Cosa sta succedendo con il petrolio 2

Nel mio componimento su cosa sta succedendo con il petrolio avevo concluso con un riferimento al possibile effetto sul prezzo del greggio di speculazioni finanziarie e di vendite “short”  di titoli petroliferi o fortemente partecipati da aziende e finanziarie del petrolio. Ho cercato ulteriore documentazione e consultando la rassegna stampa di Assomineraria ho trovato un libro di Salvatore Carollo Understanding Oil Prices: a guide to what drives the price of oil on today’s markets”.

Lettura indispensabile, non facile, per comprendere uno dei più complessi mercati del mondo per le interazioni geopolitiche dei paesi produttori, per le tecnologie di trasformazione, per le interazioni finanziarie, per i giochi delle diverse potenze industriali e per la determinante importanza della materia prima petrolio come struttura e strumento del mondo industriale contemporaneo.

L’autore spiega molto bene per quali motivi il prezzo del petrolio greggio è oggi quasi irrilevante agli effetti della definizione dei prezzi dei prodotti finiti e in quale modo tutte le normative di tutela dell’ambiente imposte negli ultimi anni abbiano reso ancora più complesso il sistema di processi per la produzione delle benzine che usiamo quotidianamente. Salvatore Carollo spiega anche per quale sequenza di avvenimenti il prezzo del greggio è stato “finanziarizzato”  a partire dal l 1988 e oggi non rappresenta se non in modo molto mediato il regime di scambi reali domanda/offerta. Ragione per la quale tutte le previsioni del suo andamento futuro di breve medio termine sono impossibili in difetto di informazioni molto intime e protette nell’intrico degli interessi delle diverse istituzioni finanziarie che trattano di oil futures.

Di seguito cerco di sintetizzare i concetti fondamentali e rimando alla lettura del testo di Salvatore Carollo disponibile in edizione kindle su Amazon

 

In un sistema di mercato e di processi industriali condizionati dalla chimica della raffineria che trasforma il petrolio greggio in entrata nei prodotti finali commerciabili, il prezzo del greggio in entrata è dettato rigidamente dai prezzi dei prodotti finali. Una condizione che è esattamente all’opposto rispetto alle ipotesi che si fanno nel modello previsionale classico per il quale il ruolo determinante è quello del costo del materiale greggio immesso nel sistema/processo. In altre parole: la radicale trasformazione dei processi di raffinaggio provocata dalla evoluzione delle norme dettate dai vincoli ambientali ha determinato la condizione per la definizione del prezzo del petrolio greggio che non è più in funzione della domanda e dell’offerta della materia prima, ma in funzione dell’offerta dei prodotti finiti messi a disposizione dai processi di trasformazione e manipolazione e della domanda per questi prodotti sui vari mercati nelle varie stagioni. La legge della domanda e dell’offerta è sempre valida ma va applicata al rapporto domanda/offerta relativo ai prodotti finiti.

Una condizione tecnologica che richiede competenza molto specifica sui processi di trasformazione e sulla loro complessità: una competenza che manca completamente agli analisti con preparazione puramente economica.

Per questa ragione la obiezione che viene correntemente fatta dal pubblico “laico” che non si rende conto dei motivi per i quali quando il prezzo del greggio scende e viene ridotto per fattori il prezzo della benzina al distributore non cambia: il prezzo del petrolio greggio è in pratica irrilevante nella formazione del prezzo finale di vendita del carburante, che è invece dominato dalle tasse e dai costi di raffinazione e manipolazione per la preparazione del prodotto finale.

La storia del prezzo del greggio dal 1973 (data della crisi del Kippur e del primo cartello OPEC) ad oggi  è una storia complessa e avventurosa di contrapposizioni e conflitti fra diverse aree geopolitiche e fra diverse corporazioni industriali: produttori OPEC, produttori non OPEC (Brent), compagnie petrolifere, trasportatori e costruttori di oleodotti, gestori di impianti di stoccaggio, enti di normazione e legislatori, lobbies e mercati di consumatori.

Nel 1988 con la definizione dell’unità puramente finanziaria del greggio (BRENT) da parte dell’OPEC  e con la definizione del Net Back Value System[1] proposto da Ahmed Zaki Yamani è iniziato il processo di “finanziarizzazione”  del prezzo del greggio  e delle sue proiezioni ipotetiche nel futuro (i futures).

Come conseguenza i mercati finanziari si sono impadroniti degli scambi di oil futures che hanno rapidamente raggiunto volumi superiori per ordini di grandezza rispetto al petrolio effettivamente estratto e venduto dai produttori agli utilizzatori. Il prezzo del greggio fissato e scambiato dai “futures” è determinato da criteri di aspettativa puramente finanziaria e spesso speculativa che non hanno nessuna relazione con l’effettivo valore di scambio (domanda/offerta) del crudo estratto dai vari bacini. Solo per brevi periodi e in circostanze particolari il mercato reale del greggio ha ripreso il controllo degli scambi: ad esempio quando nel 2008 tutti gli operatori finanziari e speculativi sono stati costretti a spogliarsi dei loro contratti “futures” per evitare la bancarotta. Alcuni peraltro senza successo (cfr Lehmann Brothers).

Anche nella attuale congiuntura la caduta del prezzo del greggio è determinata e moltiplicata da considerazioni e da operazioni finanziarie solo marginalmente e indirettamente innescata alla situazione contingente dell’oil glut.

 

 

 

 

[1] In base al Net Back Value System chi comprava greggio dall’Arabia Saudita conosceva il prezzo di acquisto e pagava solo dopo aver completato tutte le trasformazioni ed aver venduto i prodotti finiti sul mercato: un dispositivo commerciale che attirò enormi flussi di acquisto sul greggio Saudita.