Il 23 di Marzo del 2019 in un commento dal titolo “Com’è che siamo finiti con Dimaio?”mi chiedevo: …. come si forma l’opinione pubblica?o come si forma un movimento che rappresenta una riconoscibile minoranza dell’opinione pubblica e che l’assenteismo elettorale trasforma in una forza politica capace di andare al governo, diagonalmente alleata con altri ideologicamente molto diversi. E pericolosi.
Nel suo editoriale domenicale di oggi[1] (16 Giugno 2019) Eugenio Scalfari scrive: Vorrei capire e spiegare cos’è la “pubblica opinione”. Se ne parla di continuo, ma non si capisce bene come si forma, come cambia e su quanta gente influisce…
Scalfari mette il dito sulla piaga: la “pubblica opinione”, la molla della storia, il motore oscuro che muove gli avvenimenti e che dagli avvenimenti è alimentato in un affascinante circuito autoreferenziale è un luogo sconosciuto. Un fantasma trasparente, liquido, di immane potenza che domina il Pianeta: ne vediamo le conseguenze che leggiamo tutti i giorni sui giornali e che vediamo ogni ora sulle televisioni, ma cosa lo muova, lo commuova o lo interessi non è facile da definire: un soggetto caotico, pervasivo, un plasma diffuso impalpabile, ma capace di applicare forza enorme alla storia quotidiana di individui, società, nazioni, istituti, eserciti…
Se dovessi indicare un concetto comprensibile per identificare un soggetto, un “luogo” più probabilmente rappresentativo dell’ectoplasmatico “motore” della “pubblica opinione” sceglierei l’informazione. La massa enorme di dati, notizie, numeri, figure, immagini che ogni minuto, ogni secondo, viene prodotta, elaborata, trasmessa, riferita, interpretata da miliardi di soggetti individui, comunità, società, banche, giornali, lavoratori, attori, cantanti, poeti, delinquenti, ladri, dirigenti, industriali, ribelli, militari, poliziotti, bambini, animali, mucche, terremoti, vulcani, maree, fulmini, incendi e quant’altro si possa pensare come soggetto produttore di “segnali”.
Una figura immane, ma “comprensibile” nel senso che la posso indicare con elenchi, cataloghi, indici e contenitori vari. Una figura che avvolge e non distingue chi produce e chi riceve i segnali perché tutti i soggetti dell’informazione producono e ricevono segnali.
Una generalità che non consente di approfondire: si comprende, ma non si capisce. È necessario semplificare.
Dell’immane caotico fiume dell’informazione al soggetto individuale interessa una parte minima, ma per lui totalmente significativa: la quota di informazione che lo investe, e di questa quota, la parte che gli interessa, e di questa parte la frazione che è in grado a sua volta di capire e di elaborare. L’immane caotico fiume viene così filtrato, contenuto e ragionevolmente ridotto, ma anche selezionato, finalizzato, specificato…qualificato, dequalificato, deformato…
Il segnale che rimane dopo questi processi di filtraggio e selezione è quello che forma l’opinione del soggetto individuale.
La somma delle opinioni dei soggetti individuali e la loro interazione è quella che forma la “pubblica opinione” oggetto della mia curiosità del 23 marzo 2019 e della curiosità di Eugenio Scalfari del 16 giugno 2019.
Su ognuno dei passaggi di questa schematica introduzione sono stati scritti tonnellate di libri, saggi, studi e ricerche, che io immagino solo e non ho mai letto (forse solo qualcosa di Maximilian Weber e di Karl Popper). Come tutte le grandi generalizzazioni l’utilità ai fini di formulare una ipotetica risposta alla curiosità di Eugenio Scalfari è minima, ed è bene quindi esplorare altri percorsi di analisi.
Tentare per esempio la linea “storica”.
Quando il mondo era più semplice, abitato forse da qualche milione di individui invece che dai settemila milioni circa (and counting) di abitanti attuali, i soggetti produttori di segnali erano pochi: la natura e i suoi fenomeni, i re e i loro sacerdoti, i generali e i loro eserciti. La massa degli utenti accoglieva i segnali senza molto discutere e si adattava. Chi non si adattava (pochi) veniva metabolizzato in modo più o meno drastico. Con il complessificarsi delle cose sono intervenuti i filosofi e i pensatori, le scuole e le università, le gazzette, i giornali…e fino a circa 20 anni fa (forse dieci) il processo era verticale top-down, ferocemente controllato. Pochi o limitati operatori producevano segnali e un pubblico vasto e relativamente passivo li accoglieva. Per dire, le Rivoluzioni Francese, Americana, Russa, sono state innescate da una ventina di pensatori e da qualche decina di gazzette. Solo dopo è arrivato il popolo incazzato perché aveva fame. Di pane, non di crossant.
Negli ultimi dieci-vent’anni è avvenuta una rivoluzione profonda: gli elaboratori di segnali sono diventati milioni, decine di milioni, centinaia di milioni. Tutti in grado di raggiungere a loro volta milioni di utenti, decine di milioni di utenti, centinaia di milioni di utenti. Nessun possibile controllo, censura politica, orientamento centrale.
Questa è la situazione attuale del processo che “forma la pubblica opinione”. Niente più filosofi, niente più gazzette o giornali, niente più top-down e niente controllo centralizzato.
Il processo è rigorosamente bottom-up, tutti informano tutti gli altri e sono informati da tutti gli altri. L’opinione pubblica si forma sugli indici di gradimento espressi direttamente da tutti rispetto a tutti gli altri (I like).
Il fatto che non ci siano controlli centralizzati non vuol dire che non ci siano controlli. Chi vuole “controllare” procede per mezzo di sondaggi di opinione. Strumenti sofisticatissimi che consentono di “profilare” (termine attuale che sta per descrivere) in modo preciso le tendenze emergenti dai milioni di utenti e di “usarle”, manipolarle, sfruttarle, inserendo segnali consistenti con gli obbiettivi voluti, politici, economici, etici, commerciali o altri.
Così si forma oggi l’opinione pubblica, utilizzando la stessa “opinione pubblica” come descritta dai sondaggi e inserendovi elementi caratterizzanti specifici (opinionizzanti) strumentali: per vendere automobili, dentifrici, bevande, canzoni, vibratori, sesso, cazzate, scarpe, … opinioni, valori, pensieri, scelte …
Per catturare “approvazione” (likes) e quindi visibilità e altri lettori o utenti ogni operatore che produce segnali tende ad appiattirsi sulle probabilità di massimo compiacimento dell’ipotetico pubblico e da questa condizione nasce .la caratteristica fortemente marcata dalla demagogia dei segnali: una dinamica perversa e autoeccitante: più demagogia vuole maggiore demagogia …etc. etc. Un orgasmo infinito.
Così si producono i mostri demagogici che a loro volta portano al potere lo squallore suicida che oggi ci governa: democraticamente?
Suicida perché questa macchina contiene sia il baco che genera il potere, sia il baco che lo distrugge. Basta aspettare…ma darsi da fare anche.
lorenzo matteoli
[1]Il Valore del Bene Collettivoa pagina 37 de La Repubblica (16 Giugno, 2019)