
Dunque il “campo largo e litigioso della sinistra” ha avuto il 48,7% dei voti e la coalizione della destra Meloni, Salvini, Berlusconi, ne ha avuti il 44%.
Meloni sarà la prima ministra di un governo di destra in un paese approssimativamente di sinistra: i numeri raccontano una storia diversa e più complicata, che non è quella del trionfo di Giorgia Meloni.
Contrariamente al peana postelettorale non è stata una vittoria travolgente della destra, la sinistra non ha vinto per la inadeguatezza manovriera del suo leader e per la grammatica assurda della legge elettorale.
Meloni lo sa e si muove con relativa prudenza. Salvini non lo capisce (o fa finta di non capirlo) e si comporta con la consueta arroganza.
Senza analizzare il voto, voglio svolgere qualche riflessione sul numero che a mio avviso è il più significativo della vicenda: l’8,8% della Lega di Salvini, che passa dal famoso trionfale 34% attraverso il successivo catastrofico 17% per arrivare all’attuale 8,8%, e muoversi verso un futuro di totale irrilevanza.
Milioni di elettori leghisti si sono resi conto della modesta realtà del segretario Salvini e hanno cambiato idea. Il messaggio non poteva essere più chiaro: vattene.
Nella Lega è in corso una feroce “resa dei conti” fra l’ala pragmatica, amministrativa dei “governatori” (Giorgetti, Zaia, Fedriga) e la base incazzata e frustrata dei seguaci del “capitano” allo sbando.
Salvini, unico responsabile del disastro, fa finta di accettare il risultato e si assumersene la responsabilità, ma nei fatti nega la realtà a sé stesso e agli altri, proclamandosi orgoglioso partecipante della vittoria della destra, una linea irrazionale, ovviamente dettata dall’angoscia e dalla paura, chiedendo per sé e per la Lega ministeri “pesanti” e facendo proposte provocatorie nei confronti della linea, quasi moderata, più volte dichiarata dalla Meloni. Anche lei non senza qualche strampalata contraddizione.
L’atteggiamento di Salvini, coerente con la sua dimensione culturale, logorerà il processo di formazione del governo, avvelenerà i rapporti interni della coalizione di destra, renderà difficile la gestione politica e amministrativa del nuovo governo secondo un modulo operativo che è stata la costante di tutta la fallimentare (anche se a tratti fortunata) carriera politica del soggetto. Ragiona e si comporta come un dodicenne vendicativo e non ha la strumentazione intellettuale per comportarsi diversamente.
Quello che fa impressone nelle sue comunicazioni e interventi è il totale asservimento degli interlocutori, nessuno ha il coraggio di fargli presente la dura realtà. Altro che “mucca” nel corridoio! Un agitato enorme elefante!…e le “boccucce” dello sconfitto capitano sono penose.
Previsione: è sperabile che la linea dei “governatori” costringa Salvini ad atteggiamenti meno assurdi, ma finora non se ne vedono segnali…balbettano tutti. Gli unici che strillano sono i “militanti” tutti partecipi della cieca frustrazione del capo. Meloni non può contrastarlo oltre determinati limiti per non compromettere l’agibilità della compagine governativa avvelenandola con divisioni interne.
Se il problema non si risolve la “grande” vittoria della destra non riuscirà a uscire dalla palude della conflittualità faziosa. Una nota sindrome italiana.
Lorenzo Matteoli