Il fu Stadio delle Alpi
Nota 2023, 40 anni dopo gli episodi narrati:
Gianni Armand Pilon, caporedattore centrale de La Stampa di Torino, non ha mai riscontrato questo mio scritto, come potrebbe farlo se l’intervista non è mai stata fatta? So che lo ha letto come tutta la redazione de La Stampa: me lo disse Luciano Borghesan. La Stampa non ha mai raccontato ai Torinesi la storia dell’arbitrato praticamente vinto dalla Città. Ancora oggi mi pento di non avere a suo tempo chiesto un voto del Consiglio Comunale sulla “pista”. Tutto sarebbe stato diverso, ma non necessariamente “meglio”. La storia gioca questi scherzi: qualche volta gli “errori” si svolgono in modo molto più vantaggioso delle decisioni “giuste”.
La lettera di Chiusano † e Nizzola † al Sindaco Cardetti, con la quale comunicavano che le squadre Torino F.C e Juventus F.C. avrebbero costruito lo stadio con la pista alla Continassa, se la Città avesse ritirato la concessione alla SAPAM, è un esempio dell’irresponsabile, avida arroganza della Signoria Agnelli/FIAT nei confronti della Città di Torino e del clima di sopraffazione che vigeva nell’Amministrazione torinese in quegli anni. La proposta non venne riscontrata dalla Città, ma non mancarono sostenitori nel Consiglio Comunale. Se fosse stata accolta la Città avrebbe dovuto pagare decine di miliardi di lire per la rottura del contratto con la SAPAM: come facevano due avvocati come Chiusano † e Nizzola † a ignorare questo dettaglio?
Alla fine, comunque i conti tornano: la Città con i sindaci Castellani (ex DC eletto con lista civica), Chiamparino e Fassino (ex PCI), con l’enfiteusi di 99 anni, ha in pratica regalato lo Stadio delle Alpi e il comprensorio della Continassa alla Juventus (FIAT, Agnelli), che ha demolito lo stadio, in servile omaggio al Principe, e ha costruito un nuovo stadio senza pista. La costruzione di due stadi con denaro privato (SAPAM e FIAT/Juventus), stile “new deal” roosveltiano, ha portato nell’economia torinese una cifra valutabile con prudenza in 500 milioni di euro. Soldi che hanno consentito, in modo diretto e indiretto, di alleviare il buco economico provocato dallo scialo delle Olimpiadi del 2006 e salvato la Civica Amministrazione da una quasi certa bancarotta.
La polemica pista-non-pista era comunque irrilevante: come dicevo allora, senza essere riscontrato dai media torinesi, lo stadio era un dettaglio minimo nell’operazione complessa che ha riscattato il Nord Ovest di Torino e comportato incremento di valori immobiliari e di qualità urbana superiori a qualsiasi possibile valutazione monetaria. Il Parco della Continassa e il Nord Ovest di Torino, riscattato a nuova qualità urbana (trasporti pubblici, infrastrutture ferroviarie, sottopassi e viabilità, eliminazione sardigna, eliminazione orti urbani, eliminazione mattatoio, grande parco attrezzato, strutture alberghiere etc.) sono un monumento alla capacità e coraggio dell’Amministrazione pentapartito torinese 1985-1992 (Sindaci Giorgio Cardetti †, Valerio Zanone †, Maria Magnani Noja †, Giovanna Cattaneo Incisa †, Assessore all’urbanistica Bepi Dondona †, Assessore al Legale Andrea Galasso †, Assessore al Verde pubblico, Sport, Turismo e Tempo Libero Lorenzo Matteoli).
Lo Stadio delle Alpi resta l’unica grande opera pubblica realizzata a Torino durante la crisi di “mani pulite”, senza tangenti, nel budget della Convenzione di Concessione, nei tempi del contratto. Resta anche, ad oggi, l’unico Stadio di Calcio realizzato con una concessione B.O.T. (Build Operate and Transfer) in regime pubblico/privato.
Una operazione che venne definita dagli analisti finanziari “un capolavoro di ingegneria amministrativa”.
