L’OTTIMISMO DELLA VOLONTA’

NORMA RANGERI
Direttore del MANIFESTO

Essere ottimisti quando tutto va bene, nel migliore dei mondi, non ha nessun senso.

Nei momenti più cupi, nel buio della tragedia più nera, quando ogni speranza è assurda e irresponsabile, l’imperativo categorico è l’ottimismo.  L’assoluto, totale, inossidabile, granitico ottimismo.

Oggi nulla giustifica, suggerisce o invita all’ottimismo, ma è proprio per questo che l’ottimismo è un mandato ineludibile.

Una guerra criminale e assurda provocata dalla malattia mentale di Putin e dei suoi generali provoca centinaia di migliaia di morti, civili e militari, donne, bambini, vecchi… non finirà con vittorie e sconfitte, ma continuerà consumandosi su stessa per anni a venire. Centinaia di conflitti sconosciuti nel mondo, non dichiarati che costano milioni di morti ammazzati, miseria senza fine di altri milioni di soggetti. Istituti internazionali privi di telos, di autorità di strumenti di comando, gestiscono sé stessi e la loro celibe burocrazia, monumenti faraonici all’inutilità costosa. Democrazie travolte dalla corruzione, leader incapaci o corrotti, parlamenti di decerebrati eletti da minoranze manipolate. 
Pandemia ancora misteriosa e fuori controllo.

Incompetenti, arroganti o semplici sciocchi eletti a responsabilità e poteri che né comprendono né controllano, elettori ignoranti che, manipolati da media venduti e settari, mandano ai governi deputati servi.

A fronte di tutto questo e di tutte le altre sciagure correnti che non elenco, per quale logica ragione si può essere ottimisti? 

Semplice: non c’è altra scelta. 

L’opzione pessimista è solo una ribaditura dello status quo, una completa rinuncia ad agire.

Rileggo questo mio incipit e mi sembra il pensiero di un folle.

Ma poi mi capita di leggere  l’articolo di Norma Rangeri sul Manifesto (Squarci di futuri possibili) dal quale riporto l’inizio:

“Se guardiamo il mondo con occhiali diversi, con uno sguardo tutto nostro, se «siamo lenti», come dice lo slogan della nostra campagna abbonamenti, allora proviamo a squarciare il cielo plumbeo che avvolge il Pianeta. Proviamo a illuminare le idee, le battaglie, le utopie di chi, ogni giorno, per mare e per terra, vive e lavora per il bene comune. Di chi di fronte alle ingiustizie e alle sofferenze dei popoli non si gira dall’altra parte. Queste 16 pagine speciali provano a raccontare come si va controcorrente per dare speranza, gambe e cuore alle alternative possibili. In un momento in cui i partiti si sgonfiano e la militanza trasmigra nella società.”

Seguono dieci cartelle: meravigliosa flotta delle Ongragazzi dei FridaysGkn di Campi Bisenziogiovane società iranianacome contrastare una delle forme più brutali del capitalismo,estrattivismo che depreda le popolazionidal Rojavaimpegno di una ministra femministatecnoscienzepensiero.

E ancora leggo l’articolo di Bernard-Henry Levy su “La Repubblica” “La Terza Rivoluzione Russa”.

Dal quale cito:

L’Ucraina vincerà. Non è un auspicio. Non è neanche un’ipotesi. È una convinzione. La Russia potrà agitarsi quanto vuole. Uccidere. Bombardare. Ricostituire i suoi arsenali missilistici. Potrà creare, come a Stalingrado, dei cordoni, o addirittura dei doppi cordoni, di zagradjtelnij otrjad, le «unità di sbarramento» incaricate di giustiziare i soldati che siano tentati di battere in ritirata o arrendersi. Fin dai tempi antichi esiste una legge incrollabile, che dice che la vittoria non arride allo stratega più bravo (nemmeno Pericle, inerme di fronte alla determinazione delle falangi spartane), né a chi dispone delle armi migliori (le lance perfettamente cesellate impotenti, nell’Iliade, contro la volontà degli dei), né all’esercito più numeroso (i 300 opliti di Leonida che sconfiggono alle Termopili la potente armata persiana), ma a quelli che, come lui, Leonida, o molto più tardi Frank Capra, possono dire: «È per questo che combattiamo: non siamo là, al fronte, per ubbidire a un tiranno che ci usa come carne da cannone, ma per amore di una famiglia, di una patria, di un’Idea.”

