LA BARZELLETTA DELLA FUGA DI ARTEM USS

Colpiscono due cose nella incredibile storia della fuga dall’Italia (prevedibile e prevista) del ricco (belloccio) e potente trafficante russo: 1) la rapidità ed efficacia delle reazioni della burocrazia italiana negli ultimi giorni del governo Draghi; 2) la lentezza e confusione delle reazioni della stessa burocrazia (e del Ministro Nordio) nei primi giorni del governo Meloni.

Il denaro, sicuramente abbondante, disponibile per organizzare la fuga non è stato efficace  nei giorni di Draghi, ma è stato immediatamente risolvente nei giorni di Meloni/Nordio.

Ovvero: mentre la burocrazia Draghiana era impermeabile al denaro russo, la stessa burocrazia (o una sua differente versione e diversi rappresentanti con analoghi poteri) è stata permeabilissima e pronta sotto la gestione Meloni/Nordio.

È cosa nota che una delle cose più difficili per i “corruttori” è trovare disponibili e capaci “corruttibili”. Sappiamo anche che a fronte di adeguato prezzo sono pochi quelli che non si vendono. E l’offerta di denaro rusky doveva essere a prova di onestà d’acciaio, qualità rara nella giungla burocratica italiana. In difetto di precise direttive “politiche”. (tipo: fare un dispetto agli odiati Yankees e un favore agli amici di Vladimir Putin).

Nel complesso, a vicenda praticamente chiusa dalla facile e comoda evasione (con il braccialetto elettronico), non resta che ammirare la professionalità e competenza dei “corruttori” russi che nel giro di poche ore (del cambio di governo) hanno saputo trovare la linea di “corruttibili” sicura ed efficace.

Riesce molto difficile credere che non ci sia stata una direttiva politica di calibro superiore.

Il denaro, o le informazioni: cioè nomi e cognomi, di chi manovra armi, petrolio e tecnologie belliche è in grado di spianare montagne.

Come diceva un grande Maestro: “a pensar male si fa peccato, ma quasi sempre ci si azzecca”.[1]

Lorenzo Matteoli


[1] Non sarebbe necessario dirlo, ma le giovani generazioni possono ignorare l’autore della famosa battuta: il “divo” Giulio Andreotti buonanima.

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LA CONTRADDIZIONE SCHIZOIDE SUI MIGRANTI

Scrive Francesco Bei su La Repubblica:

“…basterebbe che la premier e i suoi ministri leggessero le statistiche e i numeri prodotti dalle amministrazioni che dirigono per ammettere quanto sia sbagliata la guerra etnica che stanno scatenando.”

Secondo Paul Krugman “gli immigrati salvano l’economia”.

Si può contestare l’economista/giornalista (Nobel per l’economia) Krugman, ma nel Documento di Economia e Finanza (DEF), approvato dal Governo la settimana scorsa, gli esperti del Ministero delle Finanze (Ministro Giorgetti), pubblicando una tabella sul debito pubblico, arrivano alla conclusione che: “senza immigrati (ma tanti)[1] l’Italia finisce in bancarotta e le imprese non trovano più manodopera”.

La curva della demografia italiana non è sostenibile, il Paese si sta spopolando e sta invecchiando e i migranti sono l’unica soluzione alla linea di solida costante,  culturalmente  irreversibile denatalità che caratterizza l’andamento demografico italiano.

Di fronte a questa documentata realtà abbiamo un ministro che cita la “sostituzione etnica” come pericolo dell’immigrazione (Lollobrigida Ministro dell’Agricoltura), una ipotesi ridicola che ha costretto lo stesso ministro a rimangiarsela dichiarando di averla fatta “per ignoranza”. Ma forse era spinto di più dal desiderio demagogico di compiacere l’ignoranza dei suoi elettori razzisti.

Lo stesso desiderio che ossessiona, nel fanatismo antimigranti, il ministro delle infrastrutture (Salvini) e quello degli Affari Interni (Piantedosi). Nel complesso una cultura di governo sancita dal Premier Giorgia Meloni.

In altre parole: 

  1. i documenti prodotti dal governo e dai suoi istituti amministrativi e tecnici, indicano in modo documentato la necessità di promuovere l’immigrazione, assistere, educare, formare integrare gli immigrati in una strategia di breve, medio e lungo termine dichiarata, strutturata, finanziata e normata.
  2. Il premier Meloni e i suoi ministri Lollobrigida, Salvini e Piantedosi (e probabilmente anche altri) sostengono e promuovono una strategia esattamente opposta.

Una contraddizione che determina una tendenza economica e sociale schizoide chiaramente catastrofica.

Ci si chiede se questo governo sarà in grado di risolverla, ma non si vede come sia possibile. La schizofrenia si può curare negli individui, ma non esistono terapie o trattamenti in grado di guarire un interno governo.

Lorenzo Matteoli


[1] Nell’arco dei decenni si tratta di decine di milioni.

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ELLY SCHLEIN OPACA GALLEGGIATRICE

Galleggiare sul termovalorizzatore a Roma è criminale

Un leader deve guidare, indicare la strada, decidere, assumersi la responsabilità di scegliere.

Accusare il Governo Meloni di scaricabarilismo e dire che la scelta del termovalorizzatore romano è una scelta  fatta prima della sua elezione alla segreteria è una contorsione ideologica di poco prezzo.  
Guarda come scarico bene i barili io che accuso te di scaricare i barili. 
Decisamente opaca la prima uscita della nuova segretaria.
Mentre la Città di Roma è diventata un immane discarica a cielo aperto con fetore, cinghiali, ratti, pantegane, scarafaggi e altri animali immondi dominano il paesaggio della Capitale e lunghi treni merci carichi di monnezza romana partono quotidianamente per i termovalorizzatori del Nord Italia e del Nord Europa per il costoso esercizio di gestire la catastrofica incapacità capitolina, è criminale bloccare il termovalorizzatore di ultima generazione (ambientalmente super-pulito) evocando l’economia circolare (forse venti anni a venire) e la raccolta differenziata (forse 30 anni a venire). Vuol dire condannare Roma a un futuro di fogna irreversibile.
Quando, se mai, queste meravigliose presunzioni saranno vere Roma sarà sotto uno strato di diversi metri di immondizia.
La ovvia posizione di Conte, che da sempre insegue la demagogia più laida.
I 5 Stelle non sono un’ipotesi politica: sono il monumento del puerilismo qualunquista che ha avvelenato la politica italiana negli ultimi 15 anni. Conte è il loro ultimo insulso profeta. Se il PD negli ultimi venti anni di consociazione parrocchiale  avesse fatto il suo mestiere di partito di sinistra i 5 Stelle non esisterebbero, non sarebbero mai nati. Grillo avrebbe continuato a fare il comico, un classico spurio prodotto del vuoto politico.
Una sinistra seria ignora, isola, denuncia il demagogismo populista. 
Cercarne l’alleanza è un suicidio politico. Gli elettori 5Stelle devono essere educati e vanno convinti dell’errore non vanno illusi con una ipocrita ricerca di alleanza che, nei fatti, consolida l’insulsaggine attuale.
Nulla, della orrenda ignoranza qualunquista di Conte, ha la minima affinità con la dignità di un manifesto e di una storia di sinistra.

C’è sempre tempo per rimediare e speriamo che Elly Schlein non perda l’opportunità affogando nella palude ideologica del tardo impero romano.

Lorenzo Matteoli

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QUATTRO TEMI SUI QUALI RIFLETTERE

Il Presidente Sergio Mattarella

Oggi su la Repubblica  quattro commenti interessanti:

  1. Il Presidente Mattarella a Varsavia richiama l’Europa  a un atteggiamento più intelligente, attuale e civile sul problema dei migranti (Carmelo Lopapa)
  2. I ritardi e le contraddizioni sul PNRR come specchio di una serie di problemi strutturali di lungo periodo dell’amministrazione italiana (Giovanni Moro)
  3. PNRR: inveritre la rotta. Son stati commessi molti errori, richiesti soldi che non siamo in grado di spendere, mancano progetti veramente prioritari “immediatamente cantierabili”. Boeri e Perotti rispondono alle obiezioni di Cottarelli, Giavazzi, De Bortoli ed elaborano sul concetto di “rendimento sociale” degli investimenti”.
  4. Gli spazi di “libertà oggi: l’attuale pericoloso e assurdo scivolamento (a destra) del concetto di libertà (Luigi Manconi)

Ecco una breve riflessione sui tre temi.

Migranti. L’appello del Presidente Mattarella per una politica civile e attuale sul problema dei migranti è una chiara condanna delle linee del governo Meloni Salvini, espressa con l’autorevolezza e il rigore che sono la firma del nostro Presidente. L’appello è diretto all’Europa perché i due responsabili italiani “intendano”. Stanno portando il Paese su una tattica emergenziale mentre il problema è strutturale e di lungo termine. Sostanzialmente per asservimento alla demagogia, e contro gli interessi del Paese oltre che a criteri di saggia politica di medio lungo termine e di civiltà. Salvini promuove, e Meloni si adegua, un atteggiamento di grettezza razzista incoraggiando i sentimenti più retrivi dell’elettorato italiano senza tenere conto delle vere esigenze del Paese che ha disperato bisogno di manodopera nel breve termine e che deve impostare strategie di lungo termine di contrasto alla curva demografica negativa.

PNRR. È vero che in ritardi sul PNRR sono la conseguenza di una situazione calcificata da decenni della burocrazia Italiana. Ma la cosa era nota e accertata  e fin dal governo Conte avrebbe dovuto essere affrontata con opportune misure. Ci sono strumenti e sono stati utilizzati più volte: 

* organizzare una struttura ad hoc per la gestione dei progetti PNRR, 

* istituire una area burocratica speciale con le competenze per affrontare tutti i problemi per la “messa a terra” dei progetti.

* utilizzare quella struttura per impostare le riforme  da tempo rinviate

Draghi con l’affidamento a strutture professionali internazionali (McKinsey) aveva in qualche modo indicato una via, ma non è stato dato seguito. Il governo Meloni/Salvini manca di cultura progettuale e avvelenato dalla demagogia più gretta si limita a misure tattiche finalizzate all’acquisizione di consenso più che alla soluzione di problemi.


PNRR Cambiare rotta
. Tito Boeri e Roberto Perotti insistono con la necessità di non drammatizzare la rinuncia di parte del finanziamento: abbiamo chiesto troppo per stupida furbizia e non siamo in grado di spendere i soldi che abbiamo chiesto. Rinunciare  a una parte è una decisione seria e apprezzabile, dicono Boeri e Perotti. Vero, ma anche vero che il governo di un Paese di 62 milioni di abitanti deve avere la capacità di gestire una emergenza di questo genere. Abbiamo imprese che operano a livello internazionale su progetti di enorme dimensione finanziaria e impegno progettuale ed esecutivo (i.e Ristrutturazione del Canale di Panama, lo spostamento del tempio di Abu Simbel, la diga di Kariba), abbiamo Scuole Politecniche che sono in grado di svolgere progetti di enorme impegno tecnologico.  Abbiamo problemi infrastrutturali di enorme portata (i.e. assetto idrogeologico della Penisola, manutenzione di migliaia di ponti autostradali in situazione strutturalmente critica, aggiornamento e potenziamento di migliaia di kilometri di autostrade  progettate negli anni 60). Possibile che manchi solo la decisione politica? Possibile che per spendere soldi si debba ricorrere alla costruzione stadi di calcio?