La pista per l’atletica, clamoroso errore nei tempi immediati, dovuto alla stupidità del contesto politico culturale, si è rivelata nel tempo una decisione lungimirante: che ha comportato il doppio investimento di denaro privato nell’economia torinese, consentendo il superamento di una crisi che sarebbe stata letale per la Città.
..ed ecco la famosa intervista, mai concessa, mai fatta, mai pubblicata…i giornalisti de La Stampa sono le prime vittime delle loro bugie, silenzi, mistificazioni: come Gianni Armand Pilon, senza rendersene conto, ci credono.
LM
Ieri (era il 22 gennaio 2014) ero a Torino al circolo canottieri Armida, uno dei più antichi e gloriosi circoli di rematori sul Po.
Aspettavo che mia figlia Federica tornasse dal suo allenamento per mangiare con lei quando vedo rientrare una barca con due rematori molto prestanti e vigorosi. Guardo ammirato e un po’ invidioso e uno dei due mi guarda e dice: “Io lei la conosco…” Io mi presento: “Mi chiamo Lorenzo Matteoli…” Lui dice: “Lo so, io mi chiamo Gianni Armand Pilon e sono un giornalista de La Stampa…” “Ah!” dico io, “ricordo bene, eri giovanissimo allora, eri uno di quelli che mi faceva il culo sullo stadio quando ero assessore…” Poi costretto dalla mia condanna torinese continuo: “…e pensare che lo Stadio delle Alpi è stato l’unica grande opera realizzata a Torino senza tangenti, nel budget previsto e nei tempi previsti..” Mi interrompe Gianni Armand e dice “Ma va! avete raddoppiato, triplicato i costi…” Resto interdetto e spiego: “…altolà, i costi saranno anche aumentati, lo sosteneva il concessionario, ma la città non ha pagato una lira in più del costo previsto nel contratto di concessione, siete voi che avete lasciato credere ai torinesi che l’aumento rivendicato dal concessionario sia stato a carico della città e non avete mai raccontato la vera storia. Non avete mai nemmeno raccontato come si chiuse l’arbitrato e quali furono le conclusioni dell’arbitro Mario Barbuto, presidente del tribunale di Torino… anzi avete sempre giocato in modo equivoco con titoli e testi ambigui implicitamente creando la leggenda di una vicenda oscura ed equivoca dietro la quale si nascondevano storie di tangenti e corruzione…vedo ora che tu stesso sei rimasto prigioniero della immagine che avevate coltivato con la vostra sistematica disinformazione e implicita insinuazione…” Pilon evade dicendo: “…sono passati trenta anni …non ricordo… Poi io non mi occupavo dello stadio…”
Arriva Federica, Pilon con il suo coequipier prendono il doppio/due di coppia e si avviano allo spogliatoio.
Più tardi, dopo pranzo, cortesemente viene a salutarmi e molto francamente gli dico …”Sono rimasto scandalizzato…che un giornalista de La Stampa sia così disinformato su un episodio che è stato al centro delle cronache negli anni ‘90 e che ancora recentemente ha avuto forti implicazioni sulla vita della città…mi chiedo: se voi siete vittime della vostra stessa disinformazione come fate a informare i torinesi? Lo scriverò sul mio blog…” Pilon sorride con benevola supponenza e dice “…scrivi….scrivi…”
Ecco dunque “la intervista che Pilon non mi ha mai fatto” e che io non ho mai avuto modo di concedere che non mi ha mai fatta perché non gliela avrebbero mai lasciata fare e se l’avesse mai fatta il giornale non l’avrebbe mai pubblicata.
Il guaio di quasi tutta la stampa italiana è che si possono scrivere solo determinate cose in un determinato modo. Certe verità non si possono scrivere, certe altre vanno taciute o vanno scritte nella specifica ottica e con lo specifico taglio dettato da una convenienza opportuna che tutti conoscono perfettamente, ma che non sta scritta da nessuna parte.
