Al centro c’è il Paese, la borghesia, moderata/progressista. La classe che, storicamente, da sempre, in tutto il mondo, “manda avanti il Paese”. Lavorando, pagando le tasse, educando i figli. Una fascia sociale tendenzialmente maggioritaria, anche se non sempre politicamente attiva e presente: perché deve lavorare.
Un’area sicuramente “di governo” anche se qualche volta, irritata (eufemismo) dagli scandali e dai furti del “potere” o “sottopotere”, può avere tentazioni estreme. Che però difficilmente diventano “esecutive”.
Alla destra e alla sinistra (estreme) c’è l’Italia frustrata e incazzata. Vittima della disuguaglianza, della disoccupazione strutturale, della miseria sistemica. O semplicemente qualunquisticamente incazzata con “quelli là”. In tempi normali si tratta di minoranze, che in situazioni critiche possono diventare maggioranze travolgenti assorbendo voti dalla zona centrale.
I voti per governare si trovano “al centro”, ma la tentazione di agguantare consensi (e voti) nelle fasce estreme è sempre presente specialmente nei leader spregiudicati e disonesti, e genera i comportamenti detti “di lotta e di governo”. Si sta al governo per guadagnare la rendita di posizione e, contemporaneamente, si fanno scorrerie demagogiche, populiste, settarie per guadagnare voti dalle fasce estreme.
Si dichiara l’adesione senza riserve a un governo “Europeista, Atlantico, pro euro” e nel contempo ci si impegna in una campagna di dichiarazioni, incontri, iniziative di segno opposto. Nel tentativo di salvare “capra e cavoli”.
Una tattica congiunturale, di breve termine, che rende per il profilo patologicamente “bi-polare” degli elettori: l’elettorato “di governo” segue e sente solo la comunicazione “di governo”. L’elettorato “estremo” segue e sente solo la comunicazione “estrema”. Le due parti “rimuovono” i messaggi sgraditi.
Un processo di rimozione che però è a tempo limitato: sul lungo termine le due parti si rendono conto della contraddizione e si innesca il “rifiuto”.
Gli “estremi” si ritengono presi per il culo e i “governativi” sono disgustati dalla doppiezza strumentale. Nel tempo tutti si rendono conto e l’effimero premio iniziale del furbo doppio gioco diventa una secca punizione elettorale.
Questa analisi è riscontrata dalla storia: i cultori della linea “di lotta e di governo” in Italia hanno sempre perso. Casi classici quello di Alfonso Pecoraro Scanio (Governo Amato 2000-2001) e Gianni Alemanno (Governi Berlusconi II e III, 2005-2008), Gianfranco Fini… più recentemente i 5Stelle. Dimaio governativo, Lezzi e Dibattista “anti” e crollo delle percentuali.
Una caratteristica spesso trascurata dai sostenitori della tattica “di lotta e di governo”, quando si è al governo non è possibile praticarla: è suicida e genera una pessima immagine fra gli onesti, i furbi,
invece, la ritengono una gran figata.
PS Mercoledì’ 17: tutto lascia pensare che Salvini dopo le manifestazioni di pacchiana arroganza di ieri abbia ricevuto un pesante richiamo per ora privato e personale, ma in futuro, se non desiste, sarà ufficiale e pubblico con forte contenuto di sputtanamento politico. Vedremo.
lorenzo matteoli