La libertà. Riflette Luigi Manconi “Il governo dell’emergenza (Covid)  che si assumeva la responsabilità di decisioni impopolari ha finito per rappresentare un potere autocratico “di sinistra”, perché sostenuto dai partiti di quell’area… In questo scenario, le voci critiche si collocavano pressocchè tutte a destra, blandite dagli ammiccamenti di Matteo Salvini e Giorgia Meloni… l’aggressione della Russia contro l’Ucraina, ha introdotto un ulteriore elemento distorsivo. Lo schierarsi dei Paesi occidentali della parte dell’aggredito è stato considerato è stato considerato come l’ultimo atto di quella Grande Cospoirazione, dove tutto coincide: le multinazionali e la NATO, Joe Biden e gli ebrei askenaziti. Il risultato è psichdelico…in un gigantesco gioco di automanipolazione la Russia di Vladimir Putin diventa il luogo della libertà, in contrapposizione al dispotismo delle democrazie, di cui sarebbe espressione la volontà omologante dell’Occidente con la sua corruzione morale e i suoi costumi decadenti. Contro tutto ciò la Russia rappresenterebbe  il baluardo di una identità naturale e tradizionalista, di una civiltà maschia e di un popolo coeso. Ancora una volta le istanza di libertà sembrano collocarsi a destra. ….”

L’analisi di Luigi Manconi è preoccupante… e così la conclude: “tutto ciò dovrebbe indurre a una riflessione radicale proprio sui fondamenti della categoria di libertà.”

Per sapere dove si collocano gli spazi di libertà da difendere come prioritari e per evitare l’orrore che questi vengano identificati dall’irresponsabilità dei no-vax, o da criminali come Donald Trump o Vladimir Putin e dei loro sostenitori come Matteo Salvini (come sta succedendo per effetto della deformazione populista della dialettica sociale in corso) basta ricordare il solido assioma che “la libertà di un soggetto sociale finisce dove comincia la libertà di un altro soggetto sociale[1].

Lorenzo Matteoli


[1]  “la mia libertà finisce dove comincia quella degli altri” Martin Luther king

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IL RITRATTO DELL’ARROGANZA: ETTORE BOFFANO, 30 ANNI DOPO, UNA LETTURA SEMPRE INTERESSANTE


Nota 2023: questo scambio con Ettore Boffano illustra bene la sindrome dei giornalisti torinesi vittime del plagio da parte del “sistema Torino” Costretti a credere alle loro stesse panzane.
Questo scambio con uno dei giornalisti omologhi torinesi illustra a trenta anni di distanza quale era l’atmosfera a Torino. Minacciati e svillaneggiati dalla stampa di servizio, che non risponde alla rettifiche, che non pubblica le lettere di quelli che accusa ingiustamente, sicura della protezione che gode da parte del “Sistema Torino”.
Ettore Boffano dopo la pubblicaazione del “dizionario dello stadio (1992-1993) protesta con. messaggi offensivi e minacciosi nel 1993.
Ettore Boffano, responsabile del foglio Torinese de La Repubblica obbietta con tono arrogante e minaccioso alla prima uscita del “dizionario”. Ho conservato il bisticcio perche’ e’ un buon esempio della pochezza di certo giornalismo. Segnalai la particolare modestia del Boffano alla direzione del quotidiano e non so se per caso o per consguenza il Boffano fu “promosso” a corrispondente dall’estero. Poche settimane piu’ tardi il foglio Torinese de La Repubblica fu affidato ad altri.

Boffano Ettore 1
Ecco il primo messaggio che mi manda e la mia risposta. Alla voce esegesi ho svolto una analisi piu’ approfondita del messaggio che nasconde, nella sua brevita’, molti elementi di interesse e la consueta dose di imprecisioni strumentali.
Boffano: Ma come ti permetti? Ti abbiamo intervistato non molto tempo fa e, aldilà delle tue millanterie, hai dimostrato di non aver molto da dire sullo stadio. Se ci sono cose importanti, perchè non vieni a raccontarle a noi e, soprattutto, alla procura della Repubblica (o forse è un luogo che non gradisci molto frequentare?**). E non ti permettere mai più di offendere il nostro lavoro. ettore boffano**
**come giornalista Boffano è poco informato: ho avuto un lungo e interessante colloquio con il Giudice Corsi in Via Tasso e ne ho riferito alla voce Corsi del dizionario sullo stadio. Una delle tante cose che Boffano non ha letto e non conosce, ma scrive, scrive, scrive, minaccia, accusa, insinua, blatera, “come ti permetti, e non ti permettere più“… senza leggere i documenti che critica e condanna, senza sapere, senza documentarsi. Ma chi ti credi di essere?
Così tipico della professione giornalistica di servizio a Torino, della quale il signor Boffano è rappresentante emblematico.

E questa e’ la mia risposta:
Egregio Signor Boffano,
Con riferimento alla sua domanda su “come mi permetto“.

Mi permetto.
Sulla base di documenti precisi: i vostri articoli da dieci anni a questa parte e i vostri titoli, i vostri silenzi e le vostre deformazioni sistematiche. I vostri errori e le vostre offensive falsificazioni (un titolo per tutti: Il Mal de la cittade di Recanatesi 1988 o 89). Una sequenza che, dopo dieci anni, appare chiaramente pre-concetta. Da una parte. Dall’altra la condotta mia e dei miei colleghi di Giunta del Sindaco Magnani Noja e dei miei Funzionari: trasparente, rigorosa, premiata da un grande, evidente, innegabile successo realizzativo con enormi vantaggi per Torino e per i Torinesi. Una operazione di grande valore tecnico e con procedura amministrativa originale e impeccabile, condotta in condizioni di enorme difficolta’ e rischio quando l’Italia intera, e Torino in particolare, era “congelata” dagli scandali. E queste non sono millanterie: sono fatti, cose avvenute e documentate. O mi si dimostri il contrario. Non ho molto da dire sullo stadio? Non mi sembra proprio! Se Lei avesse la cortesia di rileggere cosa ho detto nell’intervista e di risentire la registrazione della telefonata se ne renderebbe conto. Sono dieci anni che scrivo sullo stadio e pubblico: Lei non se ne e’ mai accorto? Si ricorda il librettino verde del 1990? Raccontare a voi? e perche’? per consentirvi ulteriore deformazione strumentale? Quale fiducia dovrei avere dopo gli articoli alla Recanatesi? Sono comunque cose che sapete benissimo da sempre, ma che non avete mai voluto o potuto pubblicare. Mi diverto molto di piu’ sul mio sito web. Visto che ha gli archivi a disposizione si rilegga l’articolo di Recanatesi “Il Mal de La Cittade” e la mia lettera di rettifica (mai pubblicata), oppure si vada a vedere il titolo “Grugliasco: crocevia di tangenti” con la mia foto, quella di Maria Magnani Noja e quella dello stadio e si interroghi sulla liceita’ e sulle motivazioni di certe operazioni. Il suo accenno alla Procura della Repubblica e’ tipico di quella “cultura”: se lo rilegga e si chieda quali effettive giustificazioni ha. Non ho problemi con la Procura e Lei lo sa bene, ne’ mi sembra di essere uno che si nasconde o fugge: sono in Italia e a Torino regolarmente ogni tre o quattro mesi. Consulti di nuovo il mio “dizionario” e anche su questo tema trovera’ elementi di interesse (alla voce “Corsi”). Io non offendo ne’ voi, ne’ il vostro lavoro: scrivo cose puntualmente documentate. Faccio i nomi di chi ritengo responsabile, cito gli articoli scritti, le lettere di rettifica non pubblicate, so benissimo che ci sono giornalisti bravi, civili e decenti: lo dico e li nomino e mi firmo. Esprimo con responsabilita’, e pubblicamente la mia documentata opinione: si tratta di un esercizio che si chiama liberta’ di espressione. La ringrazio per il suo messaggio che mi ha permesso qualche ulteriore e, mi sembra, opportuna puntualizzazione, e La saluto con cordialita’.
Lorenzo Matteoli.

Vedere a esegesi una ulteriore elaborazione sul messaggio del signor Boffano.
Patetica e particolarmente penosa la gaffe del Signor Boffano che insinua che io abbia problemi a frequentare la Procura di via Tasso e non ha letto del mio lungo e cordiale colloquio con il Giudice Corsi e della mia corrispondenza con questo Giudice sulla evidente aggressione da parte del giornale La Repubblica al valore dello stadio e della concessione della Continassa: una ovvia plateale marchetta per gli interessi economici della Juventus/Agnelli/Fiat cortesia de La Repubblica e dei suoi redattori che non sono così ingenui da non conoscere il valore delle loro critiche nel negoziato fra Amministrazione di Torino/Juventus (Agnelli, Fiat). A buon intenditore poche parole. Se la mia ipotesi non vi è chiara chiedete a un qualunque tassinaro torinese e ve la spiegherà.
Forse i problemi con via Tasso sono di qualcun altro. Ma il “sistema Torino” non si tocca.

Boffano Ettore 2
Ricevo un altro messaggio dal signor Boffano. Speravo in una risposta, ma non e’ cosi. C’e’ pero’ progresso e qualche interessante spunto. L’avevo invitato a leggere la lettera di Andrea Galasso pubblicata da Tuttosport ed eventualmente avvertire i colleghi di quel giornale che si trattava di millanterie (Andrea dice cose molto simili se non eguali a quelle che dico io). Il signor Boffano puntualizza e distingue: “l’ex assessore Galasso è una persona seria. Lui sì, ma era circondato in giunta da tanti altri assessori poco seri** peccato, per lui e non per te. Hai letto la storia del ragazzino diventato pazzo giocando con un videogame? dicono che possa accadere anche con internet a chi si occupa sempre dello stesso sito (o dello stesso stadio?). Come sono le cure psichiatriche in australia?. ciao. ettore boffano“**

**specificare meglio quali sono quelli poco seri: Bracco, Cattaneo, Dondona, Ravaioli, Marzano, Matteoli, Pizzetti, Porcellana, Provvisiero, Re, Tedeschi,… quanti sono “tanti” ? ne vorrei almeno cinque, meglio sei, sempre spreciso il signor Boffano o e’ “lostilerepubblica“?
Noi pazzi/poco seri siamo piu’ esatti: sara’ la “mania”?

