Guardando l’Italia da lontano, depurata dai dettagli congiunturali, appare la secolare malattia della “sinistra” italiana: l’incapacità/rifiuto di una visione unitaria complessiva.
Ovvero l’attaccamento pignolo e particolare alle specificità personali e al dettaglio ideologico. Attaccamento che trasforma tutte le ombre e differenze in barriere invalicabili, in muri incrollabili. Da sempre.
Vero che in alcune situazioni storiche le differenze non erano effettivamente digeribili dialetticamente: erano ragioni pesanti, dalle implicazioni materiali violente e sanguinose, di dimensione storica epocale. Come quelle che provocarono la scissione del 1921 al Congresso del Partito Socialista Italiano a Livorno: da una parte la rivoluzione comunista, dall’altra un percorso verso la socialdemocrazia.
Ma non tutte le distinzioni e le differenze hanno avuto la irrimediabile gravità della differenza fra la guerra e la pace. Direi, in effetti, pochissime. La maggior parte erano sofismi ineffabili che avevano come unica ragione quella di coprire idiosincrasie caratteriali o motivi modestamente personali, invidie e gelosie, fino alla volgarità più futile del denaro e del sesso. Roba nemmeno degna della cronaca, per non parlare della Storia.
Oggi una legge elettorale controversa, che gli ultimi parlamenti non sono riusciti a cambiare, impone come condizione per vincere l’organizzazione di coalizioni. La cui finalità alla congiuntura elettorale implica la necessità di omologia ideologica come labilmente necessaria per la istituzione di un governo “congruente”. Mia grossolana semplificazione.
Mentre la destra riesce a impostare una coalizione “elettorale” Salvini/Meloni/Berlusconi, la sinistra ha difficoltà, e il centro Calenda/Renzi ci è riuscito non senza fatica.
Non voglio qui elaborare sul “grottesco tragico” della coalizione di destra dove i tre si odiano cordialmente e rappresentano quanto di peggio la demagogia, l’incompetenza e la vanità senile sia riuscita a produrre nel teatro della politica italiana con l’aggravante di ombre di fascio residuale e di sovranismo feudale razzista. C’è veramente da chiedersi se questa è l’Italia e chi è responsabile per questo orrore.
Allo stato attuale la semplice matematica dà come vincente sicura la coalizione di destra che viene calcolata al 55% del parco votante, la coalizione di sinistra viene computata al 30% e il Terzo Polo centrale viene calcolato al quanto basta cioè al 15%.
Questa previsione è il risultato di una semplice somma aritmetica e non tiene conto né dell’enorme incertezza implicita nella percentuale di “assenteisti” (il 40%), né degli effetti antropologici/politici della mobilità ai margini dei gruppi determinati dall’aritmetica.
Per esempio: quanti assenteisti saranno convinti a votare dalla situazione di emergenza e saranno assenteisti di destra, sinistra o centro? Oppure quanti elettori aritmeticamente ai margini del polo di destra o di sinistra finiranno nel campo magnetico del Terzo Polo?
Su questo schema si stanno scatenando i sondaggisti, ma a rendere le cose più interessanti è il dato documentale che il 60% degli elettori decide solo nelle ultime 4 ore prima del voto. Quindi fuori dai tempi necessari per il loro conteggio. Sapremo tutto il 26 o il 27 settembre.
Le seguenti tre righe sono pericolosissime:
La mia personale speranza è che molti elettori sul bordo rispettivamente destro e sinistro delle due coalizioni di sinistra e di destra siano attratti dal campo magnetico Calenda/Renzi e così il Terzo Polo potrebbe diventare il fatidico “ago della bilancia”.
Lorenzo Matteoli