Due dichiarazioni di assoluto, nel caso di Levy anche sofferto, ottimismo, e mi dico “non sono solo io.”

Questo dunque il mandato, le priorità, il programma per il 2023 perché il futuro voluto è pur sempre quello più probabile.

Lorenzo Matteoli

The optimism of will
Being optimistic when all seems well in the world doesn’t make much sense.
In the darkest moments, in the nightmare of the worst tragedy, when any hope seems absurd, the categorical imperative is optimism: absolute, unreserved optimism.Today there is nothing to be optimistic about, which is precisely the reason to hold optimism as mandatory.
A criminal and absurd war caused by Putin’s mental illness and by his generals’ cowardice kills hundreds of thousands of civilians, soldiers, women, children and old people… and will not end with victory or defeat, but will continue consuming itself for years to come.  There will be hundreds of unknown, undeclared conflicts in the world, killing millions, and creating endless misery for other millions.  International institutions deprived of scope, authority and control, survive with their vast headless bureaucracy, as monuments to costly uselessness – democracies crushed by corruption, incompetent leaders, with parliaments of fools elected by manipulated minorities.  The pandemic remains mysterious and out of control.Arrogant fools are elected to responsibilities and powers which they neither understand nor control.   Ignorant voters manipulated by sectarian media, send obliging representatives to rule.
Given all this and all the other current disasters, for what logical reason can one be optimistic?

Simple answer:   There is no other choice.The pessimistic option is just submission to the status quo, complete denial.
I reread this incipit of mine and it seems to me the thought of a madman.
But then I read Norma Rangeri’s article in the Manifesto (Glimpses of possible futures) from which I quote: 
If we look at the world through different glasses, with our own eyes, if we are slow, as we claim to be in our political platform, then we try to pierce through the dark sky over the planet. Let us try to clearly state the ideas, the battles, the utopias of those who, every day, by sea and by land, live and work for the common good. Of those who, faced with the injustices and suffering of the peoples, do not turn away. These special pages try to tell how we march against the tide to give hope, and means to possible alternatives. At a time when parties are failing and militancy occupies society.

And again I read the article by Bernard-Henry Levy in “La Repubblica” “The Third Russian Revolution”,  from which I quote:
Ukraine will win. It’s not a wish. It’s not even a guess. It’s a belief. Russia will be able to mess around as much as she likes. Kill. Bomb. Stock its missile arsenals. They will be able to create, as in Stalingrad, cordons, or even double cordons, of “zagradjtelnij otryad”, “barrage units” charged with executing soldiers tempted to retreat or surrender. Since ancient times there has been an unshakable law which says that victory does not come to the best strategist (not even Pericles, confronted by the determination of the Spartan phalanxes), nor to those who have the best weapons (the perfectly chiseled spears, powerless against the will of the gods, in the Iliad), nor to the largest army (the 300 hoplites of Leonidas who defeated the powerful Persian army at the Thermopylae Pass), but to those who, like him, Leonidas, or much later Frank Capra, can say : “This is why we fight: we are not there, at the battle front, to obey a tyrant who uses us as cannon fodder, but out of love for a family, a country, an idea.”

Two statements of absolute optimism, painful for Henry-Bernard Levy, then I tell myself  “it’s not just me.”


So, this is the mandate for 2023, because the basic truth is that the desired future is still the future most likely to happen.

Lorenzo Matteoli

Informazioni su matteolilorenzo

Architetto, Professore in Pensione (Politecnico di Torino, Tecnologia dell'Architettura), esperto in climatologia urbana ed edilizia, energia/ambiente/economia. Vivo in Australia dal 1993
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3 risposte a L’OTTIMISMO DELLA VOLONTA’

  1. Monica Cazzamani Bona ha detto:

    Mi é piaciuto molto

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