Cosi’ rispondo:
Egregio Signor Boffano, dunque: sono poco serio, e sono probabilmente fuori di mente perche’ mi occupo sempre dello stesso sito e dello stesso stadio. Sulla mia pagina indice avra’ modo di leggere i diversi argomenti dei quali mi occupo:
http://www.iinet.net.au/~matteoli/Lorenzo_Matteoli_index.html(Il concetto di cultura, La Cultura di Torino, Storia, La storia del vetro, Short stories, Sostenibilita’, Economia ambientale, Tecnologie alternative e paesi in via di sviluppo, Utopia e tecnologia, Saggio sulla vita di Eugenio Montale, Fotografie di Rottnest Island, Snowboard…) non mi pare di essere monomaniacale, anzi gli amici mi accusano di eclettismo eccessivo. Sempre impreciso il signor Boffano, eppure l’indirizzo della pagina indice era disponibile.

Ma lo stadio e’ il tema di questo dibattito, non Montale o altro, e lei doveva rispondere su altre cose Signor Boffano! Mi permetto un breve promemoria non esaustivo: documentare la sua incauta insinuazione sui miei problemi con la Procura della Repubblica, la manipolazione delle mie dichiarazioni con le battute evasive di Novelli e le bugie di Bastino Jr (forse era Lei l’intervistatore di tre anni e mezzo fa?), la cronaca vuota di Liveli sul Consiglio Comunale, i falsi di Recanatesi, le mie richieste di rettifica ignorate da Tropea, la titolazione volutamente calunniosa, contestare con argomenti solidi la mia posizione sul giornalismo strumentale e le mie accuse precise ai dieci anni di settarieta’ sistematica sulla vicenda dello Stadio delle Alpi, la denuncia di sinergismo [inconscio?ma va là] con gli interessi del potere torinese … etc.
Secondo lo stile della sua scuola, quando non si hanno argomenti, quando non si e’ in grado di mettere i documenti dove si e’ sventatamente messa la lingua (o la penna), quando di fatto e’ dimostrata l’inanita’ professionale ed etica si qualifica l’interlocutore di “pazzia” (proprio come Novelli che appartiene infatti alla stessa scuola).
Ma fatti, cose, numeri, documenti: niente. Rilegga la sua battuta sulle cure psichiatriche in Australia: le sembra roba seria? Pero’ consistente con il “modello”: nella Russia pre-muro sarei stato certamente ricoverato in una istituzione per malati mentali. Elenchi piuttosto i documenti della mia scarsa serieta’ e della mia pazzia, contesti con precisione sostanziale, dica cosa, come, perche’, dove e quando. Non lo fara’.
Da un punto di vista critico piu’ generale questo suo secondo messaggio (ragazzino impazzito su internet, la mia scarsa serieta’, la mia pazzia monomaniacale, la battuta sui servizi psichiatrici Australiani) e’ molto diverso dal primo (che era ingiuntivo, perentorio, arrogante, minaccioso e implicitamente calunnioso). E in questa differenza c’e’ interesse e progresso. I suoi scritti sono piu’ rivelatori di quanto lei possa pensare. Nel complesso si nota un miglioramento: non azzarda piu’ minacce, evita le accuse infondate, abbandona le ingiunzioni perentorie, rivelatrici, puerili, battute sulle terapie psichiatriche australiane e…(molto importante) in chiusura, saluta. Io sono passato da millantatore criminale a povero scemo. Andiamo avanti signor Boffano: e’ un percorso lungo, ma ce la faremo. Le assicuro la mia collaborazione: rispondero’ sempre a tutte le sue evasioni mistificanti. Come vede, ogni suo messaggio e’ utile per stimolare nuovi spunti e su un punto abbiamo un completo accordo: Andrea Galasso e’ una persona seria.*
Cordiali saluti,
Lorenzo Matteoli
* non era questa l’opinione del team Lagana’/Carpanini/Grosso/Chiusano nel Consiglio Comunale della notte del 3 aprile 1989.

Al direttore de La Repubblica V. ZucconiIl direttore de La Repubblica Zucconi informato della “querelle” con il sognor Boffano, non ha risposto: per completare il dossier della mia corrispondenza con quella testata riporto la mia nota al direttore Zucconi.
Egregio Direttore Zucconi,
Le ho inoltrato nei giorni scorsi per competenza lo scambio di messaggi che ho avuto con il signor Boffano de La Repubblica, inserto torinese. A lato della mia polemica desidero farLe presente il costo non indifferente per i Torinesi della pervicacia con la quale, contro ogni evidenza, con sistematiche falsificazioni e ignorando le mie comunicazioni e richieste di rettifica l’inserto torinese de La Repubblica, per oltre dieci anni, ha illustrato in termini denigratori tutta la vicenda dello Stadio delle Alpi e si e’ accanito contro la mia persona. Solo per imporre faziosamente un paradigma pre-concetto, sbagliato e indotto dalla convenienza conforme torinese. L’edificio e’ qualificato a livello internazionale da giudizi estremamente positivi di giornalisti ed esperti, ha ricevuto premi nazionali ed internazionali per la progettazione, la concezione architettonica e per\ l’ingegneria di avanguardia, e’ stato realizzato con una procedura amministrativa originale, rigorosa e trasparente, che ha consentito notevole risparmio di denaro pubblico.

E’ LO STADIO ITALIANO COSTRUITO PER I MONDIALI DEL 90 CHE E’ COSTATO MENO DI TUTTI IN ASSOLUTO.

Il meccanismo della gestione in concessione a una impresa privata (unico caso in Italia) consentiva di risparmiare denaro pubblico e di garantire la massima efficienza, funzionalita’, ordine e sicurezza dell’edificio, fino a quando non e’ stato aggredito dalla Juventus.
Grazie alla mala-informzione decennale delle redazioni torinesi (La Stampa e la Repubblica) l’immagine dello stadio a Torino e’ invece ingiustamente pessima, la malevolenza della gente, i sospetti artatamente fatti crescere, l’astio alimentato da decine di articoli impediscono un giudizio obbiettivo e spingono un sindaco debole a subire le richieste esose dei dirigenti della Juventus. Si rischiano spese enormi per quello che e’ un capriccio artificiosamente costruito e dentro queste spese si nascondono indebite speculazioni di soggetti di impresa avidi e senza scrupoli.
Se il Suo giornale tiene alla immagine di organo indipendente ed obbiettivo, questa situazione deve trovare una adeguata, urgente e nitida correzione perche’, allo stato attuale e’, e non solo a mio avviso, una offesa grave alla reputazione e alla dignita’ della storia della testata nazionale che Lei dirige. Il messaggio e.mail del signor Boffano, e’ emblematico di quanto sostengo da tempo: di fronte a una polemica dura, ma documentata e giustificata da dodici anni di abusi, il signor Boffano risponde con prepotenza, errori, e insinuazioni minacciose. Valga come unico esempio l’incauto riferimento alla Procura della Repubblica alla quale avevo comunicato fin dal maggio 1996 le mie preoccupazioni come dettate nell’intervista al Suo giornale. Alla mia precisa risposta: nessun riscontro e, tantomeno, un cenno di scuse piu’ che dovute.
Chi richiama alla decenza professionale questi giovani? Dove sono i “maestri”?Immagino che Lei sia persona occupatissima, ma credo che questo caso sia degno della Sua attenzione: un sindaco costretto a ritirare una delibera fondamentale, sfiduciato in Consiglio, una ipotesi di spesa superiore a 500 miliardi denunciata dall’opposizione, una cronaca “vuota” sull’inserto de La Repubblica, una maldestra letteraccia di un Suo cronista … e, soprattuto, dodici anni di abuso sistematico dei media. Sono imperdonabilmente ottimista, sono disponibile a qualunque verifica e sono certo che alla fine la verita’ prevarra’. Ho molta fiducia nella Sua azione per abbreviare i tempi dell’ineluttabile avvenimento.
Cordiali saluti,
Lorenzo Matteoli
Western Australia


18/11/1999

P.S. ricevo in questo momento sul mio fax l’articolo pubblicato da Tuttosport: “Il Delle Alpi e’ un affare per la Juventus” con la lettera dell’Avvocato Andrea Galasso che conferma con grande autorevolezza tutti i miei punti. Qualcosa comincia a cambiare a Torino. La Repubblica aspettera’ ancora o se ne accorgera’ ? LM

Anche il direttore Zucconi non risponde: sicuramente ha cose piu’ importanti da fare, ma non fa una bella figura lo stesso. Il mio ottimismo e la mia fiducia sono per ora mal piazzati. Cosi scrivevo il 3/12/99, ma mi sbagliavo!
Update 8/12/99 Errore mio questa volta! sono stato impaziente! Il direttore Zucconi non mi ha risposto, ma ha fatto di meglio: ha promosso il signor Boffano ad altri e piu’ innocui incarichi togliendoli la responsabilita’ dell’inserto Torinese e ha ordinato un “giro di boa”. Con il 7/12/99 La Repubblica ha cambiato cavallo. Sono molto contento! L’efficacia di Internet e’ stata superiore alle mie piu’ rosee aspettative e speranze: una nuova era dell’informazione e’ cominciata anche per me!Complimenti sinceri al direttore Vittorio Zucconi e spero che accetti le mie scuse per l’impazienza.

Esegesi 
La prima comunicazione di Boffano alla quale rispondo molto sinteticamente alla voce Boffano Ettore 1 richiede una analisi e un riscontro piu’ diligente ed esteso allo scopo di coglierne appieno i molti risvolti e tutte le interessanti implicazioni. Svolgero’ l’esegesi in modo analitico quasi parola per parola: se temete di annoiarvi lasciate perdere, ma cerchero’ di essere lieve.
Ma come ti permetti? chiede Boffano in apertura del suo messaggio. Una domanda retorica perche’ l’opinione del signor Boffano appare chiara dal resto del testo: e cioe’ che io non mi posso assolutamente permettere di criticare, opinare, discutere, controbattere, contestare nulla di quello che scrive il suo giornale. Deve essere una regola speciale che si applica al giornale La Repubblica e ad alcuni dei suoi giornalisti. Non tutti: chiedero’ al direttore Zucconi. Il signor Boffano non spiega comunque i motivi del divieto, ma e’ preciso nel merito e ribadisce il concetto anche nella chiusura del messaggio con una ingiunzione perentoria: “e non ti permettere mai piu’ di offendere il nostro lavoro.”
Ritornero’ dopo sull’ingiunzione finale. Dice poi il signor Boffano: ti abbiamo intervistato non molto tempo fa: La Repubblica mi intervisto’ telefonicamente verso l’8 di maggio 1996 (tre anni e mezzo fa) dopo la prima dichiarazione di Castellani che proponeva la demolizione dello stadio, non ricordo interviste piu’ recenti. La telefonata arrivo’ alle 3 di notte Australiane (per i terrapiattisti de La Repubblica i fusi orari non esistono) e la domanda fu: cosa ne pensi della proposta del sindaco di abbattere lo stadio. Concordai un testo preciso per le mie risposte perche’ non mi fidavo dell’etica del giornale per precedenti sgradevolissime esperienze. In sintesi dissi le seguenti cose:
1. quella della demolizione mi sembrava una idea strampalata di un soggetto depresso
2. ritenevo che fosse in corso una manovra coordinata per il deprezzamento della concessione e per preparare future operazioni di acquisizione da parte della Juventus o di terzi correlati alla Juventus
3. collegavo il malumore della Juventus al fatto che questa non prendeva piu’ i soldi della pubblicita’ come era abituata a fare quando Novelli la concedeva a Bastino a cifre molto basse (300-400 milioni all’anno) e Bastino compensava la Juventus con una commissione (o tangente).
Secondo Boffano: “e aldila’ delle tue millanterie, hai dimostrato di non avere molto da dire sullo stadio.”

