Ci sono alternative nel Mali?

Ci sono alternative nel Mali?
Lorenzo Matteoli
20 Gennaio 2013

Prima o poi il mondo occidentale i conti con l’Islam li dovrà fare.
O si imposta una dialettica non subalterna, non inquinata da una interpretazione servile, buonista e in ultima analisi suicida del termine “multiculturale”. Oppure lo scontro diventerà sempre più feroce e unilaterale: una parte aggressiva e convinta nel perseguire l’annullamento fisico dell’altra e l’altra attenta a valori di democrazia, di multiculturalità pelosa, di rispetto umano che di fronte al fanatismo di annientamento di quelli che vogliono imporre con le armi e le bombe la Sharia sono assurdi. Peggio ancora quando l’Islam si associa a organizzazioni con dichiarati scopi e progetti di terrorismo internazionale. Come è obbligato a fare dal suo stesso manifesto ideologico-religioso.
Una lettura critica di Samuel Huntington va fatta, senza riconoscergli un valore assoluto. L’ipotesi che il “clash of civilizations” se non inevitabile, sia una realtà in emergenza che non si può nascondere o negare, è oggi evidente. Lo si è visto con lo svolgimento della cosiddetta “primavera araba” in Egitto e in Siria, lo si vede con lo svolgimento dell’orrendo pasticcio franco-inglese in Libia. Lo si vede nella quotidianità dell’Europa occupata da una immigrazione islamica sempre più invasiva ed arrogante, che sfrutta e sconvolge il tessuto sociale morbido e arrendevole della nostra cultura social-democratica.
La condanna dell’intervento francese in Mali solo perché la Francia ha un passato coloniale in quel paese ha connotazione moralistica: lo scontro e l’aggressione della guerriglia islamica non hanno nessuna legittimità di rivendicazione nazionale o di liberazione da regime politicamente nefasto. Debole, corrotto forse, ma sicuramente più legittimo di quello che vorrebbe imporre la guerriglia islamica.
È vero che l’occidente ha molti cadaveri negli armadi per secoli di sfruttamento coloniale. Uno sfruttamento che ha avuto risvolti spesso criminali e al limite del genocidio, è inutile negare la storia. Ma questo problema va risolto su altri livelli e non con la linea del cedimento ideologico, politico, e culturale. La sindrome autopunitiva per il complesso di “colpa storica” non è la risposta.
In un mondo di risorse finite la sopravvivenza dei più è legata alla collaborazione internazionale e non all’annientamento, ma se una parte gioca all’annientamento non ci sono molte alternative.
Vanno rivisti i meccanismi della macroeconomia che oggettivamente strozzano il terzo mondo, e vanno stabiliti limiti precisi all’espansionismo aggressivo, armato e “demografico” islamico. Senza che questo espansionismo, di matrice religiosa, assuma la legittimazione della difesa degli oppressi. Per la quale non ha titolo.
Nel Mali la Francia non difende interessi coloniali defunti, ma cerca di bloccare una aggressione che è oramai diffusa ed estesa su molti fronti, interni all’Europa ed esterni, una aggressione che la parte islamica ha voluto esprimere nel Mali, e non solo nel Mali, in termini di guerra combattuta e che allo stato attuale non è riscontrabile se non negli stessi termini.

Informazioni su matteolilorenzo

Architetto, Professore in Pensione (Politecnico di Torino, Tecnologia dell'Architettura), esperto in climatologia urbana ed edilizia, energia/ambiente/economia. Vivo in Australia dal 1993
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2 risposte a Ci sono alternative nel Mali?

  1. Carlo Del Corso ha detto:

    La guerra e quella culturale.

    “Se le difese mentali sono deboli o scarse, la forza militare è senz’anima: può fare danni, difficilmente avere la meglio” Sono parole del compianto Guido Ceronetti.
    Ciò ben si applica all’attuale guerra al terrorismo di matrice islamica. Le armi non bastano (e se possibile vanno evitate). Occorre però una guerra culturale. Una guerra a quella cultura che genera questo terrorismo.Questa è una condizione necessaria per difenderci.
    (Postilla , specie per gli amici relativisti,amanti della societa` multiculturale,: quella cultura e` anche razzista , al punto da condannare a morte per apostasia e considerare i non islamici “infedeli” e quindi nettamente inadatta per una societa` multiculturale che (se esiste),per definizione, deve essere pluralistica e tollerante ).

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