Il risultato di questo “newspeak” (cfr. “1984” di George Orwell) implicito, che a La Stampa di Torino è particolarmente sofisticato e complesso, è una particolare “verità”, una verità torinese virtuale. Virtuale, ma talmente solida che gli stessi giornalisti che lavorano a La Stampa di Torino dopo qualche anno non sono più in grado di distinguere la realtà dalla sua immagine come proposta dalle cronache torinesi del loro giornale che peraltro proprio loro hanno scritto. Per questo sono assolutamente onesti quando si riferiscono alla verità che hanno costruito come alla verità storica effettiva e considerano con sufficiente supponenza chi invece ci si riferisce e la assume: un povero ingenuo che crede ancora che la terra sia una sfera e non sa invece che è piatta, piattissima. Questo il senso del gentile compatimento di Gianni Armand Pilon quando gli raccontavo come stavano veramente le cose dello Stadio delle Alpi numero uno.
Quella che segue è dunque l’intervista che Pilon non mi fece mai, che io mai concessi e che mai venne pubblicata.
Pilon: Assessore, tutti a Torino erano sicuri che la Fiat Engineering sarebbe stata scelta come concessionaria per la costruzione e gestione del nuovo stadio, come mai le cose sono andate diversamente?
Matteoli: Basta leggere i verbali della commissione consiliare che ha esaminato i progetti e le offerte dove sono chiaramente espresse le motivazioni sia della scelta della Società dell’Acqua Pia Antica Marcia (SAPAM) come concessionaria che le motivazioni delle esclusioni delle altre offerte: la Fiat Engineering non presentava un documento specificamente richiesto sia dal bando che dalla legge relativa alle concessioni: il piano economico finanziario dal quale risultasse chiaramente l’interesse della Concessionaria a “ben condurre l’opera”. Ma sembra che i verbali e i documenti ufficiali i giornalisti de La Stampa non li abbiano mai letti. O forse li hanno letti…
Pilon: È incredibile che una società esperta come la Fiat Engineering abbia fatto un simile errore!
Matteoli: In realtà Fiat Engineering non ha fatto un errore: non aveva scelta. Se avesse presentato un piano economico finanziario corretto avrebbe denunciato le squadre Torino Calcio e Juventus FC la società di Bastino concessionaria della pubblicità al vecchio stadio e la amministrazione della città di Torino con il sindaco Novelli † che avrebbero dovuto spiegare la complessa imbarazzante contabilità.
Pilon: ??
Matteoli: La città da anni cedeva la concessione della pubblicità al comunale alla società Publimondo di Bastino un amico personale di Diego Novelli † per poche centinaia di milioni (300 nel 1988) mentre il contratto valeva due o tre miliardi. Se la Fiat Engineering nel piano finanziario avesse messo la cifra giusta di circa tre miliardi avrebbe provocato imbarazzanti domande a Novelli, Chiusano †, Boniperti † e Nizzola da parte di qualche diligente magistrato torinese, se avesse messo una cifra finta non poteva far quadrare i conti. Scelse quindi di dire che non aveva elementi per valutare i cespiti attivi della pubblicità per fare il Piano richiesto dal bando e dalla legge. Ma li conosceva benissimo, come li conoscevano tutti gli altri partecipanti al bando.
Pilon: … Ma lei come fa a sapere che la pubblicità valeva circa tre miliardi?
Matteoli: …semplice: la prima cosa che feci come assessore, incontrando forti resistenze sia nella maggioranza che nell’opposizione, fu di mettere a concorso la concessione della pubblicità al Comunale che venne appunto data a 2,7 miliardi di lire all’anno. Ma lo sapevo anche perché una volta ero andato al Comunale e avevo contato i cartelli, avevo poi telefonato a Publimondo chiedendo una offerta per esporre tre cartelli…
Pilon: Jdaflivvjad fbijadfv!!
Matteoli: Già…
Pilon: … A Torino si diceva che erano state pagate carrettate di soldi ai membri della Commissione per pilotare la decisione…
Matteoli: Non proprio carrettate: un membro della Commisssione, l’allora Assessore all’Urbanistica Ricciotti Lerro, aveva ricevuto una stecca dalla Fiat per appoggiare il progetto Fiat Engineering. Ci fu un processo e l’assessore ammise e non venne condannato perché, nonostante la stecca presa, non aveva poi votato per la Fiat. Il progetto e l’offerta vincitrice risultarono primi con largo punteggio in un processo di valutazione multicriteria che non lasciava dubbi. Tutte le proposte delle imprese torinesi contenevano almeno una condizione “suicida” che non rispettava le condizioni del bando o quelle di legge per un motivo che compresi solo dopo qualche mese.
