Mentre i naufraghi affogano nel Canale di Sicilia: “è finita la pacchia”
Dopo Bali
A Bali Giorgia ha incontrato Biden, Xi Jinping, e molti altri.
Non ha incontrato Emmanuel Macron.
Non sarà facile recuperare dopo lo sbrego provocato dalle stupide battute di Salvini che Meloni non ha censurato come avrebbe dovuto e che quindi sono diventate la linea del governo. Linea dura, “è finita la pacchia”, il “grazie” supponente a Macron per l’accoglienza alla Ocean Viking e la reazione irritata (eufemismo) del presidente francese.
Dopo l’autorevole, garbato, intervento del presidente Mattarella, Macron attende un segnale diretto ed esplicito dal presidente del Consiglio dei Ministri Italiano Giorgia Meloni, che cincischia con una dichiarazione oleosa nella quale chiede a tutti ad “abbassare i toni”. Non ho letto nelle comunicazioni di Giorgia Meloni l’impegno, citato dai giornali, di ”contenere” Salvini. “Contenimento” che potrebbe essere difficile perché il soggetto non dispone della base culturale-critica per comprendere le implicazioni, peraltro elementari, dei suoi ragli. Non so valutare se la reazione di Macron sia stata eccessiva, anche perché mancano le traduzioni in francese delle dichiarazioni sue e di Giorgia Meloni: è possibile che la traduzione abbia trasmesso in modo più pesante (se possibile) le battute irresponsabili, solo motivate dalla foia di compiacere la sua base elettorale denisovana, di qui l’appiccicoso equivoco successivo. È corretto esprimere qualche riserva sulla reazione, quasi isterica, di Emmanuel Macron e molte riserve sull’appello agli altri 25 paesi UE contro l’Italia….du calme SVP. Meloni continua a citare i numeri che le fanno comodo (90 mila sbarchi) e non quelli della realtà secondo i quali l’Italia è quarta per sbarchi e quindicesima in Europa per richieste di asilo. Lontani quindi dalla demagogica conclamata “invasione”. Una sciocca, irritante furbizia.
Il processo a Roberto Saviano
Si celebra a Roma il processo a Roberto Saviano querelato da Meloni e Salvini che come segretaria di FdI lei e segretario della Lega lui, vennero a suo tempo qualificati di “bastardi” alla televisione, con riferimento alle loro ciniche dichiarazioni sui migranti, dopo la visione del tragico video della madre che in mare gridava disperata “I lost my baby!” I due querelanti, lei ora capo del governo e lui ora ministro, avrebbero un’occasione rara per dimostrate stile e tratto imperiale, ritirando le querele, ma ci vuole la cultura di Marcus Ulpius Nerva Traianus. Nulla che lo faccia sperare nel bagaglio di Giorgia Meloni e men che meno in quello del ministro/poliziotto. Arroganza e rancore becero. Ecco la dichiarazione che Roberto Saviano non ha potuto fare nell’aula del Tribuinale:
Lorenzo Matteoli
Il rischio «democratura»

è finita la pacchia
«Non mi è stato permesso di fare dichiarazioni spontanee» afferma Saviano che legge alla stampa quello che avrebbe voluto dire al giudice monocratico: «Ho fiducia che si possa finalmente esorcizzare la più subdola delle paure e cioè che avere un’opinione contraria alla maggioranza significhi avere un’opinione non legittima, e che quindi avere un problema con la maggioranza di questo Governo significhi avere un problema con la giustizia. Ciò sarebbe gravissimo e confermerebbe un’ipotesi che questa maggioranza politica voglia condurci verso una democratura»
«Difendo la libertà di parola»
«L’accusa è quella di aver ecceduto il contenimento, il perimetro lecito, la linea sottilissima che demarca l’invettiva possibile da quella che qui viene chiamata diffamazione» spiega ancora l’autore di «Gomorra». «Io sono uno scrittore: il mio strumento è la parola. Cerco, con la parola, di persuadere, di convincere, di attivare. Sono uno scrittore e quindi, avendo ottenuto la libertà di parola prima di qualsiasi altra, sono deciso a presidiarla – prosegue – Ho sempre scelto di difendere le mie parole con il mio corpo in maniera differente rispetto a quanto fanno molti parlamentari, che hanno usato lo scudo dell’immunità quando hanno avuto bisogno di proteggersi dalla giustizia: lo ho fatto la scelta opposta, ho scelto di esporre il mio corpo e le mie parole negandomi la possibilità di un riparo sicuro, di rifugiarmi in una zona franca tra la legge e l’individuo: perché mi illudo ancora, forse ingenuamente, che dalla giustizia non ci si debba proteggere, ma che sia essa stessa garanzia di protezione».,
«Parole perfino troppo prudenti»
«Dinanzi ai morti, agli annegamenti, all’indifferenza, alla speculazione, dinanzi a quella madre che ha perso il bambino, io non potevo stare zitto – – spiega Saviano – E sento di aver speso parole perfino troppo prudenti, di aver gridato indignazione perfino con parsimonia».
Roberto Saviano