Avevano ragione ma sbagliavano

 

29 settembre 2017

Nothing good ever came out of revolutions…Una banalità corrente che contiene alcune apparenti banali verità, ma che è sostanzialmente falsa. Oggi viviamo nel mondo occidentale che è debitore di tre grandi rivoluzioni: quella francese, quella russa e quella americana. Possiamo piangere, deprecare e condannare i massacri delle migliaia di morti, le efferatezze degli estremismi e delle brutali generalizzazioni e semplificazioni dei rivoluzionari, possiamo condannare il prezzo pagato di vite innocenti o colpevoli, ma restano i valori delle filosofie e degli idealismi che hanno innescato quelle storie.

Resta anche il rimpianto per il danno, sempre irrecuperabile, che gli errori rivoluzionari hanno provocato su quegli ideali. Resta la domanda: si potevano evitare? Si potevano conquistare la libertà, la democrazia, l’uguaglianza sociale senza i milioni di morti e senza la criminalità spuria del ‘collateral damage’?

Questo è uno spartiacque ideologico drammatico. Certo che si sarebbe potuto, ma ci sarebbe voluta molta più intelligenza, cultura e conoscenza.

Caratteristiche che è puerile chiedere da una parte a chi è schiavo o muore di fame e dall’altra a chi è assatanato di potere.

Ci sarebbero voluti molti più ’no’ scomodi detti e fatti’ … molti meno ‘sì’ comodi, estorti o concessi per debolezza colpevole o peggio…

Un tema che occupa tonnellate di carta scritta, milioni di ore di pensiero e riflessione che mi serve solo per provocare un’altra riflessione.

Non sulle rivoluzioni storicamente vittoriose, ma su quelle abortite, tentate, e morte per repressione o per esaurimento della spinta iniziale degli ‘illuminati’ ideologi o teorici.

Sulle rivoluzioni ‘sbagliate’, tradite o represse.

Su una in particolare mi interessa riflettere, quella che abbiamo vissuto in Italia negli anni 1970: le Brigate Rosse. Anche su questo episodio sono stati scritti volumi, biografie, cronache, analisi, elenchi, ma poco approfondimento sul manifesto ideologico. Che non c’era. Il ‘pensiero’ dei brigatisti rossi, che traspare dai loro comunicati, è schematico. Citazioni grezze dei testi sacri dei pensatori marxisti e leninisti, qualche riferimento a Herbert Marcuse, ma nessuna elaborazione originale, nessun approfondimento sulla società Italiana di quegli anni, sulla economia, sulle condizioni della media piccola borghesia e sulla società operaia. Solo battute conformi e slogan da bar sport.

Questo in Italia patria di Gramsci, dei fratelli Rosselli, Filippo Turati. Tutti o sconosciuti o rifiutati in blocco con il PCI, il PSI e la sinistra cattolica: battagliera questa e sempre sospettata dal Vaticano, ma non priva di pensiero e azione se si ricordano Dossetti, La Pira e, a Torino, sconosciuto a molti ma non ai veri cultori del cattolicesimo francescano, Giorgio Ceragioli, professore ingegnere.

I BR non erano ‘pensatori’, ma la loro intuizione viscerale che le cose andassero molto male in Italia e che ci volevano cambiamenti radicali era sostanzialmente giusta.

Era giusta l’insofferenza per il PCI reso bolso dalla consociazione, era giusta la denuncia della Democrazia Cristiana asservita al potere spurio delle banche vaticane o vaticaneggianti era giusto il sospetto sui socialisti …’da bere’…

E che fossero giuste queste intuizioni lo dimostra, dopo quasi mezzo secolo la situazione attuale del Paese: il dominio diffuso e pervasivo di affinità mafiose, la confusione demagogica del populismo, la debolezza imprenditoriale, l’evasione sindacale…il degrado dei valori che ha raggiunto vertici incredibili quando chi se ne vantava padrino è risultato essere anche lui un opaco pasticcione con strane scatole di scarpe (cfr. intervista Gabbanelli/Di Pietro su Report).

Ma quella giusta intuizione venne tradita dalla grossolanità pragmatica di chi pensò che poteva essere rappresentata ammazzando magistrati, poliziotti sindacalisti e giornalisti.

La generale stanchezza dei talk show televisivi affollati da irritanti insulsi vocianti battibeccatori …

Ma la cosa più preoccupante è il vuoto progettuale e di tensione ideale della giovane generazione, contenti di chattare sui loro telefonini e di tagliuzzarsi le brache perché così lo detta ‘la moda’.

Non ci vuole molta riflessione per capire che quello che oggi ci soffoca è proprio il fallimento dei nostri anni di piombo quando intuizioni giuste, vere e solide non sono state elaborate in un pensiero maturo e in una visione di lungo termine e sono state tradite in qualche centinaio di omicidi assurdi, inutili.

I morti ammazzati degli anni ’70 meritano oggi dopo 50 anni il rispetto di una vera rivoluzione culturale epocale dove l’unico massacro sia quello della ottusa, arrogante, stupidità.

Se avessi venti anni il progetto mi affascinerebbe.