblema di tutti gli aspetti negativi della “normalità”. Come la famosa rana nell’acqua calda non ce ne siamo accorti e siamo arrivati al bollore.
La rivoluzione macroeconomica, il capitalismo decente, la ridefinizione del valore delle cose che sono i capisaldi della proposta di Mariana sono tutti legati in modo circolare a una nuova forma urbis. La città va salvata con la nuova visione economica dal suo sistematico, lento suicidio.
La crisi della Pandemia potrebbe essere l’opportunità per superare l’involuzione, anzi, secondo Mariana, o sarà così o subiremo una alternativa catastrofica di more of the same: capitalismo da rapina, finanziarizzazione dell’economia, diseguaglianza economica, impoverimento sociale.
È necessario fare un flash forward di 60-80 anni, collegare i puntini, rileggere con nuova intenzione il nostro “Cityfutures”(3) per vedere la figura della città illustrata dalla metafora macroeconomica di Mariana Mazzucato, nel suo giusto contenitore urbano: verde, sostenibile, user friendly, climatologicamente bio, energeticamente autonomo, economicamente efficace, intelligente, pedonale, high density/high quality….
La forma urbana che consentirà di superare lo sprawl di immani periferie urbane costituite da croste di latta (USA, Australia) o di orrendi pollai multipiano di cemento (Europa, Asia), la cui realizzazione sarà possibile nel quadro della nuova visione economica proposta da Mariana Mazzucato.
La città “normale”, attraverso la sistematica manutenzione territoriale verrà demolita (30-40 anni) il territorio recuperato all’ambiente e la nuova forma urbana sarà la “figura” della nuova città.
Learning from Todi: villaggi verticali ad alta densità, verdissimi, integrati, servizi, lavoro, residenza, educazione, tempo libero, studio, ricerca, arte, cultura …
Non c’è tempo per scrivere l’ultimo capitolo di City in History (Lewis Mumford): andiamo avanti oltre la normalità letale.
Così leggo in termini di “città” la metafora macroeconomica finanziaria di Mariana Mazzucato.
lorenzo matteoli
MARIANA MAZZUCATO AND THE NEW FORMA URBIS
I bought and read “Let’s not waste this crisis” [1] by Mariana Mazzucato. Whilst not exactly an easy read, it is very compelling. You understand the effort to “break” the current modules of “economic” thought, feel the passion of the author and can comprehend the revolutionary message of “decent capitalism” re-thought by Mariana et al.
I heard Mariana’s lecture of July 23rd, 2020 on the Dutch de Balie website “A new story on capitalism” [2] and was struck by the initial warning of this brilliant lecturer: “Everyone wants to return to “normality”, but I tell you beware !! The last thing we should want to do is to go back to “normality” because it is precisely that normality which was responsible for the 2008 Great Financial Crisis, the subsequent social crisis, and now the Covid19 Pandemic … “
After this provocative warning, the lesson continues on the issues dear to Mariana: the responsibility of the economy “financialization”, greed capitalism, the new public-private figures, requalifying state bureaucracy, defining a “mission” for investments, innovate, include, participate, share, stop thrashing our cultural roots and burning the berm that feeds them.
At this point I understood something which perhaps not even Mariana clearly perceives, and I ask my readers to follow me on my logical leap: Mariana’s whole speech is a metaphor.
The real object of her macroeconomic and financial insights is the city. In fact, the container of the very “normality” that we have to overcome, the solid cast in concrete, bricks, steel, stones and tarmac of current “normality” is the city. Founded as the very cradle of civilization, over the centuries it has become fragile, hostile, poisoned, crimegenic, polluted and polluting, an emblem of all the negative aspects of “normality“. Like the famous fable of the frog in luke warm water, we did not notice the gradual temperature increase until it came to the boil.
The macroeconomic revolution, decent capitalism, redefinition of the value of things that are the cornerstones of Mariana’s proposal, are all linked in a circular way to a new forma urbis. The city must be saved by the new economic vision from its systematic, slow suicide. The present pandemic crisis could be the opportunity to overcome the involutionary cicle, or else, according to Mariana, we will be damned in a catastrophic alternative of more of the same: greed capitalism, financialization of the economy, economic inequality, social impoverishment and,eventual demise.
Projecting 60-80 years ahead, connect the dots, re-read our “Cityfutures” [3] with a new mind set to see the image of the city designed by Mariana Mazzucato’s macroeconomic metaphor, in its right urban container: green, sustainable, user friendly, climatologically bio, energetically autonomous, economically effective, intelligent, walkable high density/high quality….
The urban form that will overcome the sprawl of huge urban suburbs made of crusts of corrugated steel sheet (USA, Australia) or of daunting multi-storey concrete jail blocks (Europe, Asia), which will be possible within the framework of the new economic vision proposed by Mariana Mazzucato. The present day “normal” city, through systematic territorial maintenance, will be demolished (30 to 40 years), the land environmentally recovered and the new urban form will be the “image” of the new city. A new Renaissance.
Learning from Todi: High density vertical villages, very green, integrated, services, work, residence, education, leisure, study, research, art, culture …
We have no time to write the last chapter of City in History (Lewis Mumford): Let’s go beyond the lethal normality.
This is how I interpret Mariana Mazzucato’s macroeconomic financial metaphor in terms of “urban future”.
lorenzo matteoli
English translation by Google translate, edited by Wendy Charnell




- Mi ero già letto “Lo Stato Innovatore” il “Valore di tutto” e “Ripensare il capitalismo”
2. https://www.youtube.com/watch?v=3eMrk9mUUWw
3. “Cityfutures”, L. Matteoli, R.Pagani (curatore), Hoepli, Milano 2009.
Brava Mariana e bravo Lorenzo, per la sintesi del pensiero della Mazzucato e per le acute intuizioni in chiave urbana. Ti segnalo, pur avendolo visto solo superficialmente, il sito Planet-B: http://planetb.it/covid-and-the-city/ di Elena Granato.
Se già non lo sapessi, ti informo che è morto Leonardo Mosso. Mi piacerebbe avere un tuo pensiero su questo artista-architetto fuori degli schemi
Ho saputo della morte di Leonardo Mosso, amico, maestro e collega. Credo avesse più di 90 anni perché era stato mio docente prima che collega in Facoltà, allievo di Alvar Aalto ne aveva portato il “verbo” organico in Italia e in particolare nella nostra Facoltà. Leonardo stimato e apprezzato in Europa e in Italia non era amato dai vertici della scuola Torinese (Gabetti, Roggero, in particolare) perché non conforme, individuale e attivamente critico del paradigma didattico imposto dalla Facoltà. Molto apprezzato invece dagli studenti che lo seguivano in Facoltà e fuori nella sua intelligente ricerca e didattica. Una vita spesa bene, generosa di intelligenza e passione. RIP Grazie Leonardo!