Non e’ vero: ho molto da dire e ho detto e scritto moltissimo. Questo documento (il dizionario dello stadio) ad esempio di circa 45 mila parole (credo che siano 180 cartelle circa) denso di dati, fatti e riferimenti documentali ha messo a disposizione (grazie a internet) di molti consiglieri comunali e torinesi informazioni che le redazioni della Repubblica e della Stampa avevano sempre accuratamente taciuto e nascosto. E’ interessante notare come il signor Boffano non veda anche la piu’ evidente realta’: di fronte a un documento di 45mila parole (180 cartelle circa) che sta sconvolgendo il quadro conoscitivo corrente a Torino sulla vicenda Stadio delle Alpi, dice che non ho molto da dire“. Se non riesce a vedere una cosa macroscopicamente evidente come potra’ avere contezza di altre piu’ sottili, ma importanti emergenze ?
La saggezza dei proverbi: non c’e’ peggiore sordo di chi non vuol sentire. In questo caso “non deve” sentire.Quello che avevo anticipato all’intervistatore de La Repubblica si e’ puntualmente verificato: non erano quindi“mie millanterie” come le qualifica il signor Boffano, ma precise deduzioni consequenziali da una serie di fatti che avvenivano in quei giorni. Oggi vediamo la conclusione della manovra con il sindaco che propone di regalare stadio e concessioni commerciali alla Juventus e il cronista de La Repubblica che accuratamente nasconde la cosa nella sua cronaca dal Consiglio Comunale. Da un punto di vista giornalistico era uno scoop: ma non del tipo che piaceva al cronista “implicito” de la Repubblica. Non era coerente con il dettato “torinese”.
Le mie millanterie: che Novelli regalasse per 300 milioni la pubblicità al vecchio comunale al suo sumà Bastino è documentato da decisioni del sindaco protocollate e dalla prassi pluriennale novelliana. Che sotto la mia gestione la pubblicità al Comunale sia stata messa a concorso e data per 2.700.000.000 (duemiliardiesettecentommilioni) è documentato da solidi accrediti bancari. Niente millanterie signor Boffano. Che Bastino pagasse alle due squadre pingue tangenti venne dichiarato apertis verbis da Boniperti a me testimone Andrea Galasso e Bepi Dondona.

Nota 2023: nel dizionario dello stadio ci sono accuse precise pesantissime nei confronti di Chiusano, Nizzola, Boniperti, Novelli, Juventus FC, Torino Calcio, Bastino, Publimondo, La Stampa, La Repubblica, le imprese torinesi…FIAT ENGINEERING per turbativa d’asta…
Nessuno mi ha querelato in trenta anni: perché ci sono grandi pericolose code di paglia. Oggi tutto è prescritto e molti dei protagonisti sono morti. L’unica reazione il farfuglio arrogante del Boffano con la puerile raccomandazione di rivolgermi alle cure psichiatriche Australiane. Un bambino di terza media potrebbe fare una battuta del genere….che la faccia un caporedattore de La Repubblica è preoccupante.

Se ci sono cose importanti perche’ non vieni a raccontarle a noi:
Ve le ho sempre raccontate e ve ne siete sempre disinteressati alla grande. Il 5 aprile 1995 (quattro anni e sei mesi fa) inviavo un comunicato stampa all’ANSA di Roma nel quale reagivo alla battuta di Bettega alla Domenica sportiva del 2 aprile (aveva detto riferendosi al delle Alpi “stadio del malaffare”) nel quale denunciavo in chiare lettere la storia delle commissioni (leggi tangenti) sulla pubblicita’ che Bastino pagava alle squadre girando il vantaggio del contratto di concessione privilegiato che gli era garantito dalla amministrazione di Novelli): nessuna testata Italiana lo riprendeva, ma credo che tutti i giornalisti lo abbiano visto sulle uscite ANSA di quel giorno. Il coraggio evidentemente non e’ una delle caratteristiche del giornalismo “stilerepubblica”. Il “sistema Torino” non ammette scherzi e i giornalisti torinesi “tengono famiglia”.
E ve le ho raccontate ancora una volta 3 anni e mezzo fa nell’intervista alla quale il signor Boffano si riferisce. Ma di nuovo non sono piaciute. Repubblica pubblico’ le mie risposte con leggere manipolazioni e menomazioni editoriali, ma erano ben riconoscibili nel testo (concordato per la mia parte perche’ non mi fidavo) dell’articolo pubblicato che ricordo a memoria e non ho a mani attualmente. Con una significativa e mistificante aggiunta: chiesero a Novelli una opinione sulla storia delle tangenti sulla pubblicita’ e Novelli disse che le mie erano elucubrazioni deliranti (negando l’evidenza di documenti a sua firma protocollati). Il figlio di Bastino suffrago’ le dichiarazioni di Novelli negando quello che Boniperti aveva dichiarato di fronte a molti testimoni (gli Assessori pro tempore Andrea Galasso e Bepi Dondona fra questi).
Avevo ragione a non fidarmi, ma concordare il testo non e’ stato sufficiente a vincere l’attaccamento al dovere del cronista: per annullare il significato della mia documentata denuncia e di farmi passare per bugiardo il cronista inseri’ la battuta ariosa di Novelli e la conferma sballata di Bastino Jr., senza darmi la possibilita’ di interloquire. Mentre le mie affermazioni erano e sono documentate da corrispondenza ufficiale, delibere, atti del Consiglio Comunale sotto Novelli e sotto Magnani Noja, e dalle dichiarazioni di Boniperti di fronte a testimoni, la battuta di Novelli e’ aria fritta di un soggetto interessato, come quella di Bastino Jr..
Nota 2023: in particolare Novelli ignora la brutale evidenza dei trecento milioni che lui chiedeva a Bastino (suo amico) per la pubblicità al Comunale a fronte dei 2.700.000.000 (duemiliardisettecento milioni) ai quali io l’ho data dopo il concorso pubblico.
Morale: Repubblica prende le mie affermazioni basate su documenti ufficiali (deliberazioni) e dichiarazioni responsabili (Boniperti di fronte a testimoni) e le fa ridicolizzare da una battuta senza fondamento, e molto interessata, di Novelli. Dopodiche’ il signor Boffano, che crede a quello che legge nel giornale che lui stesso apparecchia, dice che al di la’ delle mie millanterie non ho molto da dire sullo stadio. Le parole vuote di Novelli sono “la verita’” e le mie documentate affermazioni sono “millanterie“. Missione compiuta. Bel “lavoro” di approfondimento e documentazione giornalistica, non c’e’ che dire: si va a chiedere a Novelli di confermare che nella sua amministrazione avvenivano inghippi e spartingaglie (copyright Diego Novelli) Sono questi comportamenti eticamente e giornalisticamente scorretti che giustificano i peggiori sospetti e inducono grande riserva. Ma non mi devo permettere” di commentare e denunciare il pessimo giornalismo perche’ se no offendo il lavoro dei giornalisti. I nostri vecchi hanno combattuto per la liberta’ di stampa, ma si sono dimenticati di combattere per la liberta’ di denunciare gli errori, le storture e il settarismo strumentale della stampa di regime. Silenzio quindi. (Boffano oggi non passerebbe il test del fascistometro di Francesco Merlo).
e soprattuto alla Procura della Repubblica: anche in questo caso il signor Boffano scrive senza essere bene informato: l’8 maggio (il giorno dopo o lo stesso giorno dell’intervista alla Repubblica) scrissi al dr. Corsi una lettera nella quale esprimevo la preoccupazione di un gioco coordinato con lo scopo strategico di deprezzare il valore della concessione danneggiando gli azionisti del San Paolo e dell’Acqua Marcia e di predisporre condizioni di privilegio per soggetti specifici (cfr alla voce dr. Corsi)
o forse e’ luogo che non gradisci molto frequentare” una battuta di gusto scadente che denuncia lo spessore etico di chi la fa, ma vale la pena approfondire. Uno squarcio sull’implicito “torinese”. Secondo il signor Boffano, e molta parte della “cultura” torinese, io avrei dei problemi a frequentare la Procura della Repubblica. Ho certamente cose migliori e piu’ divertenti da fare, ma sarebbe interessante sapere quali problemi il signor Boffano ritiene che io abbia? quali documenti e quali fatti, cose, avvenimenti, scritti, dichiarazioni suffragano questa sua convinzione? sarebbe interessante saperlo e chiedo formalmente al signor Boffano di avere la responsabile cortesia di dichiarare esplicitamente su cosa basa la sua irresponsabile insinuazione. Non lo fara’, ci metto le mie povere e oramai spompate palline su un piatto: l’unico rischio (da non sottovalutare in Italia) e’ che ci sia qualcuno che mi ha visto sbaciucchiare il commendator Vincenzo Romagnoli. Ma allora signor Boffano, se non ha nulla da esporre per suffragare la sua battuta (a parte la raccolta di articoli del giornale La Repubblica) a quale scopo insinua, allude, colorisce, accenna, confermando lo stile sistematico dell’implicito calunnioso irresponsabile del giornale sul quale scrive? Glielo dico io: lei ha letto troppo la Repubblica e la falsa costruzione che, in dieci anni di malversazione delle informazioni, questa e’ riuscita a imporre ai torinesi e agli stessi suoi giornalisti che leggono le loro maldicenze ingiuriose e si convincono che siano la verita’. Uscire dall’involuzione sarebbe utile: avete sempre scritto non la verita’, ma quello che voi volevate che fosse la verita’ o quello che qualcuno voleva che fosse la verita’. E poi ci avete creduto. Ma lo scopo? Mi riesce difficile pensare che si tradisca sistematicamente l’evidenza documentata senza uno scopo e senza un mandato (GPT?). Pessimo giornalismo e io mi permettero’ sempre di denunciarlo e di offenderlo: tutti gli atti eticamente carenti vanno denunciati e offesi. E’ kantianamente doveroso e legittimo. Ed e’ significativo che al signor Boffano non piaccia. Se il signor Boffano non fosse in grado di esibire documenti da “manette” dovrebbe civilmente ed educatamente scusarsi. Qualcuno vuole scommettere?Comunque il caso non sussiste: ho avuto a suo tempo (1994) una lunga e cordiale conversazione nella Procura con il dr. Corsi e ho scritto una lettera al dr. Corsi (Maggio 1996) nella quale ho esposto le stesse preoccupazioni che ho esposto, alla stessa data, nell’intervista alla Repubblica. Ammetto di non essere un eroe e di fare qualche volta fatica a superare la pigrizia del quieto vivere, ma non credo che si possa dire che ho paura di dire quello che penso. Lo dico, lo scrivo e lo firmo. E sono sempre documentato. Non come il signor Boffano che scrive e afferma a vanvera cose che non conosce, ma che io scritto e pubblicato e lui non ha letto.
“e non ti permettere mai piu’ di offendere il nostro lavoro“: Sono categorie che appartengono alle culture libere e conviene ricordarle al signor Boffano: la chiara e documentata denuncia di una sistematica malversazione delle informazioni che dura, con accanimento, da dieci anni non e’ una offesa: e’ un diritto/dovere. Il lavoro mal fatto e’ la vera offesa al lavoro: non ha dignita’ e non merita rispetto, ma solo disprezzo e denuncia. Il tono ridicolmente minaccioso e perentorio da’ al messaggio del signor Boffano un sapore pessimo: di olio di ricino e santo manganello. In altra parte di questo dizionario si parla di “fascismo dell’informazione“. La societa’ post-comunista italiana deve capire che non bastano la tessera o gli amici nel PCI/PDS per essere mondi dalla tara culturale fascista: per troppi anni una specie di political correctness ha tutelato i compagni che, a mani ideologiche salve, hanno fatto, specialmente nell’informazione, lo squadrismo piu’ selvaggio.
Oggi il Paese vive una fase ancora peggiore: l’associazione di questa mentalita’ con il potere economico. C’e’ una sinistra, vera, in Italia capace di dire e sostenere queste cose?
Perche’ non ci siano dubbi sul fatto che queste minacce devono essere inefficaci e vuote ripeto la mia opinione: il giornalismo non documentato, pre-concetto, usato, consciamente o meno, in termini strumentali e persecutori e’ la peggiore scabbia ideologica del nostro Paese e non denunciarlo come il difenderlo e’ colpevole connivenza. Nel caso dello Stadio delle Alpi di Torino e delle vicende connesse alla sua realizzazione la lunga sequenza di articoli pubblicati dalla Repubblica in dieci anni e’ il migliore documento che questo tipo di giornalismo e’ stato continuamente praticato.
Querelami Boffano e sarò lieto di portare in Tribunale la pesante documentazione. Ma non lo hai fatto e non lo farai, perché sai bene che ne usciresti malconcio e con te chi ti cuoce il pane.

