La questione delle armi all’Ukraina sta dividendo l’Italia e non solo l’Italia.
Riducendo ai suoi termini essenziali il problema è quello di un confronto fra due ideologie:
- La pace a tutti i costi come bene prioritario e assoluto
- La libertà a tutti i costi come bene prioritario e assoluto
Condannare l’Ukraina alla sconfitta (niente armi) vuol dire condannarla al dominio assoluto di Putin e dello stalinismo di ritorno più efferato e selvaggio, tortura, galera o eliminazione fisica di chi dissente per i prossimi 20 o 30 anni o più. Vuol dire consacrare la vittoria di chi aggredisce per appropriarsi di territorio e risorse altrui e per imporre il suo regime criminale assoluto. Vuol dire assicurare a vittoria di un esercito di stupratori e terroristi, un esercito che colpisce scuole, asili e ospedali che uccide civili per vincere con il terrore.
Aiutare l’Ukraina (fornire armi) a respingere l’invasione di Putin e a vincere e vuol dire difendere il principio che le guerre di aggressione sono storicamente perdenti, vuol dire difendere la libertà di un popolo e del suo diritto alla autonomia e alla democrazia.
Il costo delle due scelte sono decine di migliaia di morti per la guerra per le due parti e in caso di sconfitta dell’Ukraina 20-30 anni di schiavitù e altre decine di migliaia di morti per mano del regime totalitario, poliziesco che Putin imporrà.
L’Europa nella sua storia si è già trovata di fronte a questa scelta nel 1938 e allora la fece.
Purtroppo, in quella occasione l’Italia è stata dalla parte sbagliata della storia e ha pagato carissimo e continua a pagare ancora oggi dopo quasi cento anni la guerra civile che non è mai stata risolta.
Salvini e Meloni docent insieme a una oscura parte di pericolosi cani sciolti, cripto o espliciti putinisti.
La vittoria di Putin per l’Italia vorrebbe dire la vittoria del populismo para-fascista di Salvini/Meloni, la probabile uscita dall’Europa e dal mercato dell’Euro, la bancarotta economica e un incubo politico culturale non immaginabile per tempi senza prevedibile fine.
Raramente nella storia recente una scelta si è posta in termini più tragicamente chiari.
Lorenzo Matteoli