Analizzando la composizione del gabinetto dei ministri si legge la “cifra” del governo di Mario Draghi.
Sono due le caratteristiche identitarie rilevanti:
- una, il rispetto della neutralità partitica del gabinetto ministeriale voluto dal Presidente Mattarella,
- due, la marca caratteriale e culturale personale dei soggetti scelti che è sostanzialmente “omologa” alla marca caratteriale e culturale personale di Mario Draghi.
Dove la seconda connotazione ha una certa prevalenza sulla prima.
Si tratta quindi di un governo Draghi-Draghi.
Un paio o tre ministre in più forse non avrebbe guastato, ma è probabile che più che la volontà siano mancate le possibili opzioni, per effetto di tutti i processi e di tutte le condizioni “a monte”, in Italia, tutte da decine di anni di impronta maschilista. Per questo le donne scelte devono avere “una marcia in più”. Mi sarebbe piaciuta Mariana Mazzuccato, che forse non sarà lontana dal territorio delle decisioni. Anche Lucrezia Reichlin ci sarebbe stata bene, ma forse per via del padre sentita come troppo vicina al PD
Qualche commento si può fare.
Giorgetti: è decisamente un leghista diverso da Salvini e la sua nomina, ufficialmente coperta dal fatto di non nominare segretari di partito, è comunque un segnale forte nei confronti di tutto quello che ha sapore salviniano e papeetaro nella Lega: basta!
Dimaio: il Ministero degli Affari Esteri (MAE) è una fortezza della burocrazia insediata. Chi non fa parte della “linea”, viene sterilizzato dal sistema di potere che governa quel Ministero da sempre. Solo personaggi come il Conte Sforza (a suo tempo quasi il fondatore di quella struttura) e successivamente Giulio Andreotti sono riusciti a dominarla. Il Ministro Dimaio, che comunica attraverso interpreti, alla Farnesina conta come il due di picche. Non dovrebbe fare molti danni.
Carfagna: napoletana (Salerno), competente, eretica “liberal” di Forza Italia e anche bella, una buona scelta per “Sud e Coesione territoriale”.
Molto positiva la assenza di Alfonso Bonafede, pasticcione e incompetente.
Molto positiva anche l’assenza di Giuseppe Conte e del suo alter-ego Casalino, interpreti di uno dei momenti più bui nella storia della Repubblica.
Brunetta? C’entra poco con il resto
Un consiglio: che il Premier Mario Draghi dia istruzioni chiare e severe su come i ministri dovranno (possibilmente non) partecipare ai talk show per evitare la becera vergogna degli ultimi anni, la indegna manipolazione dei conduttori settari e la sistematica disinformazione conseguente. I salotti televisivi non sono il luogo della informazione politica che opera solo attraverso comunicati stampa ufficiali.
Un governo, per la personalità, storia e competenza del suo Premier decisamente diverso dalla tradizione della Repubblica.
Speranza e auguri.
lorenzo matteoli