Nota: infatti a due settimane dalla prima uscita di questa “esegesi” il signor Boffano non ha ritenuto di dover esprimere commenti, ne’ mi ha fatto ricevere i documenti a supporto delle sue insinuazioni sui problemi che avrei con la Procura, ne’ tantomeno a supporto di tutte le altre insinuazioni piu’ o meno puerili. Posso oggi confermare che il signor Boffano era l’intervistatore che tre anni e mezzo fa “cucino'” con le dichiarazioni supponenti e vuote di Novelli e con la bugia di Bastino junior la mia denuncia sulla pubblicita’ e sulle “tangenti” da Bastino alla Juve. Quelle che oggi definisce “millanterie” e che sono puntualmente confermate dalla lettera di Andrea Galasso a Tuttosport. Coprire responsabilita’ amministrative dei compagni del PCI, insultare, calunniare, falsificare, ma chiamati a responsabile documentazione, tacere e nacondersi dietro altri insulti e insinuazioni puerili e arroganti. Lo stile de La Repubblica. Allora Signor Boffano: o documentare le proprie insulsaggini o scusarsi pubblicamente e fare ammenda. Tacere e’ pessimo e giustifica il disprezzo. Se avra’ il civile coraggio di scusarsi poi si sentira’ meglio e riuscira’ a tollerare meglio la vergogna e i sorrisi dei colleghi. E quelli che non sorridono sono ancora piu’ perfidi.

Epilogo
Dopo il “giro di boa” della Repubblica del 7/12/99 ho scritto al Signor Boffano complimentandomi.
Egregio Signor Boffano,Ho letto l’articolo di Marco Travaglio “Delle Alpi tra verita’ e bugie”! Complimenti! finalmente un cambio di rotta. Non oso nemmeno pensare che sia stato anche per effetto delle mie “millanterie”, ma la coincidenza e’ solleticante. Sotto con la prossima ….Cordiali saluti, 
Lorenzo Matteoli

Cosi’ risponde il Signor Boffano con garbata ironia (o cosi’ mi pare opportuno interpretarla):
vedo che le tue ossessioni calcistico-cibernetiche non trovano pace, perchè non prendi davvero sul serio la mia proposta di informarti sul livello delle strutture psichiatriche australiane? ciao.
Certe volte bisogna consumare qualche asprezza e qualche ruvidita’ dialettica, ma alla fine il recupero del senso comune e’ premiante per tutti. In questo caso il mio scontro con il signor Boffano, dopo la fase goliardica, ha trovato una linea di ragionevole svolgimento.
Il signor Boffano e’ efficacemente propositivo e io ho deciso di seguire il suo consiglio e mi sono trovato una splendida psicoterapeuta australiana (tutto pagato dalla assicurazione): dopo la terapia saro’ certamente in grado di ragionare con maggiore lucidita’. Non mancheranno, quindi, future opportunita’ di ulteriori chiarimenti.
E’ possibile che sullo stadio io abbia una posizione molto radicata (maniacale direbbe il signor Boffano): ma non e’ tanto lo stadio e la sua vicenda quello che mi provoca frustrazione e rabbia, quanto l’aggressione al vivere civile e democratico dello strapotere Fiat/Juventus a Torino, il silenzio della stampa d’ordine e dei “vati” (gia’: cosa dicono i “vati” su questi ultimi avvenimenti?) e la assoluta latitanza di una efficace opposizione culturale e politica nella Citta’.
Ma con la Repubblica del 7 dicembre 1999 qualcosa e’ cambiato.

Nota 2023: forse…
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LA TRUFFA DI CARLO MARIA VIGANO’

Due millenni di roghi, torture, guerre, inquisizioni e oggi ancora bugie e falsi

Ho ascoltato con orrore l’intervista in rete al Cardinale Viganò, e con attenzione decisamente superiore ai suoi meriti e al contenuto dei suoi discorsi assurdi e fallaci.

Ringrazio chi me la ha mandata perché conferma il mio radicato scetticismo nella chiesa cattolica apostolica romana e nei suoi orribili gerarchi, ricchi e privilegiati, legibus soluti, da secoli portatori di infelicità, persecuzioni, torture e morte, sotto il millantato credito di un Cristo che è stato la loro prima vittima e martire.

Questo ignorante cardinale, goffo e pomposo, responsabile per decenni della politica di una istituzione totalitaria e terrificante, (che per due millenni ha truffato miliardi di ingenui fedeli, plagiandoli e rendendoli schiavi di dottrine artificiose e comandamenti feroci e contro natura, responsabile di persecuzioni, guerre, stragi, torture, roghi e garrote, inquisizioni violente e crudeli), non ha titolo per dire le ignobili menzogne e fregnacce che racconta e, a mio avviso, dovrebbe essere  giudicato per il suo crimine di falsificazione da un tribunale e messo in galera, al silenzio, per sempre.

Inventa complotti e fandonie, nega evidenza scientificamente documentata da miliardi di vaccinati salvati dal virus, accusa Bergoglio che sta cercando di ripulire il mare di fango Vaticano e che probabilmente verrà fatto fuori dagli associati di Viganò, il cui unico timore è di essere privati del potere e delle immani ricchezze rubate che oggi ancora controllano.

Questa intervista è un bell’esempio della micidiale campagna di disinformazione che sta conducendo il partito reazionario nella chiesa cattolica, per bloccare il cambiamento e la pulizia necessaria per liberare il mondo da questo istituto criminale e pericoloso.

Un’istituzione di ignominia paludata, ricca, privilegiata, ignorante  e intoccabile che basa il suo potere e i suoi colossali furti plurisecolari su dottrine false e falsificate, su comandamenti assurdi e contro natura, plagiando i poveri babbei che ci credono. Ricattati e terrorizzati dalla minaccia di punizioni efferate di durata eterna (sic!).

Siamo soli nell’Universo, non esiste nessun dio, tantomeno un dio onnipotente e infinitamente buono, chi dice di rappresentarlo è un millantatore. 
Dopo la nostra morte c’è il nulla, le nostre molecole continueranno a vagare, libere, nel meraviglioso samsara universale e nell’assoluto, misterioso, magico caos. 
Che va accettato e non compreso.  
Il nostro debito etico è verso noi stessi e verso la società che ci accoglie.

Questa banale verità, che fa paura a molti e li rende schiavi del veleno delle religioni, per me è invece luogo di pace assoluta e totale serenità.

Lorenzo Matteoli

English translation

Cardinal Viganò’s hoax

I listened with horror to Cardinal Viganò’s online interview, and with attention definitely beyond what he  merited with his absurd and fallacious assumptions.

I thank whoever sent it to me because it confirms my deep-rooted skepticism in the Roman Catholic Apostolic Church and in its horrible hierarchs, rich and privileged, legibus soluti (above any law), for centuries responsible for unhappiness, persecution, torture and death, under the vaunted credit of a Christ who was their first victim and martyr.

This ignorant, clumsy and pompous cardinal, who for decades has been in charge of the policy of a totalitarian and terrifying institution, (which for two millennia has defrauded billions of gullible faithful followers, plagiarizing them and enslaving them to false doctrines and ferocious, unnatural commandments, responsible for persecutions, wars, massacres, torture and violent and cruel inquisitions).  He has no title to tell these shameful lies and, in my opinion, he should be tried by a court for his forgery and silenced in jail.

He invents conspiracies and lies, denies the scientifically documented evidence of billions of vaccinated people saved from the COVID virus, accuses Bergoglio, who is trying to clean up the sea of Vatican mud and who will probably be ruined by Viganò’s associates, whose only fear is of being deprived of power and of the immense wealth that they still control.

This interview is a fine example of the deadly misinformation campaign that the reactionary party in the Catholic church is waging to block the change and cleanup needed to rid the world of this criminal and dangerous institution.

It is an institution of pompous, rich, privileged, ignorant and untouchable ignominy that bases its power and its colossal centuries-old thefts on false doctrines, on absurd commandments against nature, plagiarizing the gullible who believe in them, blackmailed and terrified by the threat of heinous eternal punishment.

