
Diciassette giorni di “trattative”, eufemismo per “attacchi alla jugulare”, hanno dimostrato non solo che “non erano pronti”, ma che non lo saranno mai.
Una parte che per anni ha avuto come economisti leader Bagnai e Borghi (italexit, eurexit, minibot…) è molto difficile che possa esprimere un ministro dell’economia con una visione europea draghiana dell’economia, versato sul “benevolent capitalism” e le consistenti ipotesi sul fisco e sul debito pubblico, con la credibilità professionale necessaria per il ruolo.
La coalizione della destra che ha vinto è in realtà una temporanea associazione di due bruciati da una sconfitta elettorale umiliante con una stra-vincitrice, fra l’altro responsabile delle due brucianti sconfitte.
Né Salvini, né Berlusconi hanno la cultura caratteriale, prima che politica, per accettare la sconfitta e tantomeno per accettarla per opera della loro alleata. Tutto quello che riescono a concepire è la rivalsa vendicativa, aggravata dal loro provato maschilismo e dalla loro arroganza.
Salvini, dopo la catastrofe elettorale, vede con terrore la sua leadership[1] nella Lega andare allo sfascio e vuole a tutti i costi usare il suo ruolo nel futuro governo per rimettersi in sella. Di qui le sue surreali richieste di ministeri e ruoli di vicepremierato, che Meloni non apprezza conoscendolo per l’incompetente, arrogante farfuglione del Papeete. Decisamente poco adatto a un “Consiglio dei ministri di alto profilo”: poco credibile a livello Europeo e internazionale dove è considerato “a spaghetti politician”.
Berlusconi, patetico nella vecchiaia di consunto viveur, bruciato da un disastro elettorale simile a quello di Salvini e sempre per opera della alleata vincitrice, annaspa con i suoi avvocati in processi che potrebbero di nuovo valergli la decadenza da qualunque responsabilità di governo e ha disperatamente bisogno di controllare il ministero della giustizia, da dove tentare di salvare le sue fortune processuali e del ministero delle telecomunicazioni per tutelare il suo impero televisivo/pubblicitario. La sua situazione è resa ancora più delicata dalle promesse che ha fatto alla sua protetta Licia Ronzulli, ex infermiera a suo tempo responsabile della logistica delle olgettine: un’altra figura che guasterebbe non poco l’immagine del governo di alto profilo professionale sognato da Giorgia Meloni.
- Se Giorgia Meloni vince nel confronto muro contro muro con Salvini e Berlusconi e se riuscirà a trovare i ministri di “alto profilo” avrà il governo di alta qualità e competenza che sogna, ma governerà con due soci che avranno in mente solo rancore e vendetta, il cui unico scopo sarà la realizzazione dei loro impegni demagogici e dei loro interessi personali e di impresa e clientela, rispettivamente per Salvini e Berlusconi.
- Se Giorgia Meloni non vince avrà un governo di ministri compromessi e sinistrati da storie personali, amici ambigui e adiacenze equivoche.
Fine del “siamo pronti”.
La terza ipotesi, di fronte al paludoso dilemma, è che Giorgia Meloni non accetti l’incarico di formare il governo denunciando il ricatto dei due soci.
Sarebbe un’ipotesi di eccezionale interesse.
Lorenzo Matteoli
[1] Guadagnata come sostenitore di Trump, ammiratore pecoreccio di Putin, cazziatore di migranti, travestito da poliziotto e da pompiere