La fine del patetico kingmaker


Le palle erano vuote

Patetica, e prevedibile la fine di Salvini come “kingmaker”. Un ruolo che non si acquisisce autonominandosi e neppure comportandosi come se si fosse stati nominati da una inesistente superiore autorità. Un dettaglio che Salvini non ha gli strumenti per capire.

Con l’arroganza tipica della enorme presunzione ha assunto un ruolo per il quale non ha né competenza né dimensione politica, per non parlare di quella culturale. Un turbine di telefonate, riunioni, incontri, cene, comunicati, dichiarazioni alla stampa, ma dietro non c’era nulla e più profondo il vuoto più il patetico si agitava. Come i clowns nel circo.

La fine del valzer stata la proposta della Casellati, un altro personaggio dalla modesta dimensione, proposta con la quale il kingmaker del Bar Sport è andato finalmente a sbattere. L’unica cosa che lo salverà è che continuerà a non capire.

Una caratteristica dei kingmaker-papeete è che non solo non hanno credibilità, competenza e autorevolezza per proporre rose o nomi, ma che bruciano anche i nomi, magari  validi, che propongono. Tutto quello che toccano viene corrotto dal loro malaugurato tocco. Al contrario di Mida. Il messaggio dei grandi elettori è stato umiliante: nemmeno tutto il centro destra ha votato per Casellati. 

Bisogna ricominciare da tre. Meloni ha fatto capire la sua irritazione per l’insulso agitarsi di Salvini. Basta. Ma non si torna alle uova dalla frittata. L’errore è cominciato illudendo Berlusconi per vigliaccheria.

Avanti un altro. Ce ne sono diversi in attesa, che finora sono rimasti a guardare.

lorenzo matteoli

Informazioni su matteolilorenzo

Architetto, Professore in Pensione (Politecnico di Torino, Tecnologia dell'Architettura), esperto in climatologia urbana ed edilizia, energia/ambiente/economia. Vivo in Australia dal 1993
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