We are alone in the Universe, there is no god, much less an omnipotent and infinitely good god and whoever claims to represent him is a fraud.

There is nothing after our death.   Our molecules will continue to wander, free, in the wonderful universal samsara and in the absolute, mysterious, magical chaos, which must be accepted and not understood.

Our ethical debt is to ourselves and to the society we live in.

This simple truth, which frightens many and makes them slaves to the poison of religions, for me is a place of absolute peace and total serenity.

.

Lorenzo Matteoli

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SE NON SIETE CAPACI …

QUELLI CHE NON SONO IN GRADO DI SPENDERE I FONDI PNRR

Nel mio post “errata corrige” sui ritardi del PNRR ho scritto in conclusione:

Allo stato attuale bisogna valutare quanto convenga perseguire il finanziamento di 200 miliardi del PNRR solo un terzo dei quali in conto capitale.
Mettere a bilancio i due terzi nelle attuali condizioni del debito pubblico italiano potrebbe comportare non poche difficoltà.
Il governo non è in grado di rivedere e adattare il programma. Non ha nessuna cultura di progetto e di programmazione. Rinunciare significa perdere futuro, continuare sbandando significa perdere soldi. Di male in peggio.”

Su questa conclusione è necessario fare serie riflessioni. 
Anche in considerazione del fatto che, nonostante l’irritazione di Giorgia Meloni, questa è proprio la tendenza che oggi sembra prevalere: ma rinunciare per incapacità di gestire il problema è un suicidio politico.

I piccoli comuni rinunciano ai finanziamenti in quanto condizionati da vincoli “impraticabili” e comunque perché non dispongono di strutture professionali in grado di gestirli responsabilmente.
Lo stesso importante raggruppamento dei diversi Enti responsabili del Bacino Imbrifero della Valle Padana ha dichiarato di rinunciare ai 180 milioni di Euro previsti nel PNRR per un intervento per il riassetto idrogeologico del sistema territoriale di competenza. 
Una assurdità surreale. Se non si deve rinunciare cosa si deve fare? Ecco una linea secondo me praticabile:

Rivedere i programmi, ridefinire i progetti, attrezzarsi con organismi professionali capaci di assumersi l’incarico, rinegoziare tempi e scadenze con Bruxelles: certo.***
Rinunciare: no.

Il riassetto idrogeologico di parti del territorio è da sempre un problema attuale, drammatico e ineludibile 
Un investimento che potrebbe ridurre rischi di disastri ambientali futuri che comporterebbero perdite di vite umane, distruzione di infrastrutture, distruzione di patrimonio edilizio, di patrimonio culturale. Per valori inestimabili.

L’economia e la macroeconomia devono essere gestite, i problemi devono essere affrontati e risolti. Il rischio va studiato, contenuto, gestito. Le strutture professionali competenti e capaci vanno cercate non solo in Italia, ma in Europa e nel mondo. Sono compiti istituzionali di un governo
Prendere i soldi dell’Europa, che sono sicuramente disponibili a condizioni più vantaggiose di quelle proposte dai mercati finanziari correnti e investirli per vantaggi economici, finanziari, industriali, occupazionali, ambientali, sociali, è un impegno al quale un governo non può sottrarsi per mancanza di progetti o programmi o per mancanza di strutture professionali capaci e competenti.

Questa è la sostanza del “governare”: per questo siete stati eletti e delegati, per questo avete promesso e preso impegni.
La rinuncia è fallimento e suicidio politico.
Cercare responsabilità di precedenti governi è la dichiarazione della propria impotenza

Se non siete capaci: andate a casa.

Lorenzo Matteoli 

*** Sabino Cassese nel suo fondo sul Corriere dell’8 Aprile (I rimedi possibili sul PNRR) è d’accordo: ai fondi Europei non si può rinunciare e vanno spesi bene

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L’intervista che non è mai stata fatta


Il fu Stadio delle Alpi

Nota 2023, 40 anni dopo gli episodi narrati
Gianni Armand Pilon, caporedattore centrale de La Stampa di Torino, non ha mai riscontrato questo mio scritto, come potrebbe farlo se l’intervista non è mai stata fatta? So che lo ha letto come tutta la redazione de La Stampa: me lo disse Luciano Borghesan. La Stampa non ha mai raccontato ai Torinesi la storia dell’arbitrato praticamente vinto dalla Città. Ancora oggi mi pento di non avere a suo tempo chiesto un voto del Consiglio Comunale sulla “pista”. Tutto sarebbe stato diverso, ma non necessariamente “meglio”. La storia gioca questi scherzi: qualche volta gli “errori” si svolgono in modo molto più vantaggioso delle decisioni “giuste”. 
La lettera di Chiusano  †
e Nizzola † al Sindaco Cardetti, con la quale comunicavano che le squadre Torino F.C e Juventus F.C. avrebbero costruito lo stadio con la pista alla Continassa, se la Città avesse ritirato la concessione alla SAPAM, è un esempio dell’irresponsabile, avida arroganza della Signoria Agnelli/FIAT nei confronti della Città di Torino e del clima di sopraffazione che vigeva nell’Amministrazione torinese in quegli anni. La proposta non venne riscontrata dalla Città, ma non mancarono sostenitori nel Consiglio Comunale. Se fosse stata accolta la Città avrebbe dovuto pagare decine di miliardi di lire per la rottura del contratto con la SAPAM: come facevano due avvocati  come Chiusano † e Nizzola † a ignorare questo dettaglio?
Alla fine, comunque i conti tornano: la Città con i sindaci Castellani (ex DC eletto con lista civica), Chiamparino e Fassino (ex PCI), con l’enfiteusi di 99 anni, ha in pratica regalato lo Stadio delle Alpi e il comprensorio della Continassa alla Juventus (FIAT, Agnelli), che ha demolito lo stadio, in servile omaggio al Principe, e ha costruito un nuovo stadio senza pista. La costruzione di due stadi con denaro privato (SAPAM e FIAT/Juventus), stile “new deal” roosveltiano, ha portato nell’economia torinese una cifra valutabile con prudenza in 500 milioni di euro. Soldi che hanno consentito, in modo diretto e indiretto, di alleviare il buco economico provocato dallo scialo delle Olimpiadi del 2006 e salvato la Civica Amministrazione da una quasi certa bancarotta.
La polemica pista-non-pista era comunque irrilevante: come dicevo allora, senza essere riscontrato dai media torinesi, lo stadio era un dettaglio minimo nell’operazione complessa che ha riscattato il Nord Ovest di Torino e comportato incremento di valori immobiliari e di qualità urbana superiori a qualsiasi possibile valutazione monetaria. Il Parco della Continassa e il Nord Ovest di Torino, riscattato a nuova qualità urbana (trasporti pubblici, infrastrutture ferroviarie, sottopassi e viabilità, eliminazione sardigna, eliminazione orti urbani, eliminazione mattatoio, grande parco attrezzato, strutture alberghiere etc.) sono un monumento alla capacità e coraggio dell’Amministrazione pentapartito torinese 1985-1992 (Sindaci Giorgio Cardetti †
, Valerio Zanone †, Maria Magnani Noja †, Giovanna Cattaneo Incisa †, Assessore all’urbanistica Bepi Dondona †, Assessore al Legale Andrea Galasso †, Assessore al Verde pubblico, Sport, Turismo e Tempo Libero Lorenzo Matteoli).
Lo Stadio delle Alpi resta l’unica grande opera pubblica realizzata a Torino durante la crisi di “mani pulite”, senza tangenti, nel budget della Convenzione di Concessione, nei tempi del contratto. Resta anche, ad oggi, l’unico Stadio di Calcio realizzato con una concessione B.O.T. (Build Operate and Transfer) in regime pubblico/privato.
Una operazione che venne definita dagli analisti finanziari  “un capolavoro di ingegneria amministrativa”.
La pista per l’atletica, clamoroso errore nei tempi immediati, dovuto alla stupidità del contesto politico culturale, si è rivelata nel tempo una decisione lungimirante: che ha comportato il doppio investimento di denaro privato nell’economia torinese, consentendo il superamento di una crisi che sarebbe stata letale per la Città. 

..ed ecco la famosa intervista, mai concessa, mai fatta, mai pubblicata…i giornalisti de La Stampa sono le prime vittime delle loro bugie, silenzi, mistificazioni: come Gianni Armand Pilon, senza rendersene conto, ci credono.
LM

Ieri (era il 22 gennaio 2014) ero a Torino al circolo canottieri Armida, uno dei più antichi e gloriosi circoli di rematori sul Po.

Aspettavo che mia figlia Federica tornasse dal suo allenamento per mangiare con lei quando vedo rientrare una barca con due rematori molto prestanti e vigorosi. Guardo ammirato e un po’ invidioso e uno dei due mi guarda e dice: “Io lei la conosco…” Io mi presento: “Mi chiamo Lorenzo Matteoli…” Lui dice: “Lo so, io mi chiamo Gianni Armand Pilon e sono un giornalista de La Stampa…” “Ah!” dico io, “ricordo bene, eri giovanissimo allora, eri uno di quelli che mi faceva il culo sullo stadio quando ero assessore…” Poi costretto dalla mia condanna torinese continuo: “…e pensare che lo Stadio delle Alpi è stato l’unica grande opera realizzata a Torino senza tangenti, nel budget previsto e nei tempi previsti..” Mi interrompe Gianni Armand e dice “Ma va! avete raddoppiato, triplicato i costi…” Resto interdetto e spiego: “…altolà, i costi saranno anche aumentati, lo sosteneva il concessionario, ma la città non ha pagato una lira in più del costo previsto nel contratto di concessione, siete voi che avete lasciato credere ai torinesi che l’aumento rivendicato dal concessionario sia stato a carico della città e non avete mai raccontato la vera storia. Non avete mai nemmeno raccontato come si chiuse l’arbitrato e quali furono le conclusioni dell’arbitro Mario Barbuto, presidente del tribunale di Torino… anzi avete sempre giocato in modo equivoco con titoli e testi ambigui implicitamente creando la leggenda di una vicenda oscura ed equivoca dietro la quale si nascondevano storie di tangenti e corruzione…vedo ora che tu stesso sei rimasto prigioniero della immagine che avevate coltivato con la vostra sistematica disinformazione e implicita insinuazione…” Pilon evade dicendo: “…sono passati trenta anni …non ricordo… Poi io non mi occupavo dello stadio…”

Arriva  Federica, Pilon con il suo coequipier prendono il doppio/due di coppia e si avviano allo spogliatoio.

