Le dimissioni di Zingaretti, che vengano accolte o meno, che siano confermate o meno, sono una tappa del tormentato percorso tra l’attuale exPD e qualunque cosa possa avvenire nel futuro a breve e medio termine della burrascosa minestra della sinistra, vera, soi disant, cartacea o metaforica italiana. Con le sue dimissioni Zingaretti certifica la correttezza del qualificativo “ex” di fronte alla sigla PD. Zingaretti era infatti il segretario di un vero non partito. Esistente sulla carta, ma in realtà allo stato gassoso e correntizio.
L’altra area liquida o fangosa di questa incerta fase dei partiti politici italiani è quella che sta cagliando (o meno) nel complicato brodo degli ex 5Stelle, e la terza è quella che disturba i celoduristi della Lega dopo il salto mortale carpiato di Salvini 1-2
1. Visegrad-Putiniano-Moscaomorte-bastaeuro-merkelmerda-draghicriminale;
2. Europa-linea Atlantica-Draghi al 150%;
senza peraltro dismettere le magliette da cazzone.
Allo stato attuale le previsioni sono impossibili e definire esattamente come sarà il budino parlamentare è inutile. Quanti ex5S nell’’exPD, quanti exPD nei 5S, quanti exleghisti in FdI, quanti exFI nella exLega, quanti ex Leghisti nell’exPD, quanti exrenziani negli exrenziani, etc…
Tanto c’è Draghi che manda avanti le cose e consente ai bamboccioni della super sofisticata dialettica di giocare al giocone delle correnti, degli epurati, degli epuratori, degli scissionisti, dei transfughi e dei voltagabbana.
Nel Paese rosso/arancio dai 20 mila contagi e dei 300 morti al giorno.
lorenzo matteoli