Pilon: Lo stadio è costato molto di più della cifra prevista di 60 miliardi, la concessionaria sostiene di aver speso 250 miliardi: i torinesi sono scandalizzati da questo aumento e credono che ci sia stata una artificiosa sottovalutazione per poter prendere il contratto e poi rivalersi con l’aumento dei costi forzato e la complicità della amministrazione a guida socialista.
Matteoli: Le cose non stanno affatto così e di nuovo la attenta lettura dei documenti non lascia dubbi. La cifra di sessanta miliardi è sempre stata dichiarata come convenzionale e così sta scritto anche nella convenzione, la città era impegnata a pagare 30 miliardi e li ha pagati. Sul contenzioso è stato aperto un arbitrato che si è concluso con la dichiarazione di incompetenza dell’arbitro il quale ha però stilato comunque un lodo che ha visto la concessionaria soccombere: le sono stati aggiudicati poco più di due miliardi se non ricordo male rispetto ai 250 che chiedeva.
Pilon: Immagino che la concessionaria avrà fatto ricorso coltivando il contenzioso in sede TAR…
Matteoli: No, la Concessionaria non ha più proseguito l’azione rivendicativa perché il lodo scritto dall’arbitro era blindato documentalmente e non lasciava spazio per fantasie. Questo il motivo della rinuncia della concessionaria. Avrebbe comunque perso e speso altri soldi in avvocati.
Lo stadio è stato costruito nel budget e nei tempi con un grande vantaggio per la città di Torino. La stampa non lo ha mai fatto sapere ai torinesi perché avrebbe dovuto smentire anni di manipolazione e di disinformazione. Avrebbe perso la faccia insieme ai suoi giornalisti omologhi.
Pilon: Molto interessante assessore questa informazione che certamente farà molto piacere ai torinesi. La pubblicheremo senz’altro!
Matteoli: Caro Pilon non la pubblicherete mai anche perché tu non me la hai mai fatta e io non l’ho potuta mai concedere. Lascerete i torinesi con la convinzione che lo stadio sia costato ai cittadini un sacco di soldi e che in tutto l’affare ci siano state equivoche connivenze tra amministrazione e concessionaria. Anzi ti dirò di più tu stesso dimenticherai di questa intervista che non hai mai fatto e che io non ho mai potuto concedere e per molti anni sarai convinto anche tu che lo stadio è costato una montagna di denaro e che ci sono state equivoche connivenze tra amministratori e concessionaria.
È questo genere di disinformazione che condanna Torino alla modestia: chi non vuole conoscere il passato ne sarà sempre schiavo ed è a questa schiavitù che La Stampa e i suoi giornalisti condannano da sempre i torinesi.
Poi il 22 Gennaio del 2014 mi incontrerai all’Armida…
Gianni Armand Pilon leggerà questa finta intervista che lui non ha mai fatto sul mio blog e forse su LSblog, non risponderà, non potrà smentire una intervista che non ha mai fatto e tutto resterà come prima. Gianni Armand Pilon è uno dei migliori giornalisti de La Stampa di Torino: omologo alla linea non scritta né dettata, ma scrupolosamente rispettata.
PS chi vuole dettagliate informazioni sulla vicenda dello stadio le può trovare a:
http://members.iinet.net.au/~matteoli/html/Articles/Diziostadio3.html
E nell’opera di Maurizio d’Angelo a:
http://continassa.blogspot.it/2013/09/operazione-continassa.html
http://www.lulu.com/shop/maurizio-dangelo/operazione-delle-alpi/paperback/product-20436846.html
Una lettura utile anche per Gianni Armand Pilon.
Anche dopo quaranta anni trovo divertente questo esercizio e l’idea dell’intervista mai fatta e mai concessa …sfiziosa. Per questo a distanza di decine di anni la ripubblico convinto che nel pubblico di oggi vi siano molti che la storia non la conoscono e che non hanno mai letto la divertente intervista mai concessa e mai fatta. LM