Più tardi, dopo pranzo, cortesemente viene a salutarmi e  molto francamente gli dico …”Sono rimasto scandalizzato…che un giornalista de La Stampa sia così disinformato su un episodio che è stato al centro delle cronache negli anni ‘90 e che ancora recentemente ha avuto forti implicazioni sulla vita della città…mi chiedo: se voi siete vittime della vostra stessa disinformazione come fate a informare i torinesi? Lo scriverò sul mio blog…” Pilon sorride con benevola supponenza e dice “…scrivi….scrivi…”

Ecco dunque “la intervista che Pilon non mi ha mai fatto” e che io non ho mai avuto modo di concedere che non mi ha mai fatta perché non gliela avrebbero mai lasciata fare e se l’avesse mai fatta il giornale non l’avrebbe mai pubblicata.

Il guaio di quasi tutta la stampa italiana è che si possono scrivere solo determinate cose in un determinato modo. Certe verità non si possono scrivere, certe altre vanno taciute o vanno scritte nella specifica ottica e con lo specifico taglio dettato da una convenienza opportuna che tutti conoscono perfettamente, ma che non sta scritta da nessuna parte.

Il risultato di questo “newspeak” (cfr. “1984” di George Orwell) implicito, che a La Stampa di Torino è particolarmente sofisticato e complesso, è una particolare “verità”, una verità torinese virtuale. Virtuale, ma talmente solida che gli stessi giornalisti che lavorano a La Stampa di Torino dopo qualche anno non sono più in grado di distinguere la realtà dalla sua immagine come proposta dalle cronache torinesi del loro giornale che peraltro proprio loro hanno scritto. Per questo sono assolutamente onesti quando si riferiscono alla verità che hanno costruito come alla verità storica effettiva e considerano con sufficiente supponenza chi invece ci si riferisce e la assume: un povero ingenuo che crede ancora che la terra sia una sfera e non sa invece che è piatta, piattissima. Questo il senso del gentile compatimento di Gianni Armand Pilon quando gli raccontavo come stavano veramente le cose dello Stadio delle Alpi numero uno.

Quella che segue è dunque l’intervista che Pilon non mi fece mai, che io mai concessi e che mai venne pubblicata.

Pilon: Assessore, tutti a Torino erano sicuri che la Fiat Engineering sarebbe stata scelta come concessionaria per la costruzione e gestione del nuovo stadio, come mai le cose sono andate diversamente?

Matteoli: Basta leggere i verbali della commissione consiliare che ha esaminato i progetti e le offerte dove sono chiaramente espresse le motivazioni sia della scelta della Società dell’Acqua Pia Antica Marcia (SAPAM) come concessionaria che le motivazioni delle esclusioni delle altre offerte: la Fiat Engineering non presentava un documento specificamente richiesto sia dal bando che dalla legge relativa alle concessioni: il piano economico finanziario dal quale risultasse chiaramente l’interesse della Concessionaria a “ben condurre l’opera”. Ma sembra che i verbali e i documenti ufficiali i giornalisti de La Stampa non li abbiano mai letti. O forse li hanno letti…

Pilon: È incredibile che una società esperta come la Fiat Engineering abbia fatto un simile errore!

Matteoli: In realtà Fiat Engineering non ha fatto un errore: non aveva scelta. Se avesse presentato un piano economico finanziario corretto avrebbe denunciato le squadre Torino Calcio e Juventus FC la società di Bastino concessionaria della pubblicità al vecchio stadio e la amministrazione della città di Torino con il sindaco Novelli † che avrebbero dovuto spiegare la complessa imbarazzante contabilità.

Pilon: ??

Matteoli: La città da anni cedeva la concessione della pubblicità al comunale alla società Publimondo di Bastino un amico personale di Diego Novelli †  per poche centinaia di milioni (300 nel 1988) mentre il contratto valeva due o tre miliardi. Se la Fiat Engineering nel piano finanziario avesse messo la cifra giusta di circa tre miliardi avrebbe provocato imbarazzanti domande a Novelli, Chiusano †, Boniperti † e Nizzola da parte di qualche diligente magistrato torinese, se avesse  messo una cifra finta non poteva far quadrare i conti. Scelse quindi di dire che non aveva elementi per valutare i cespiti attivi della pubblicità per fare il Piano richiesto dal bando e dalla legge. Ma li conosceva benissimo, come li conoscevano tutti gli altri partecipanti al bando.

Pilon: … Ma lei come fa a sapere che la pubblicità valeva circa tre miliardi?

Matteoli: …semplice: la prima cosa che feci come assessore, incontrando forti resistenze sia nella maggioranza che nell’opposizione, fu di  mettere a concorso la concessione della pubblicità al Comunale che venne appunto data a 2,7 miliardi di lire all’anno. Ma lo sapevo anche perché una volta ero andato al Comunale e avevo contato i cartelli, avevo poi telefonato a Publimondo chiedendo una offerta per esporre tre cartelli…

Pilon: Jdaflivvjad fbijadfv!!

Matteoli: Già…

Pilon: … A Torino si diceva che erano state pagate carrettate di soldi ai membri della Commissione per pilotare la decisione…

Matteoli: Non proprio carrettate: un membro della Commisssione, l’allora Assessore all’Urbanistica Ricciotti Lerro, aveva ricevuto una stecca dalla Fiat per appoggiare il progetto Fiat Engineering. Ci fu un processo e l’assessore ammise e non venne condannato perché, nonostante la stecca presa, non aveva poi votato per la Fiat. Il progetto e l’offerta vincitrice risultarono primi con largo punteggio in un processo di valutazione multicriteria che non lasciava dubbi. Tutte le proposte delle imprese torinesi contenevano almeno una condizione “suicida” che non rispettava le condizioni del bando o quelle di legge per un motivo che compresi solo dopo qualche mese.

Pilon: Lo stadio è costato molto di più della cifra prevista di 60 miliardi, la concessionaria sostiene di aver speso 250 miliardi: i torinesi sono scandalizzati da questo aumento e credono che ci sia stata una artificiosa sottovalutazione per poter prendere il contratto e poi rivalersi con l’aumento dei costi forzato e la complicità della amministrazione a guida socialista.

Matteoli: Le cose non stanno affatto così e di nuovo la attenta lettura dei documenti non lascia dubbi. La cifra di sessanta miliardi è sempre stata dichiarata come convenzionale e così sta scritto anche nella convenzione, la città era impegnata a pagare 30 miliardi e li ha pagati. Sul contenzioso è stato aperto un arbitrato che si è concluso con la dichiarazione di incompetenza dell’arbitro il quale ha però stilato comunque un lodo che ha visto la concessionaria soccombere: le sono stati aggiudicati poco più di due miliardi se non ricordo male rispetto ai 250 che chiedeva.

Pilon: Immagino che la concessionaria avrà fatto ricorso coltivando il contenzioso in sede TAR…

Matteoli: No, la Concessionaria non ha più proseguito l’azione rivendicativa perché il lodo scritto dall’arbitro era blindato documentalmente e non lasciava spazio per fantasie. Questo il motivo della rinuncia della concessionaria. Avrebbe comunque perso e speso altri soldi in avvocati.

Lo stadio è stato costruito nel budget e nei tempi con un grande vantaggio per la città di Torino. La stampa non lo ha mai fatto sapere ai torinesi perché avrebbe dovuto smentire anni di manipolazione e di disinformazione. Avrebbe perso la faccia insieme ai suoi giornalisti omologhi.

Pilon: Molto interessante assessore questa informazione che certamente farà molto piacere ai torinesi. La pubblicheremo senz’altro!

Matteoli: Caro Pilon non la pubblicherete mai anche perché tu non me la hai mai fatta e io non l’ho potuta mai concedere. Lascerete i torinesi con la convinzione che lo stadio sia costato ai cittadini un sacco di soldi e che in tutto l’affare ci siano state equivoche connivenze tra amministrazione e concessionaria. Anzi ti dirò di più tu stesso dimenticherai di questa intervista che non hai mai fatto e che io non ho mai potuto concedere e per molti anni sarai convinto anche tu che lo stadio è costato una montagna di denaro e che ci sono state equivoche connivenze tra amministratori e concessionaria.

È questo genere di disinformazione che condanna Torino alla modestia: chi non vuole conoscere il passato ne sarà sempre schiavo ed è a questa schiavitù che La Stampa e i suoi giornalisti condannano da sempre i torinesi.

Poi il 22 Gennaio del 2014 mi incontrerai all’Armida…

Gianni Armand Pilon leggerà questa finta intervista che lui non ha mai fatto sul mio blog e forse su LSblog, non risponderà, non potrà smentire una intervista che non ha mai fatto e tutto resterà come prima. Gianni Armand Pilon è uno dei migliori giornalisti de La Stampa di Torino: omologo alla linea non scritta né dettata, ma scrupolosamente rispettata.

PS chi vuole dettagliate informazioni sulla vicenda dello stadio le può trovare a:

http://members.iinet.net.au/~matteoli/html/Articles/Diziostadio3.html

E nell’opera di Maurizio d’Angelo a:

http://continassa.blogspot.it/2013/09/operazione-continassa.html

http://www.lulu.com/shop/maurizio-dangelo/operazione-delle-alpi/paperback/product-20436846.html

Una lettura utile anche per Gianni Armand Pilon.

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I RITARDI SUL PNRR: ERRATA CORRIGE

Il PNRR? Un investimento sistemico sul riassetto idrogeologico della Penisola

Approfondimento del problema

Ho ricevuto diversi commenti al mio pezzo sui “ritardi del PNRR” e ho svolto qualche  indagine per capire meglio il problema.*
Mi scuso per l’approssimazione del mio precedente post.
Ci sono responsabilità relative sia del governo Conte che del governo Draghi e fondamentali del governo Meloni.
Ci sono anche responsabilità più diffuse e antiche  della struttura professionale italiana che rendono difficile il rapporto tecnico con l’Europa.
Resta comunque vero che il primo  ministro Meloni e il ministro per le infrastrutture Salvini non hanno ancora capito il problema e non sono ancora intervenuti in modo efficace per risolverlo, limitandosi ad un futile tentativo di scaricare le loro responsabilità senza affrontarle.
Ecco una sintesi dei problemi e delle responsabilità.

A.
Conte: per avere impiegato sei mesi per presentare  una proposta a Bruxelles quando la lettura delle scadenze avrebbe dovuto suggerire una linea di urgenza immediata.
Draghi: anche il governo Draghi non ha percepito la necessità di operare con urgenza e  ha voluto rivedere la proposta Conte accumulando un ulteriore ritardo.
Va comunque tenuto presente che sia  Conte che Draghi hanno fatto miracoli in piena pandemia nel rispettare tempi per produrre un mega piano. Purtroppo nel nostro paese non abbiamo una capacità di mettere insieme piani straordinari intersettoriali coordinati. Occorre una authority per fare operazioni così complesse.. Draghi lo aveva presente e ha affidato il compito alla McKinsey…

B
I ventimilioni di Euro per la valorizzazione dei “superborghi” sulle linee informatizzazione e green hanno trovato i sindaci completamente sprovveduti. Non ci sono state condizioni coerenti con lo spirito degli interventi delineati da Bruxelles. Non c’erano progetti pronti e i tempi per predisporli rendevano impossibile l’iniziativa. I comuni  hanno abbandonato l’ipotesi per la sua inerente “impraticabilità”.  Si sarebbe dovuto subito mettere in atto una struttura mista tra i comuni selezionati in grado di stimolare, coordinare, implementare in deroga.

