È in corso uno scontro fra Salvini e l’Unione Europea e vale la pena fare qualche riflessione perché dalla conclusione di questo scontro dipenderà la vita di almeno una generazione di italiani o, comunque, la vita degli italiani per i prossimi 10 o 15 anni e forse la stessa esistenza della Unione Europea. O forse no.
L’uscita dall’Italia dall’Unione Europea non conviene né all’Italia, né all’Unione Europea.
Per l’Italia lo scenario sarebbe, se non quello che ho descritto il 3 di giugno[1], qualcosa di molto simile. Per l’Europa potrebbe essere una crisi che mette in pericolo la stessa Unione, comunque un terremoto politico di portata continentale.
Per ora il negoziato si svolge sull’ipotesi di una procedura “punitiva” inflitta all’Italia ai sensi dei trattati di Maastricht e seguenti, ma è molto probabile che in seguito sarà necessario aprire un tavolo di trattativa molto più importante e comprensivo, in considerazione della effettiva portata del confronto.
Gli scontri di interessi che comportano conseguenze della portata sinteticamente descritta di solito vengono risolti con compromessi molto articolati, dove distinguere chi vince e chi perde non è semplice proprio perché non ci sono quasi mai né vinti né vincitori, almeno in tempi brevi. Sui tempi lunghi vale la riflessione di John Maynard Keynes: “On the long term we are all dead …”.
Salvini non capisce nulla di economia, né gli interessa capire: nella sua cultura, si fa per dire, i minibot servono per pagare il debito commerciale dello Stato. Punto. End of story. Le implicazioni sul debito sovrano e sul lungo temine non lo interessano, anche se possono essere catastrofiche.
Salvini capisce però di “visceralità antropologica”: ha capito che l’uscita dell’Italia dalla UE sarebbe un disastro per l’Italia, ma sarebbe un disastro anche por l’Europa. Secondo la sua valutazione istintuale il disastro per l’Europa sarebbe superiore a quello per l’Italia e quindi provoca in modo arrogante anche per nascondere la sua debolezza e per rendere più fragile la posizione della controparte.
Mentre la dimensione del disastro per l’Italia è descrivibile, quella relativa all’Europa è meno facile da definire.
L’Europa delega il negoziato all’Ecofin (il consesso dei ministri delle finanze dei 28 paesi) dove si procede secondo le regole e le modalità della “commissione”, discutendo, votando, valutando in modo collegiale, assistiti da esperti, consulenti, referenti politici.
Queste modalità non sono necessariamente razionali e nemmeno logiche: sono regolate da una fluidità accidentale, alleanze trasversali, compromessi, scambi. Caratterialità dei leader.
Altra caratteristica della modalità “commissione” è la mancanza di una responsabilità soggettiva: non esiste “accountability” individuale nel voto della Commissione.
Previsione: l’Italia sarà inadempiente, ma in linea di massima lo scontro dovrebbe finire con un compromesso che salva la faccia delle due parti. Sarà interessante vedere se i Visegrad ricambieranno l’appoggio fornito da Salvini per bloccare Timmermann. Salvini canterà vittoria facendo credere di avere “piegato” la UE costringendola ad accogliere le richieste italiane. I vertici della Unione Europea dichiareranno di aver risolto lo scontro e di avere costretto l’Italia al rispetto dei “trattati”.
Questa la previsione fatta salva l’accidentalità degli eventi e della componente antropologica delle commissioni e dei singoli soggetti. Irritare la controparte con atteggiamenti strafottenti non è comunque una buona prassi, ma chiedere comportamenti decenti e dignitosi a Salvini è come chiedere a un cinghiale di cantare la Boheme. Quindi stiamo a vedere non senza qualche preoccupazione. Anzi un bel po’ di pereoccupazione.
lorenzo matteoli
[1] https://matteolilorenzo.blog/2019/06/03/la-maledizione-del-consenso-senza-politica/