L’Italia del 1952

Svolgendo una riflessione di un lettore del Legno Storto

http://www.lsblog.it/index.php/esteri/5942-occidente-nel-caos

il commento di Falcone 42

Scarborough 7 Dicembre 2015

Mi piacerebbe che qualcuno mi spiegasse perche’ questa legge non potrebbe essere riscritta adattandola alle organizzazioni filoislamiche di qualunque specie e genere oggi attive in Italia e in Europa.

Perche’ si bombarda al-Raqqah in Siria mentre si proteggono i predicatori fondamentalisti a Milano.

Come mai quello che era chiaro e limpido nell’Italia del 1952 anche a personaggi illuminati e di grande esperienza giuridica e politica come Enrico De Nicola oggi non solo sfugge all’attenzione della cultura generale del Paese, della sua classe dirigente politica, della sua magistratura e dei suoi media, ma viene addirittura ritenuto blasfemo.

Vorrei sapere perche’ questa ipotesi, che qui formalmente ripropongo, oggi mi varra’ l’accusa di essere un bieco reazionario (e forse qualcuno usera’ anche il termine “fascista”) e nell’Italia del 1952 fu invece ovvia e votata dal Parlamento e dal Senato compatti (meno i deputati dell’MSI) e successivamente sistematicamente applicata:

http://247.libero.it/dsearch/legge+scelba/

 

La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno

approvato;

 

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

PROMULGA

la seguente legge:

Art. 1.

(Riorganizzazione del disciolto partito fascista)

Ai fini della XII disposizione transitoria e finale (comma primo)della Costituzione, si ha riorganizzazione del disciolto partito fascista quando una associazione o un movimento persegue finalita’antidemocratiche proprie del partito fascista, esaltando, minacciandoo usando la violenza quale metodo di lotta politico o propugnando lasoppressione delle liberta’ garantite dalla Costituzione o denigrandola democrazia, le sue istituzioni e i valori della Resistenza o svolgendo propaganda razzista, ovvero rivolge la sua attivita’ alla esaltazione di esponenti, principii, fatti e metodi propri delpredetto partito o compie manifestazioni esteriori di carattere fascista.

 

Il testo che segue e’ integralmente preso da Wikipedia.

 

Il contenuto della legge Scelba

La “riorganizzazione del disciolto partito fascista”, già oggetto della XII disposizione transitoria e finale della Costituzione della Repubblica Italiana, si intende riconosciuta, ai sensi dell’art. 1 della citata legge,

« quando un’associazione, un movimento o comunque un gruppo di persone

non inferiore a cinque persegue finalità antidemocratiche proprie

del partito fascista, esaltando, minacciando o usando la violenza

quale metodo di lotta politica o propugnando la soppressione

delle libertà garantite dalla Costituzione o denigrando la democrazia,

le sue istituzioni e i valori della Resistenza, o svolgendo propaganda razzista,

ovvero rivolge la sua attività alla esaltazione di esponenti, principi,

fatti e metodi propri del predetto partito o compie manifestazioni

esteriori di carattere fascista. »

 

La legge n. 645/1952 sanziona chiunque promuova od organizzi sotto qualsiasi forma,la costituzione di un’associazione, di un movimento o di un gruppo avente le caratteristiche e perseguente le finalità di riorganizzazione del disciolto partito fascista, oppure chiunque pubblicamente esalti esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche.

È vietata perciò la ricostruzione del PNF, del PFR e del NSDAP. Ogni tipo di apologia è punibile con un arresto dai 18 mesi ai 4 anni.

La norma prevede sanzioni detentive per i colpevoli del reato di apologia, più severe se il fatto riguarda idee o metodi razzisti o se è commesso con il mezzo della stampa[1]. La pena detentiva è accompagnata dalla pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici.

La questione di legittimità costituzionale

Verso la legge 645 sono state a più riprese sollevate questioni di legittimità costituzionale, poiché si è sostenuto che la norma di fatto negherebbe a una categoria ideologica, o meglio ai possibili sostenitori di una fazione politica, i diritti dichiaratamente garantiti dalla Costituzione in termini di libertà associativa e di libertà di manifestazione del pensiero. La questione fu ovviamente oggetto di animatissime polemiche politiche quando sempre più esponenti del Movimento Sociale Italiano di Arturo Michelini venivano politicamente e giudiziariamente accusati di questo reato.

Fu perciò nel 1956, in occasione di quasi simultanei procedimenti per apologia del fascismo (presso il Tribunale di Torino, la Corte d’appello di Roma e la Corte d’Appello di Perugia), che fu adita la Corte Costituzionale, la quale si espresse nella nota sentenza del 16 gennaio 1957. La difesa dell’imputato di Torino aveva impugnato il citato art. 4 della legge per asserito contrasto con l’art. 21 primo comma della Costituzione, e il Tribunale di Torino vi aveva sua sponte aggiunto un rilievo di non manifesta infondatezza della «pretesa incostituzionalità dell’intera legge n. 645 del 1952 e non anche del solo art. 4». Vi si aggiunsero gli atti trasmessi dalle altre due corti.

La Corte costituzionale, presieduta da Enrico De Nicola (ex presidente della Repubblica), accogliendo il rilievo dell’Avvocatura dello Stato, riassunse che l’eccezione era stata proposta sia per l’intera legge, sia per l’articolo 1 (ricostituzione), sia ancora per l’articolo 4 (apologia), ma nessuno degli imputati, intanto, era in giudizio per il reato di cui all’art. 1 e questa questione fu accantonata. Circa l’intera legge, della quale si richiedeva verifica alla luce dell’art. 138 Cost., onde stabilire cioè se essa costituisse revisione costituzionale (e avesse così infranto la procedura prescritta per le revisioni costituzionali), la Corte stabilì che la legge 645 non aveva rango di legge costituzionale e che quindi non comportava revisione, né contrasto con la norma dedotta, essendo invece mera applicazione della XII disposizione.

Circa l’art. 4, la Corte si soffermò invece a meglio definire la fattispecie delittuosa, segnalando che il reato si configura allorquando l’apologia non consista in una mera “difesa elogiativa”, bensì in una «esaltazione tale da potere condurre alla riorganizzazione del partito fascista», cioè in una «istigazione indiretta a commettere un fatto rivolto alla detta riorganizzazione e a tal fine idoneo ed efficiente». Ritenne perciò la Corte di non ravvisare alcuna violazione delle disposizioni contenute nell’art. 21 della Costituzione, sebbene la motivazione vada dedotta dall’accento posto sul carattere di istigazione dell’apologia e di fatto, come in seguito fu criticamente osservato, si limitò a “glissare” sulla questione di fondo.

La sentenza fu poi citata da una successiva sentenza della stessa Consulta (6 dicembre 1958, n. 74), relativa stavolta all’art.5 della legge 645/52 a proposito della definizione di “manifestazione fascista”, che si occupò di esplicitare in motivazione la ratio della norma, politica e difensiva del giovane regime democratico repubblicano contro i possibili attentati alla sua integrità