C.
Le competenze sia professionali esterne che interne alle amministrazioni in grado di affrontare i temi del PNRR erano già impegnate sul “bonus” edilizia e non disponibili ad affrontare nuovi compiti.

D. 
La documentazione richiesta da Bruxelles per la presentazione delle proposte è complessa e in Italia non ci sono molti professionisti in grado di riscontrarla.
I nostri architetti e ingegneri non sono preparati per produrre la documentazione progettuale ed economica richiesta da Bruxelles. Pochissimi istituti universitari, dipartimenti o enti parauniversitari sono in grado di riscontrare la documentazione richiesta da Bruxelles.
I Politecnici (Milano e Torino) e le facoltà di Ingegneria e Architettura dovrebbero attrezzare corsi universitari per la preparazione di professionisti capaci di riscontrare le condizioni progettuali imposte dalla partecipazione ai bandi  europei.
Questi sono i motivi generali per cui quasi sempre,  se non sempre, i finanziamenti Europei non possono essere riscattati dall’Italia.

Le responsabilità del governo Meloni 
Il primo ministro Meloni e il suo ministro per le infrastrutture Salvini appena insediati avrebbero dovuto affrontare il problema e istruire uffici e competenze professionali in grado di affrontare le implicazioni professionali, progettuali e organizzative imposti dai finanziamenti PNRR nelle condizioni di urgenza richieste dalle scadenze europee.
Tutto il problema è stato affrontato con leggerezza  se non assolutamente ignorato.
Comunque né Meloni né Salvini hanno la minima idea di che cosa e come fare. La classe dirigente e professionale che si ritrovano è talmente scadente da essere impresentabile e inascoltabile. Dunque, cercano di scaricare.
Se necessario bisognava ricorrere a competenze professionali francesi, tedesche, olandesi o belghe, oppure a forti aziende nel campo della professione progettuale internazionale come aveva fatto Draghi.
Se non verranno affrontati i problemi schematicamente delineati, non solo questa occasione andrà persa, ma molte altre a venire. Come molte occasioni sono state perse in passato.

La responsabilità di Bruxelles
La complessità dei bandi e delle norme per la presentazione di progetti e per l’acquisizione di  finanziamenti europei  rasenta il ridicolo per difficoltà e intrigo di interpretazione** e di riscontro.
Bruxelles dovrebbe porsi seriamente il problema di semplificare e chiarire norme e documentazione richiesta per riscontrare i suoi concorsi, bandi e finanziamenti.

La valutazione de La voce e di Open Polis
Sia La voce che Open Polis hanno ignorato la sostanza del problema limitandosi a una valutazione superficiale della complicata vicenda.

Le accuse di Salvini e Meloni ai precedenti governi
Le accuse  di Salvini e Meloni ai precedenti governi sono strumentali e hanno sostanzialmente lo scopo di nascondere le responsabilità dell’attuale governo.
Gli atteggiamenti dei ministri italiani si inquadrano nel generale stato deprecabile dei rapporti dell’Italia con Bruxelles: generale caduta di credibilità, polemiche faziose e puerili, sistematica evasione di responsabilità.
Scarsa presenza e carenza propositiva.

Conclusione
Allo stato attuale conviene valutare quanto convenga perseguire il finanziamento di 200 miliardi del PNRR solo un terzo dei quali in conto capitale.
Mettere a bilancio i due terzi nelle attuali condizioni del debito pubblico italiano potrebbe comportare non poche difficoltà.
Il governo non è in grado di rivedere e adattare il programma. Non ha nessuna cultura di progetto e di programmazione.. Rinunciare significa perdere futuro, continuare sbandando significa perdere soldi.. di male in peggio. 
Una revisione radicale dell’iniziativa per adattarla alla specifica situazione italiana potrebbe essere un utile obbiettivo politico di medio lungo termine sul quale chiedere l’attenzione dell’Europa. Invece di chiedere rinvii e dilazioni delle scadenze per spendere, comunque “male”,  i soldi del PNRR.
In questa ipotesi segnalerei come priorità un investimento sistematico di medio termine nel riassetto idrogeologico del territorio.

Ma questo governo non è in grado di concepire né gestire una operazione di questa portata.

Lorenzo Matteoli

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LA SITUAZIONE IN LIBIA

Campi di stupro, tortura, rapina, massacro con la connivenza internazionale e italiana

Dall’intervento militare internazionale ONU 
(19 Marzo 2011- 31 Ottobre 2011)
Alla tragedia attuale (31 Marzo 2023)

L’intervento di alcuni paesi membri delle Nazioni Unite fu un tragico errore voluto da specifici interessi petroliferi (specialmente francesi).

Approfittando di una ribellione anti-Gheddafi, ovviamente manipolata, con la copertura assurda di una risoluzione 1973 del Consiglio di sicurezza che nel Marzo dello stesso anno aveva istituito una zona di interdizione di volo sulla Libia, la Francia  il 25 Marzo 2011 attaccò le forze di Gheddafi a Bengasi.

Si unirono all’azione Francese, diventata Operation Unified Protector delle N.U. Belgio, Canada, Danimarca, Italia, Francia, Norvegia, Qatar, Spagna, Regno Unito e USA, fino a comprendere 19 stati, tutti impegnati nel blocco navale delle acque libiche o nel far rispettare la zona d’interdizione al volo.

Tutti spinti da interessi petroliferi, più o meno diretti ed evidenti.

L’unico paese che operava in Libia fin dal 1958, rispettando gli interessi locali (promotore Enrico Mattei), era l’Italia con l’ENI.

Con l’assassinio di Gheddafi  il 31 Ottobre 2011 l’ONU chiude l’Operation Unified Protector, lasciando, con una decisione criminale, la Libia nel caos più completo.

Tutta l’operazione del Consiglio di Sicurezza ONU, marcata da assoluta irresponsabilità, manipolato dalla Francia specificamente contro l’ENI che da mezzo secolo collaborava con l’ente petrolifero libico.

In Libia si scatena una guerra civile fra tribù del deserto (Tuareg,Tebu) e clan del Fezzan (Al-Qadhadhfa, Awlad Sulaiman). Una guerra complicata, intarsiata  con islam di varia connotazione settaria, odi tribali, interessi di clan, brutale banditismo.

Nel caos delle lotte tribali si formano due “governi” quello di Khalifa Haftar in Cirenaica  (regione orientale) e quello di Tripoli  (nella regione occidentale) presieduto da Fathi Bashagha (ma in realtà controllato da Fāyez Muṣṭafā al-Sarrāj)

Il governo di Tripoli (Muṣṭafā al-Sarrāj) ha l’appoggio militare della Turchia di Recep Tayyip Erdoğan ed è riconosciuto dall’Onu. Il governo di Haftar ha l’appoggio della Russia, dell’Egitto e degli Emirati Arabi Uniti e non è riconosciuto dall’ONU.

I due governi sono in una situazione di guerra civile attualmente in “stallo”: nessuno dei due ha la forza di vincere il confronto.

In Libia opera dal 2018 l’esercito mercenario privato russo Wagner, ufficiosamente dipendente dai servizi segreti Russi, ma in pratica semi-autonomo e qualificato dall’ONU come organizzazione criminale internazionale.

Nessuna delle organizzazioni (Tripoli, Haftar, Wagner, Tuareg, Tebu, Al-Qadhadhfa, Awlad Sulaiman) è in grado di controllare il territorio, dove si svolgono scontri armati locali fra le varie frange locali dei vari enti, una forma di banditismo principalmente finalizzata al controllo di traffici vari (migranti, droga, armi, petrolio).

Le mappe disponibili della situazione sono chiaramente significative del caos attuale.

L’ENI opera ancora in Libia, si colloca nell’ambito territoriale del Governo di Tripoli e controlla le operazioni di estrazione di gas naturale e petrolio, è però molto probabile che abbia buone e solide relazioni di prassi con tutti i poteri ufficiosi, tribali e di clan: se così non fosse non potrebbe operare mentre è interesse di tutti (criminali armati Wagner, Turchi, Russi, islamisti, governo di Khalifa Haftar, Governo di Tripoli Tuareg, Tebu etc,) che operi perché fornisce a tutti l’energia necessaria alla sopravvivenza (ufficialmente o ufficiosamente) e a ridurre nei limiti del possibile, le sofferenze della popolazione civile. .

Paolo Scaroni e Claudo Descalzi (CEO ENI) hanno seguito continuamente l’operazione ENI/BP in Libia e nel 2019 sono stati rinnovati i termini degli accordi fra ENI e NOC (National Oil Corporation, l’Ente petrolifero Libico) di prospezione, produzione e ricerca.

La quasi settantennale operazione efficace dell’ENI, nella caotica e pericolosa Libia attuale, è un esempio di attenta, coraggiosa e intelligente gestione industriale di un grande ente multinazionale italiano. 

Dopo la irresponsabile e goffa aggressione ONU/francese del 2011 nessun ente petrolifero opera in Libia dove è rimasta solo l’ENI.

Forse l’ENI, per la sua cultura manageriale, i 70 anni di operazione in Libia, la profonda conoscenza della complessa realtà locale, i contatti con le diverse espressioni del potere locale (ufficiale e ufficioso), è l’unico ente che ha l’autorevolezza e la competenza di gestire una mediazione che risolva la situazione.

Manca un mandato e una potenza militare di supporto.

I campi di raccolta e concentramento dei migranti in Libia 

(https://lepersoneeladignita.corriere.it/2020/08/27/appello-alla-ue-i-campi-profughi-in-libia-sono-dei-lager/;https://www.avvenire.it/attualita/pagine/foto-campi-prigionia-libiahttps://www.amnesty.it/appelli/fermiamo-la-detenzione-la-tortura-rifugiati-migranti-libia/)

I campi di Bani Walid e Sabratha sono luoghi di tortura, stupro, violenza e rapina ad opera dell’esercito libico del Governo di Tripoli con la complicità dell’Italia. I migranti vengono torturati per estorcere denaro dalle loro famiglie, chi non cede viene  ucciso. I campi vanno immediatamente svuotati, i responsabili della gestione criminale vanno arrestati e processati. Il governo di Tripoli (e quello italiano) va severamente richiamato all’ordine.

L’Italia ha una pesante, orribile responsabilità con gli accordi stabiliti a suo tempo dal Ministro Minniti con Fāyez Muṣṭafā al-Sarrāj.

L’opinione pubblica italiana deve essere informata: far finta di non sapere è connivenza, complicità, associazione criminale.

(per favore fate circolare)!

Lorenzo Matteoli

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